Telescopi spaziali del futuro, quanti esopianeti troveremo!

Una carrellata sui telescopi spaziali del futuro, che ci permetteranno di individuare e studiare nuovi esopianeti e cercare di sciogliere i dilemmi relativi a materia ed energia oscura.

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a cura di Antonio D'Isanto

Nell'articolo precedente abbiamo analizzato la nuova generazione di telescopi che rivoluzionerà, secondo le previsioni degli astronomi, il modo di fare Astrofisica. Abbiamo visto come, grazie agli sviluppi tecnologici degli ultimi anni, sia possibile ormai ottenere prestazioni da terra paragonabili a quelle degli strumenti spaziali. Tuttavia, anche dal punto di vista di questi ultimi, una nuova generazione di strumenti è in dirittura d'arrivo, al fine di consentire uno studio sempre più completo e dettagliato dell'Universo e di riuscire, eventualmente, a svelarne i molti misteri.

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Rappresentazione artistica della Via Lattea

La storia dei telescopi spaziali inizia quasi di pari passo con l'esplorazione spaziale, ma vede la sua esplosione negli anni '90, quando viene messo in orbita l'Hubble Space Telescope. All'epoca le tecnologia di ottiche adattive erano poco più che fantascienza e HST, pur essendo uno strumento relativamente piccolo (2.4 m di diametro), fu in grado di ottenere risultati mai visti prima, in quanto non soggetto all'azione di disturbo della turbolenza atmosferica.

Oggi le prospettive per i nuovi strumenti sono leggermente diverse, in quanto si punta a realizzare strumenti spaziali che possano vedere cose "diverse" rispetto ai loro parenti terrestri, lavorando ad esempio in differenti bande dello spettro elettromagnetico. È questo ad esempio il caso di Spitzer, al quale si deve la recente scoperta di sette pianeti di tipo terrestre, di cui tre in zona abitabile, attorno alla stella TRAPPIST-1.

Segue dunque un resoconto che analizza in dettaglio i più importanti tra questi telescopi, eredi spirituali di HST.

Global Astrometric Interferometer for Astrophysics (GAIA)

Gaia

Questo strumento è l'unico di quelli di cui parleremo già in orbita ed operativo. Si tratta di una missione astrometrica, prosecuzione del lavoro svolto dal satellite Hipparcos. Il suo compito è fondamentalmente quello di realizzare una dettagliata cartina tridimensionale della nostra galassia, misurando con precisione estrema una serie di dati astrometrici di circa un miliardo di stelle, tra cui posizione, moto proprio, distanza, velocità radiale.

Lanciato il 19 dicembre del 2013 dalla Guiana Francese per mezzo di un razzo Soyuz, il satellite Gaia è tutt'ora operativo, ma il 14 dicembre 2016 l'ESA ha pubblicato la prima data release, liberamente accessibile dagli archivi dell'ente europeo. A seconda della magnitudine apparente degli oggetti osservati, Gaia misura i loro dati astrometrici con precisione crescente, dai 200 micro-secondi d'arco per stelle di magnitudine 20 ai 7 micro-secondi per quelle di magnitudine 10.

Tuttavia la prima data release fornisce soltanto solo osservazioni parziali, mentre il catalogo completo, previsto per il 2020, risulterà incredibilmente più completo. Esso conterrà sia dati astrometrici che fotometrici di precisione estrema, oltre a informazioni riguardo la tipologia degli oggetti in questione (classe stellare, variabili, sistemi multipli, ecc.). In questo modo, i ricercatori avranno a disposizione una dettagliatissima mappatura della Via Lattea (e non solo) che costituirà la base, negli anni a venire, per innumerevoli progetti di ricerca. Inoltre, data la sua elevata risoluzione, GAIA dovrebbe consentire di individuare nuovi pianeti extra-solari, aiutandoci a migliorare le nostre conoscenze in questo fondamentale campo di ricerca. Il costo totale della missione GAIA è stimato attono al miliardo di dollari. Non male!

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James Webb Space Telescope (JWST)

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Immaginate un Hubble Space Telescope, i cui straordinari risultati in oltre vent'anni di onorato servizio sono ben noti, ma tre volte più grande. Immaginate poi di realizzarlo in maniera che possa osservare nell'infrarosso, il che consente di osservare una serie di innumerevoli, interessantissimi fenomeni, che prima vi erano preclusi. Quello che avete davanti non è altro che JWST, per molti aspetti il successore spirituale sia di HST che di Spitzer, l'altro suo predecessore infrarosso.

