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a cura di Valentina Acri

Confermato lo sciopero di 72 ore per la mancata ristrutturazione delle aree di servizio: ad annunciarlo sono le stesse organizzazioni dei gestori carburanti Faib, Fegica e Anisa. Poco più di un mese fa le organizzazioni dei gestori carburanti preannunciano il rischio di uno sciopero per i benzinai autostradali, indirizzando una lettera a ai ministeri delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili e della Transizione ecologica e per conoscenza al presidente della Commissione di Garanzia dello Sciopero nei Servizi Pubblici essenziali sul rischio di agitazione per la bozza del decreto interministeriale destinata alla ristrutturazione delle Aree di servizio autostradali.

Non a caso, il testo avrebbe l’obiettivo di chiudere almeno un terzo delle stazioni di benzina e diesel presenti lungo la grande viabilità.

 Tutto lascia intendere che la bozza di decreto interministeriale che viene fatta circolare dagli ultimi giorni della scorsa legislatura abbia l’obiettivo di preservare un sistema ormai incancrenito che ha consentito, consente e, a queste condizioni, continuerà a consentire prima di tutto alle società concessionarie di godere di ingenti rendite di posizione, lucrate sul bene pubblico. Ogni cittadino di questo Paese ha conosciuto a proprie spese lo stato di assoluto degrado a cui sono state sottoposte le Aree di servizio autostradali, sia in termini di prezzi dei carburanti e della ristorazione, del tutto abnormi e fuori mercato, sia in termini di standard qualitativi, scrivono le organizzazioni.

Lo sciopero proclamato dai benzinai italiani riguarderà dunque le stazioni di servizio delle arterie autostradali che saranno chiuse per 72 ore, a partire dalle 22:00 di martedì 13 dicembre e fino alla stessa ora di venerdì 16.

Faib, Fegica e Anisa sottolineano che l'attuale situazione di degrado è l’effetto di una politica ormai ventennale che ha permesso prima di tutto alle società concessionarie di utilizzare senza alcun controllo concreto dell’Amministrazione un bene in concessione come se fosse una 'cosa privata', da sfruttare unicamente a uso e consumo proprio e dei soggetti a cui è stato e viene tuttora consentito di lucrare.