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Xenobot: robot viventi creati con le cellule di una rana

Un team di ricercatori statunitensi ha creato degli xenobot: robot organici in miniatura realizzati dalle cellula di una rana.

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Avatar di Luca Salerno

a cura di Luca Salerno

Pubblicato il 15/01/2020 alle 07:25
Non si chiamavano proprio xenobot ma chi ha giocato a
Metal Gear Solid 4 (2008) ricorderà l’unità FROGS, una squadra di élite formata da donne soldato che, come si può dedurre dal nome, avevano abilità molto simili a quelle degli
anfibi grazie alle loro tute e alle (onnipresenti, nel gioco) nanomacchine.

Siamo ovviamente molto lontani da una realtà simile, ma i robot organici creati da un team di scienziati unendo cellule di una rana lascia immaginare che, forse, in futuro molto prossimo la visione del game designer Hideo Kojima diventerà realtà. A maggior ragione se questo tipo di ricerca viene finanziata da un programma della US Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), che punta a ricreare processi di apprendimento biologici.

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I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla testata Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Il team di ricerca è multidisciplinare e composto da ricercatori di alcune università statunitensi che hanno creato degli organismi in miniatura "programmabili" partendo da cellule della rana acquatica Xenopo liscio e che sono in grado di muoversi con un certo grado di autonomia.

"Si tratta di forme di vita del tutto nuove che sulla Terra non sono mai esistite", ha dichiarato a The Guardian il ricercatore Michael Levin, direttore dell’Allen Discovery Center alla Tufts University di Medford, in Massachusetts che ha aggiunto: "Sono organismi viventi 'programmabili'".

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Gli esperti di robotica solitamente preferiscono metallo e plastica per la solidità e per la resistenza, ma Levin e i suoi colleghi vedono aspetti positivi nel realizzare robot con tessuti biologici. Quando danneggiati, le ferite possono rimarginarsi e una volta che il loro compito è terminato, i loro "componenti" biologici iniziano a deteriorarsi come succede per tutti gli esseri viventi.

L’uso di cellule del cuore è dovuto al fatto che queste si contraggono e rilassano spontaneamente, funzionando dunque da motore in miniatura che è in grado di tenere in funzione il robot sino a quando la riserva di energia non si esaurisce del tutto. I robot possono così sopravvivere sino una settimana o dieci giorni prima di smettere di funzionare.

Al di là di descrizioni così suggestive, quali potrebbero essere le applicazioni pratiche di questo tipo di robot? Secondo alcuni scienziati citati da The Guardian, le loro caratteristiche uniche fanno in modo che le versioni future potrebbero essere usate per ripulire gli oceani dalle microplastiche, per portare medicinali all’interno dell’organismo o rimuovere placche dalle arterie. "È impossibile sapere quali applicazioni ci saranno per una nuova tecnologia, dunque possiamo solo avanzare delle ipotesi", ha detto Josh Bongard, ricercatore senior presso l’Università del Vermont.

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I robot organici, che sono più piccoli di 1 mm, sono realizzati da un “algoritmo evoluzionario” che è stato implementato su un supercomputer. Semplificando, il software genera delle configurazioni 3D casuali usando tra le 500 e le 1.000 cellule di pelle e cuore. Ognuno di questi “prototipi” viene poi testato virtualmente all’interno di diversi possibili ambienti per verificare, ad esempio, quanto spazio può percorrere dopo l’attivazione delle cellule del cuore.

I design che si rivelano più riusciti servono poi per realizzare altri modelli che vengono messi in funzione. Gli scienziati hanno aspettato che il computer producesse 100 generazioni prima di scegliere un gruppo di design da riprodurre in laboratorio. Nella fase successiva, il team ha usato pinzette e altri strumenti per modellare le cellule della pelle e del cuore ottenute dagli embrioni dello Xenopo liscio. Ecco perché la creazione del team è stata soprannominata xenobot.

Nel documento di ricerca, gli scienziati descrivono come sono riusciti a mantenere vive le cellule della rana all’interno di un ambiente acquatico: alcuni xenobot si sono mossi in linea retta, mentre altri in circolo o si sono uniti in gruppi. "Al momento sono davvero piccoli ma il nostro piano è di realizzarli di dimensioni più grandi", ha detto Levin a The Guardian.

Gli xenobot potrebbero essere anche realizzati con vasi sanguigni, sistemi nervosi e cellule sensoriali per formare dei rudimentali "occhi". Se realizzati con cellule dei mammiferi, gli xenobot potrebbero anche sopravvivere all'asciutto.

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Un componente del team, il dottorando dell’Università del Vermont, Sam Kriegman, spiega di rendersi conto che questo tipo di ricerca può sollevare questioni etiche, soprattutto quando le future varianti potrebbero essere dotate di un sistema nervoso e acquisire capacità cognitive. "Quello che mi interessa è che tutto questo avvenga alla luce del sole - ha detto - in modo tale che l’opinione pubblica e la politica possano decidere qual è la migliore strada da intraprendere". Decisamente più lontane, invece, le preoccupazioni che gli xenobot possano in futuro rappresentare un problema per le persone: "Se guardate il video è difficile avere paura che prima o poi possano invaderci".

Nelle intenzioni del team di ricerca l’obiettivo da raggiungere è ben più ampio che realizzare degli organismi programmabili in miniatura. "Lo scopo finale è capire il 'software' della vita. Se pensate a difetti congeniti, al cancro, a malattie dovute all’età, tutti questi problemi potrebbero essere risolti se riuscissimo a sapere come realizzare strutture biologiche e come avere un controllo definitivo sulla crescita e sulla formazione di un organismo". 

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Il ricercatore della Oxford Uehiro Centre for Practical Ethics, Thomas Douglas, ha dichiarato a The Guardian: "lo status morale degli xenobot pone delle questioni etiche non indifferenti. In quale momento esatto diventano creature con una propria identità e che quindi devono essere protette? Penso che il punto di svolta arriverà quando nelle prossime varianti verranno inclusi tessuti nervosi che saranno in grado di attivare una qualche forma di percezione, come la possibilità di provare dolore". 

"Qualcuno altro è molto più liberale riguardo lo status morale degli xenobot, dato che pensano che tutte le creature viventi in quanto tali debbano essere prese in considerazione in un certo modo. Per queste persone, gli interrogativi saranno più pesanti quando si dovrà decidere se si tratta di creature viventi o macchine", conclude Doglas.

Fonte dell'articolo: www.theguardian.com

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