Telecom Italia si controlla con soli 3 miliardi di euro

Il 6 dicembre il consiglio Telecom Italia valuterà ufficialmente la proposta del magnate Saguib Sawiris. Ha offerto 3 miliardi di euro quindi abbastanza per scalzare la holding Telco dalla cabina di comando.

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a cura di Dario D'Elia

Il destino di Telecom Italia si deciderà fra tre settimane, quando il consiglio di amministrazione vaglierà ufficialmente l'offerta del magnate Saguib Sawiris. Intanto, secondo più fonti stampa, il "Faraone" avrebbe messo sul piatto 3 miliardi di euro, invece che i 5 ventilati, che potrebbero consentire al nuovo socio di ottenere il 23% del pacchetto azionario riducendo quindi la holding Telco al 17%.

"Vista la dinamica dell’azienda al momento non c’è necessità di ricapitalizzazione", ha sottolineato ieri Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia. Questo sentimento di chiusura pare essere piuttosto diffuso nel board. In verità Telefonica e Generali sarebbero contrarie, Intesa Sanpaolo e Mediobanca possibiliste. Il 6 dicembre, quando si incontreranno per decidere anche del destino di TiMedia, giungeranno a una sintesi ma fino ad allora saranno i contatti informali a condizionare la rotta.

3 miliardi per il telecomando

La questione di fondo è che gli azionisti avrebbero probabilmente da guadagnare dall'arrivo di Sawiris, se non altro perché l'investimento in Telecom Italia da anni ha performance non troppo brillanti. Non meno importante la possibilità, per il presidente esecutivo Franco Bernabé, di disporre finalmente di sufficienti risorse per un nuovo piano industriale di rilancio.

Sotto il punto di vista politico non sembrerebbero esservi problemi: il Governo Monti avrebbe espresso neutralità sull'affare. Ancor di più dopo che il presunto coinvolgimento del magnate messicano delle telecomunicazioni Carlos Slim si è dimostrato una bufala.

La coincidenza vuole però che sia in dirittura d'arrivo il decreto legge sulla golden share, ovvero la possibilità per Palazzo Chigi di mantenere il controllo sull'azienda e sulla rete. Insomma, potenzialmente Monti domani potrebbe avere il potere di condizionare le scelte più strategiche che riguardano l'ex monopolista. Il pensiero non può che correre allo scorporo della rete dai servizi. Si parla d'altronde di un asset chiave per il sistema-paese, per altro pagato dai contribuenti.