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Di questo telescopio se ne discute sin dal 1996, ma solo negli ultimi anni si è finalmente passati alla fase realizzativa, e il lancio è attualmente previsto per  ottobre 2018. Frutto di una collaborazione tra NASA, ESA e Agenzia Spaziale Canadese, JWST dovrebbe costituire una vera e propria rivoluzione dal punto di vista delle osservazioni astronomiche in quanto, trovandosi al di sopra dell'atmosfera, e grazie al suo enorme specchio da 6.5 m di diametro, permetterà di compiere osservazioni con un dettaglio mai visto prima.

In particolare, lo specchio sarà costituito da 18 elementi esagonali, che si apriranno in seguito alla messa in orbita. Da questo punto di vista occorre sottolineare che il telescopio verrà posizionato nel punto langrangiano L2, a circa 1500000 km dalla Terra. Il motivo di questa scelta è presto detto: JWST opererà tra le bande arancione-rossa e media-infrarossa dello spettro elettromagnetico. Per questo sarà dotato di uno schermo che possa ripararlo dal riscaldamento dovuto alla radiazione di qualsiasi sorgente, in primis il Sole, la Terra e la Luna.

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Affinché lo schermo sia efficace però, occorre che le sorgenti in questione si trovino tutte dallo stesso lato. Il punto lagrangiano L2 è una particolare zona dello spazio in cui la somma delle forze di attrazione gravitazionale dovuta a questi tre corpi si annulla, per cui è possibile mantenere lo strumento in un'orbita praticamente fissa e con le fonti di disturbo ben al riparo dello schermo. Questa scelta però comporta un problema: a quella distanza, se qualcosa va storto, una riparazione in orbita come avvenne per HST è praticamente impossibile. Per questa ragione non c'è possibilità di piano B: tutto dovrà funzionare alla perfezione, onde evitare di bruciare un investimento di oltre 10 miliardi di dollari. Viene da chiedersi il perché della scelta dell'infrarosso.

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La ragione sta nel fatto che in questa banda la luce è meno soggetta all'assorbimento da parte del mezzo interstellare (prevalentemente gas e polveri). In questo modo JWST consentirà di osservare sorgenti che altrimenti risulterebbero oscurate. Potremo osservare le prime galassie nate pochi milioni di anni dopo il big bang, spingerci all'interno di nuclei galattici attivi, ottenere immagini di nane brune e oggetti della fascia di Kuiper, e forse persino ottenere immagini dirette di pianeti extra-solari e delle loro atmosfere.

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Wide Field Infrared Survey Telescope (WFirst)

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Questo strumento, attualmente ancora in fase progettuale, opererà anch'esso nella banda infrarossa, utilizzando uno specchio da 2.4 m ad ampio campo. Ciò significa che WFirst, grazie anche alla sua camera CCD da 288 megapixel, avrà pressappoco la stessa acutezza visiva di HST, ma nell'infrarosso e su di una porzione di cielo oltre 100 volte più grande, a cause della ridotta lunghezza focale. Grazie a queste caratteristiche, WFirst potrà perseguire lo scopo primario della missione, ovvero misurare gli effetti dell'energia oscura sull'espansione dell'Universo, in relazione anche alla struttura dello spazio-tempo e, più in generale, alla consistenza globale della Relatività Generale. Inoltre sarà possibile ricercare pianeti extrasolari tramite la tecnica del micro-lensing. La data del lancio non è ancora stata fissata, ma è prevista genericamente intorno alla metà degli anni '20 ed il costo stimato poco sotto i 3 miliardi di dollari.

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Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS)

NASA's Transiting Exoplanet Survey Satellite TESS will search for life on planets near Earth

Rimanendo in tema di esopianeti, TESS è considerato il successore della missione Kepler. Questo strumento, il cui lancio è previsto per il giugno 2018, si occuperà infatti della ricerca di pianeti extrasolari con la tecnica del transito, che punta a rilevare le variazioni di luminosità in una stella quando un pianeta ne attraverso il disco.

A differenza di Kepler però, che si concentrava su una piccola porzione di cielo, TESS la scandaglierà tutta, esaminando in due anni di osservazioni più di 500000 stelle, con particolare focus su quelle più vicine alla Terra. In particolare, l'obiettivo è quello di trovare possibili Super-Terre o addirittura pianeti Earth-like.

