Chi ha contribuito e come

Emilio Campana di INSEAN CNR ci spiega i retroscena e le tecnologie usate per il recupero del relitto.

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a cura di Elena Re Garbagnati

TH: Sono stati fatti modelli matematici, simulazioni al computer o qualcosa di analogo per studiare la tecnica di parbuckling della Concordia?

"Sì. Fincantieri, che ha costruito la Concordia e che aveva a disposizione tutto il piano strutturale della nave, ha realizzato alcune simulazioni che poi sono state fornite a Costa per includerle nel progetto di parbuckling della Concordia. Il progetto nel suo complesso è quindi italiano. La responsabilità sul campo e una parte importante era poi di Sloan, che ha anche diretto i lavori sul posto. Un progetto di questa dimensione comunque non è mai il risultato di una persona sola, così come il merito non è mai di una persona soltanto, né il demerito.

C'è stato un ottimo sforzo collettivo per quest'impresa, perché sia il sistema pubblico sia quello privato si sono integrati sotto la guida e la supervisione della Protezione civile. Un risultato che è stato ottenuto grazie a una perfetta integrazione di componenti diverse, una cosa che non siamo abituati a vedere nel nostro Paese.

Da recuperare ci sono i metalli e i materiali preziosi

Il CNR ha fornito le analisi di monitoraggio della deformazione nelle ore immediate dopo l'incidente. Quando i fanti della Marina Militare (che ha avuto un ruolo importantissimo) erano a bordo della nave e stavano cercando i sopravvissuti, nelle prime 24-36 ore seguite al naufragio, c'era ancora la paura che la nave potesse slittare nella fossa davanti a cui era adagiata. Il CNR forniva alla Marina la stima di altezza di onda massima in caso di mareggiata, sopra la quale bisognava evacuare il relitto perché c'era il rischio che slittasse.

C'era chi dava informazioni sulle correnti e sulle maree, chi monitorava i danni strutturali e la deformazione del relitto soprattutto nei primi giorni dopo il naufragio. "

TH: Un impegno, quello degli enti coinvolti, che va ben oltre la giornata clou di ieri, come ci sottolineava Bernardo Gozzini, direttore del Consorzio Lamma.

"Per fare un esempio, c'è anche anche tutta la parte di calcolo del danno ambientale che poteva esserci e che rimane finché la nave c'è. Continua a esserci il rischio di sversamenti, e per monitorare la qualità dell'acqua si fanno di continue analisi. Attorno alla nave sono disposte delle panne, ossia dei salsicciotti galleggianti rossi. Servono per contenere eventuali sversamenti, almeno in superficie.  Queste panne creano una specie di fortino in cui si contengono eventuali perdite finché le condizioni meteo marine sono di un certo livello. Oltre a un certo livello dello stato del mare le panne sono inefficaci e l'acqua contenuta all'interno del cerchio va all'esterno a causa del moto ondoso. Per questo avere un'idea delle condizioni meteo marine, del vento e dell'altezza d'onda ci consente di tenere sotto controllo quello che sta per succedere nei giorni e nelle settimane successive. "

Si spera nel mare tranquillo anche per il rischio ambientale

Cosa c'è di recuperabile nella Costa Concordia?

"Il relitto non è recuperabile, costa meno fare una nave nuova. Si possono recuperare però tutte le parti metalliche, tutte le parti che non sono soggette al danno dell'acqua, materiali preziosi come condutture, rame e via dicendo. Si parla di diversi milioni di euro, non è una cosa da poco".