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Super-rete europea? Fuffa e bluff dicono gli esperti in TLC

Il Financial Times ieri ha raccontato del progetto di super-rete europea delle telco ex-monopoliste, ma secondo gli osservatori più competenti si tratterebbe di un bluff. Stefano Quintarelli ne ha svelato i punti deboli. Per Innocenzo Genna potrebbe esserci di mezzo uno scambio politico.

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Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

@Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 10/01/2013 alle 14:34 - Aggiornato il 15/03/2015 alle 01:44
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L'idea di creare una super-rete europea, facendo confluire gli asset dei più importanti operatori TLC come ad esempio Telecom Italia, Deutsche Telekom e France Telecom potrebbe dimostrarsi "fuffa". Sì il termine ha ben poco di aulico, ma è così che uno dei massimi esperti italiani di telecomunicazioni, Stefano Quintarelli, ha bollato il progetto.

Ieri lo scoop del Financial Times ha fatto il giro del mondo. In pratica gli ex monopolisti che aderiscono all'associazione ETNO avrebbero discusso con il Commissario per la Concorrenza, Joaquín Almunia, della possibilità di un network unico pan-europeo. Una strategia che sulla carta dovrebbe consentire di ridurre i costi e dar vita a un unico mercato del settore.

Un cielo di fibra

La segreteria di Almunia oggi ha fatto sapere che in ogni caso si tratterebbe di un'iniziativa degli operatori e non un suggerimento di Bruxelles.

Un dato certo e incontrovertibile è che la notizia ieri ha soffiato sui listini degli operatori: Telecom Italia ha chiuso con un +8,84%, Deutsche Telekom con un +3,36%, France Telecom con un +4,29% e Telefonica con +3,93%. In pratica rispetto all'inizio dell'anno i rispettivi titoli sono cresciuti tra il 5 e il 10%. E qualcuno ovviamente ha pensato subito che l'indiscrezione sia stata un po' gonfiata proprio per scopi speculativi.

D'altronde Quintarelli, nell'intervista che abbiamo realizzato stamani, è stato molto chiaro. "Una rete è fatta del sistema di accesso, il backbone (rete di interconnessione) e i sistemi di gestione", ha spiegato l'esperto TLC italiano. "La rete di accesso è quella che incide sul 75% dei costi mentre il backbone è irrilevante perché c'è già alta concentrazione di interconnessioni, quindi una rete unica europea cosa vorrebbe dire? Condividere i sistemi di gestione?".

I cosiddetti "Operating Support Systems" si occupano della gestione delle attivazioni, degli eventuali problemi e del billing (fatturazione). Insomma, sono strumenti fondamentali per l'attività ma l'adozione di un'unica piattaforma condivisa non cambierebbe sostanzialmente lo senario comunitario. O meglio, in un'ottica di razionalizzazione dei costi potrebbe essere un'idea, ma la notizia battuta ieri dal Financial Times sembrava preludere a obiettivi di portata più grande.

Un puzzle imperfetto

Fantasticare su una newco che si tiene in grembo tutti gli asset delle Telco e i rispettivi debiti si può, ma anche volendo sarebbe un progetto di una difficoltà estrema. "Mettere insieme la rete di accesso di Italia e Francia è una cosa banalmente implausibile. Semplicemente perché un cavo sta in Francia e uno sta in Italia. Anche le tecnologie che devono essere usate sono diverse. In Italia il doppino è di 1,5 km, in Francia di 4 km", ha aggiunto Quintarelli. "Se vuoi combinare tutto fai un'unica società che è proprietaria di entrambe, però cosa ottieni come beneficio?".

Ecco, la risposta sarebbe nei conti finanziari che si fanno quando si decide di procedere con una fusione, ma immaginare a livello europeo qualcosa di simile è impensabile. Perché mai un colosso come Deutsche Telekom che ha i bilanci a posto dovrebbe unirsi a una società come Telecom Italia che ha decine di miliardi di euro di debito?

Ieri sera Innocenzo Genna, altro esperto in IT e Telco, confermava sul suo blog come la "super-rete europea" fosse un bluff. "È sorprendente vedere come le grandi telco europee considerino la frammentazione del mercato un grande problema per le loro attività di business", scrive Genna. "Questa posizione lascia attoniti perché, in realtà, il business degli ex-monopolisti europei è bastato sulla frammentazione dei paesi".

La storia insegna infatti che tranne qualche rarissimo caso (ad esempio Orange Slovacchia, Belgio, Regno Unito e Spagna), la maggior parte degli incumbent o rimane al proprio paese oppure acquisisce un ex-monopolista straniero. Da rilevare poi che negli ultimi 10 anni molti se ne sono ritornati nel mercato domestico di riferimento con le pive nel sacco.

In sintesi quale potrebbe essere la chiave di lettura dei fatti di novembre, cioè ai tempi del famoso meeting? È possibile che fra i tanti argomenti si sia parlato anche di strategie per consolidare il mercato europeo. Magari sono giunte sul tavolo delle proposte e le telco si sono prese del tempo per confezionare qualcosa che sveleranno nei prossimi mesi. Dopodiché il Financial Times ieri ha consentito alla speculazione di approfittare di questo per far festa in Borsa.

La fetta di torta degli operatori alternativi

Quintarelli è dubbioso un po' su tutto l'impianto e ritiene che le ricette per dare sostenibilità al settore dovrebbero essere ben altre. "La open network provision (92/44/CEE), la direttiva UE che ha aperto alla concorrenza sulla rete fissa, è del 1992", ha ricordato l'esperto. "Sono passati 20 anni e Telecom Italia ha ancora più del 50% del mercato. La chiamiamo una liberalizzazione ben riuscita? È chiaro che bisogna proseguire con misure asimmetriche finché non scende sotto quella soglia, perché l'assunto di base della apertura alla concorrenza è che questa aumenti".

Genna si spinge oltre sostenendo che dietro a questa operazione vi sia solo un intento politico. A suo parere gli operatori TLC punterebbero a ottenere il sostengo di Almunia (che è il Commissario per la Concorrenza) alla prossima riforma redatta dal Commissario per l'Agenda Digitale Neelie Kroes. Un nuovo regolamento che lascerà mano libera agli ex-monopolisti sui tariffari all'ingrosso dei servizi DSL basati su rame, nella speranza che possano aumentare gli investimenti sulle reti in fibra. Ma sopratutto che farà decadere una serie di paletti antitrust, che potrebbero far indispettire proprio le Authority. Almunia in testa.

Fuffa e bluff insomma. Quintarelli e Genna non avrebbero potuto essere più espliciti e precisi.

Aggiornamento. In queste ore più testate europee riportano versioni diverse dei fatti. Il Financial Timese ieri ha delineato a grandi linee uno scenario che sembrava fare riferimento al mercato residenziale, mentre oggi alcune agenzie parlano di telefonia mobile. Allo stesso tempo se ieri un portavoce di Almunia sembrava confermare i contenuti del meeting di novembre, oggi Dow Jones nega tutto. "Almunia non si è mai impegnato, proposto o approvato qualsiasi progetto di questi operatori volto alla condivisione della propria infrastruttura o delle reti. Tutto ciò che riporta l'articolo non è vero", ha dichiarato il portavoce del Commissario.

Cosa credere a questo punto? A Quintarelli e Genna.

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