La particolarità di TESS sta nel fatto che sarà dotato di quattro lenti, ognuna con la propria camera ad ampio campo, operanti in sincrono. Per le sue caratteristiche, tra cui il posizionamento in orbita alta, che consentirà un rapido trasferimento a terra dei dati, TESS potrà essere utilizzato anche per l'osservazione di rapidi eventi transienti, quali ad esempio i gamma-ray burst.

Planetary Transits and Oscillations of stars (PLATO)

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Lo studio dei pianeti extrasolari è uno dei temi più coinvolgenti ed attualmente sul quale c'è più hype da parte della comunità astronomica. Questo spiega l'abbondanza di missioni a loro dedicate. Non fa eccezione PLATO, uno strumento progettato dall'ESA ed il cui lancio è previsto per il 2024. In un certo senso, esso potrebbe considerarsi come la risposta dell'Agenzia Europea al TESS della NASA.

Anche in questo caso lo scopo primario è quello di trovare pianeti Earth-like, ma a differenza di TESS, PLATO andrà a posizionarsi nel punto lagrangiano L2, esattamente come JWST. Anche PLATO utilizzerà la tecnica del transito, ma in aggiunta agli altri strumenti visti finora si occuperà anche di "astrosismologia", ovvero quella branca dell'Astrofisica che studia le oscillazioni e pulsazioni degli strati stellari.

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In realtà PLATO sarà un multi-telescopio, dotato di 32 camere "normali", con una cadenza di 25 secondi, più due "veloci" da 2.5 secondi. Questa configurazione, abbinata al suo ampio campo di vista (2250 gradi quadrati, contro i 100 di Kepler, ad esempio), gli permetterà di indentificare nella banda visibile dello spettro pianeti di tipo terrestre e in zona abitabile con sufficiente dettaglio da permettere poi un'analisi più approfondita, per quanto riguarda lo studio delle atmosfere e della loro composizione, con altri strumenti.

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Euclid

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Concludiamo questa carrellata parlando di una missione sulla quale ci sono molte aspettative da parte della comunità astronomica, e che sarà dedicata all'astronomia extra-galattica. Sviluppata dall'ESA e con lancio previsto nel 2020, il suo compito infatti sarà di osservare galassie fino a redshift 2, il che vuol dire guardare indietro nella storia evolutiva dell'Universo di circa 10 miliardi di anni, misurando proprio il redshift delle galassie.

Questo tipo di misura è fondamentale per poter comprendere meglio la struttura dell'Universo sulla base della legge di Hubble e la natura della materia e dell'energia oscura. Lo strumento sarà equipaggiato con uno specchio da 1.2 m di diametro e dotato di due camere, una per il visibile e l'altra per l'infrarosso. Con un catalogo previsto di miliardi di sorgenti osservate, Euclid metterà a disposizione dei ricercatori informazioni fondamentali che potranno servire da base per le osservazioni e la ricerca con altri strumenti, sia spaziali che terrestri. Il costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 500 milioni di euro.

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Come si può comprendere dall'analisi di questi strumenti, il settore delle osservazioni dallo spazio è in grande fermento, e si focalizza su alcuni temi verso i quali l'interesse dei ricercatori è estremamente forte: ricerca di pianeti extra-solari, materia ed energia oscura. E date le recenti novità è evidente come i progressi in questi campi siano evidenti. Pertanto è sicuramente esaltante pensare alla quantità di scoperte che questa nuova generazione di telescopi, sia terrestri che spaziali, ci consentirà di realizzare. Ovviamente questo significa anche una quantità di dati enorme da analizzare, tecnologie informatiche da sviluppare, e tanto tanto lavoro...

Ma in fondo è il bello della Scienza!

Antonio D'Isanto è dottorando in astronomia presso l'Heidelberg Institute for Theoretical Studies in Germania. La sua attività di ricerca si basa sulla cosiddetta astroinformatica, ovvero l'applicazione di tecnologie e metodologie informatiche per la risoluzione di problemi complessi nel campo della ricerca astrofisica. Si occupa inoltre di reti neurali, deep learning e tecnologie di intelligenza artificiale ed ha un forte interesse per la divulgazione scientifica. Da sempre appassionato di sport, è cintura nera 2°dan di Taekwondo, oltre che di lettura, cinema e tecnologia. Siamo felici di annunciarvi che collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.