Su Plutone scoperti ammoniaca e un enorme oceano: forse potrebbe sostenere la vita

Un gruppo di astrofisici ha analizzato i dati raccolti su Plutone dalla sonda New Horizon rilevando ghiaccio d'acqua e ammoniaca: sotto alla crosta ghiacciata potrebbe esserci un oceano con composti organici.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Analizzando i dati raccolti dalla sonda spaziale New Horizons, che ha sorvolato Plutone nel 2015, un gruppo di astronomi ha rilevato la presenza di ammoniaca. Un dettaglio importante che potrebbe avere implicazioni affascinanti per questo pianeta ghiacciato. Proprio il ghiaccio, coperto di ammoniaca, fa pensare a un oceano salato ricco di sostanze organiche che si nasconde sotto alla superficie di Plutone. Se così fosse, potrebbe contenere gli ingredienti per la formazione della vita. Inoltre, nello studio si fa riferimento alla presenza di criovulcani, ossia vulcani che eruttano liquidi volatili sottozero, metano e ammoniaca invece della roccia fusa. Si ipotizza che potrebbero "prendere" l'acqua e l'ammoniaca dal sottosuolo e portarle sulla superficie durante le eruzioni.

La missione di New Horizons su Plutone è conclusa da qualche anno, ma come quasi sempre accade gli scienziati impiegheranno anni ad analizzare tutti i dati. In particolare, durante il flyby più ravvicinato in corrispondenza di una regione soprannominata Virgil Fossa, la strumentazione ha raccolto una quantità sorprendente di dati. Si tratta di firme nello spettro del vicino infrarosso coerenti con la presenza di ghiaccio di ammoniaca miscelato con acqua ghiacciata in alcune parti, e di ghiaccio di ammoniaca senza acqua ghiacciata in altre.

"Questa è stata una grande sorpresa per tutti noi", spiega lo scienziato planetario del NASA Ames Research Center Dale Cruikshank a Science News. "Significa che ci sono molte sorprese che aspettano di essere scoperte in quella parte del Sistema Solare". Ciò che sorprende maggiormente è che l'ammoniaca non dura a lungo (in termini cosmici) all'aperto nel Sistema Solare. La luce ultravioletta e le radiazioni cosmiche lo degradano in tempi relativamente brevi – si parla di milioni di anni, ma Plutone ha miliardi di anni, quindi qualcosa deve averla messa in superficie piuttosto di recente.

Queste non sono le uniche prove che sono state raccolte a sostegno della presenza di oceani liquidi al di sotto della superficie di Plutone, dove le temperature raggiungono -230 gradi. In un documento pubblicato all'inizio di questo mese si legge che uno strato di gas intrappolato sotto alla superficie ghiacciata di Plutone potrebbe isolare l'acqua sciolta dal calore del nucleo e impedirne il congelamento. La presenza di ammoniaca in questo quadro costituisce un altro pezzo del puzzle, dato che questa sostanza è un antigelo naturale che può abbassare il punto di congelamento dell'acqua.

La presenza di ammoniaca potrebbe avere anche altre implicazioni. Si pensa che il caratteristico colore rossastro di Plutone provenga da molecole note come toli, composti organici che si formano quando la radiazione ultravioletta o quella cosmica colpiscono composti come il metano o l'anidride carbonica. Il fatto che il rossore appaia in concomitanza con acqua e ammoniaca suggerisce che potrebbero esserci composti organici nell'acqua.

Esperimenti di laboratorio hanno infatti dimostrato che l'irradiazione dell'ammoniaca e dei composti organici con la luce ultravioletta può produrre molecole che creano, ad esempio, le nucleobasi che costituiscono l'RNA e il DNA. Cruikshank conclude quindi che "Il materiale rossastro associato al ghiaccio potrebbe contenere nucleobasi risultanti da un'elaborazione energetica sulla superficie di Plutone o all'interno". Significa che c'è vita su Plutone? Probabilmente no, considerata la temperatura di -230 gradi. Ma le prove rivelano che non possiamo esserne del tutto certi. Il problema è che le tecnologie attuali non ci permettono di svolgere analisi approfondite sul posto, almeno nel breve periodo.

Volete saperne di più sulla storia dell’esplorazione spaziale? Leggete Dallo Sputnik allo Shuttle, scritto dall’astronauta italiano Umberto Guidoni.