Startup italiane pronte per il crowdfunding, ecco le regole

Le nuove regole per il finanziamento di capitali via Internet stilate dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa.

Avatar di Elena Re Garbagnati

a cura di Elena Re Garbagnati

Le startup italiane che vorranno raccogliere fondi via Internet dovranno d'ora in poi sottostare al nuovo regolamento, figlio del "Decreto crescita bis", varato dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB).

L'Italia è il primo Paese europeo a stilare una normativa sull'equity crowdfunding, ormai diffuso in tutto il mondo come mezzo di finanziamento partecipativo per consentire alle aziende che hanno idee innovative e interessanti di realizzare i loro progetti. Da noi potranno beneficiarne le startup i cui titolari autorizzati a riscuotere il credito siano iscritti a un apposito albo e soddisfino alcuni requisiti di onorabilità e professionalità.

Finanziamenti partecipativi

Fra questi rientrano la fedina penale pulita e competenze specifiche nell'ambito del progetto. Gli amministratori dovranno poi dimostrare diligenza, correttezza e trasparenza, fornendo tutte le informazioni aggiornate sul progetto agli investitori. Come sempre non mancano le eccezioni: sono esenti le banche e le Società di Intermediazione Mobiliare che sono già autorizzate a gestire portali per la raccolta di capitali.

Nei 25 articoli che costituiscono la "Raccolta di capitali di rischio da parte di imprese start-up innovative tramite portali on-line" spicca il diritto di recesso. L'avvocato Alessandro Maria Lerro di Lerro & Partners, Roma, spiega su Il Sole 24 Ore che gli investitori beneficiano del "diritto di revoca per errori o fatti nuovi sopravvenuti nel corso del crowdfunding; recesso dalla società (o diritto di tag along) se i soci che detengono il controllo vendono le loro quote; diritto di recesso dall'investimento entro sette giorni senza motivazione. Inoltre per i soli consumatori il Codice del Consumo impone un ulteriore diritto di recesso per 14 giorni".

Per investimenti massimi di 500 euro basterà rispondere a un questionario online, oltre i 500 euro servirà invece il benestare di una banca o di una Società di Intermediazione Immobiliare che attesti la disponibilità economica dell'investitore e gli obiettivi del finanziamento. In ogni caso, almeno il 5% delle quote di una startup offerte al pubblico devono essere acquistate da investitori professionali, fondazioni bancarie o incubatori.

L'avvocato Lerro non nasconde alcune perplessità sulla nuova normativa: da una parte il crowdfunding può essere un'opportunità per alcuni settori, come i beni culturali, l'energia, i servizi municipali, dall'altra il mancato riscontro dell'ultima opzione (il 5%) può vanificare la validità di tutta l'operazione.

A propositi di beni culturali, viene in mente l'idea francese di ricorrere al finanziamento partecipativo per pagare i conti del restauro dei monumenti simbolici della nazione. Se l'Italia dovesse riciclare l'idea cosa vi piacerebbe finanziare?