Telecom: toglierci la manutenzione sarebbe un esproprio

Telecom Italia è contraria all'emendamento che le toglierebbe la gestione della manutenzione delle reti in unbundling e il servizio di attivazione. Il presidente Bernabè parla di esproprio e profili di illegittimità costituzionale. AGCOM ritiene che vi sia la possibilità di una correzione.

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a cura di Dario D'Elia

Il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, sostiene che l'emendamento sulla manutenzione dell'ultimo miglio può essere considerato una forma di espropriazione. La separazione delle tariffe correlate ai servizi e alla rete Internet, come prevede l'emendamento inserito nel Decreto Legge Semplificazioni, non piace all'AGCOM, ad ASATI (Associazione piccoli azioni Telecom), alla SLC CGIL, a ETNO (L'Associazione europea degli operatori di telecomunicazioni) e infine a BEREC (European Regulators Group for Electronic Communications). Le uniche simpatie provengono dai provider indipendenti, dal Parlamento e forse dai consumatori che hanno compreso la portata di questa piccola rivoluzione.

Già, perché il dibattito che si è scatenato anche in ambito europeo è piuttosto lontano dal merito. Se da una parte Telecom Italia sta cercando di difendere il controllo diretto che ha sulla sua rete - posizione per altro ovvia - dall'altra le istituzioni europee e le lobby sostengono che una decisione di questo tipo dovrebbe essere affidata all'AGCOM e non al Governo.

Franco Bernabè

"Sì, c'è bisogno di una modifica all'emendamento, credo che il governo ci stia lavorando, è in contatto con la Commissione: prevedo una modifica", ha dichiarato il presidente dell'Autorità per le Garanzie nelle Telecomunicazioni, Corrado Calabrò. "Si può ricondurre sotto il quadro regolatorio comunitario, raddrizzando l'impostazione, indicando gli obiettivi ma salvaguardando l'indipendenza dell'AGCOM che l'UE ha confermato [...] spetta a noi fare un procedimento appropriato e stabile".

Insomma, c'è ancora spazio per un compromesso, sopratutto considerando che per l'approvazione del Decreto Legge Monti manca ancora il voto del Senato. In ogni caso è chiaro a tutti che quella che si sta combattendo è una battaglia ben più importante. Non è quel 30% in meno sul canone all'ingrosso che rischia di perdere l'ex monopolista a preoccupare; tutti pensano al controllo diretto sulle operazioni di rete. Telecom sostiene che è tecnicamente impossibile, pericoloso e con gravi effetti collaterali sull'occupazione (il 50% della manutenzione non è esternalizzato). "Anche ove fosse realizzabile in linea teorica, non garantirebbe certamente benefici per i consumatori", ha spiegato Bernabè.

Corrado Calabrò

Fastweb, Wind e Vodafone ribattono che è il contrario: liberalizzare vorrebbe dire abbassare i costi, attivare la competizione nel settore, ottimizzare le performance dei servizi, creare nuovi posti di lavoro e infine accelerare i processi di intervento in caso di guasto

"Nonostante la portata pro concorrenziale di Open Access e degli impegni sia confermata dai trend di mercato ed abbia avuto positivi apprezzamenti, non solo dall'Autorità nazionale ma anche a livello europeo, si è assistito, di recente, a una proliferazione di iniziative legislative mirate ad imporre a Telecom Italia nuove forme di separazione, in palese contrasto con il quadro normativo di riferimento",  ha sottolineato Bernabè, nell'intervento alla presentazione della relazione AGCOM

Da rilevare insomma che "[...] questi interventi dirigistici presentino anche evidenti profili di illegittimità costituzionale, poiché incidono direttamente (e senza alcuna motivazione di pubblico interesse) sul diritto di disporre e godere dei propri beni da parte del soggetto (privato, è bene ricordarlo) titolare della rete". Per il presidente Telecom si tratta di "un vero strappo a uno Stato di diritto, una evidente forma di espropriazione".