Obbligo auto elettriche: l'Europa in pericolo secondo De Meo ed Elkann

Stellantis e Renault uniti: i due presidenti avvertono sui rischi per l'industria automobilistica europea in un'intervista esclusiva a Le Figaro

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a cura di Tommaso Marcoli

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L'industria automobilistica europea si trova ad un bivio decisivo, con i suoi massimi dirigenti che lanciano segnali d'allarme sempre più preoccupati. Il messaggio che arriva dai vertici di Stellantis e Renault è chiaro: l'imposizione forzata di una transizione all'elettrico attraverso normative rigide rischia di condannare l'intero settore automobilistico del continente. John Elkann e Luca de Meo, in un'intervista che ha fatto molto rumore sulle pagine di Le Figaro, hanno espresso con franchezza inusuale la necessità di un ripensamento strategico delle politiche europee sulla mobilità.

La sfida non riguarda tanto la direzione del cambiamento – l'elettrificazione resta un obiettivo condiviso – quanto piuttosto la sua velocità e le modalità con cui viene imposta. Secondo i due manager, l'Europa sta procedendo con un approccio dogmatico che non tiene conto della realtà del mercato, delle possibilità economiche dei consumatori e della spietata concorrenza internazionale, in particolare quella cinese.

Le regolamentazioni europee stanno rendendo le automobili sempre più complesse e costose, allontanando fasce crescenti di consumatori dal mercato del nuovo. Il paradosso è evidente: norme pensate per accelerare la transizione ecologica rischiano di rallentarla, mantenendo in circolazione veicoli inquinanti più a lungo.

Tra le preoccupazioni evidenziate nell'intervista, emerge con forza il tema della crescente egemonia cinese nel settore. "Nel 2025 la Cina produrrà più auto di Europa e Stati Uniti messi insieme", ha avvertito Elkann, sottolineando l'urgenza di una risposta strategica. La finestra temporale per reagire si sta chiudendo rapidamente: "È un momento cruciale: o decidiamo se vogliamo ancora essere una terra di industria, o ci rassegniamo a essere solo un mercato".

L'Europa si trova in una posizione particolarmente vulnerabile, essendo l'unico grande mercato automobilistico a non aver recuperato i livelli pre-pandemia. Mentre altri paesi proteggono attivamente le loro industrie automobilistiche con politiche mirate, il vecchio continente sembra procedere in direzione opposta, imponendo vincoli crescenti senza adeguate misure di supporto.

Il rischio è che, continuando su questa strada, il mercato europeo dell'auto possa ridursi drasticamente nei prossimi anni, con conseguenze devastanti per l'occupazione e l'intera filiera produttiva. Le previsioni sono allarmanti: Elkann suggerisce che, senza cambiamenti, il mercato potrebbe dimezzarsi nell'arco di un decennio.

Per Luca de Meo, amministratore delegato del Gruppo Renault, il cuore del problema è l'accessibilità economica. Le regolamentazioni europee stanno creando veicoli sempre più sofisticati ma fuori dalla portata del consumatore medio. "Le regole europee fanno sì che le nostre auto siano sempre più complesse, sempre più pesanti, sempre più costose. E la gente, semplicemente, non se le può più permettere".

De Meo evidenzia anche come le norme sui crash test, che trattano allo stesso modo SUV e utilitarie, facciano lievitare i costi di produzione per i modelli più economici, rendendo sempre più difficile proporre veicoli accessibili alla massa dei consumatori. Questa situazione colpisce in particolare i costruttori generalisti come Renault e Stellantis, il cui modello di business è basato sulla produzione di veicoli popolari per il mercato interno.

Il manager italiano punta il dito anche contro un'anomalia nella governance del settore: "Da vent'anni è la logica dei produttori premium a dettare la regolazione. Ma così facendo abbiamo allontanato milioni di persone dal mercato dell'auto nuova". Una critica velata ai marchi tedeschi che, essendo più orientati all'export e al segmento lusso, avrebbero influenzato le normative europee in una direzione non sostenibile per l'intero settore.

Entrambi i dirigenti ribadiscono il loro impegno verso la sostenibilità ambientale, ma criticano l'approccio ideologico alla transizione. Elkann sottolinea come la vera priorità dovrebbe essere accelerare il ricambio dell'intero parco circolante, composto da 250 milioni di veicoli inquinanti, piuttosto che concentrarsi ossessivamente sulle emissioni delle auto nuove.

L'età media delle automobili in Europa è di 12 anni, con picchi di 17 anni in paesi come la Grecia. Questa realtà suggerisce che una strategia efficace dovrebbe considerare diverse tecnologie e percorsi di transizione, non solo l'elettrificazione completa. Le nuove Citroen C3, Fiat Grande Panda e Peugeot 3008 rappresentano esempi concreti di veicoli che combinano sostenibilità e accessibilità.

Ciò che i due manager chiedono non sono sussidi o protezioni, ma condizioni eque per competere: "Non vogliamo aiuti, chiediamo chiarezza normativa, rapidità decisionale e la libertà di innovare", afferma Elkann. Il contrasto con altre potenze economiche è stridente: "In Europa ci troviamo davanti a Stati che hanno poco margine di manovra e a una Commissione che fatica a incidere. In Cina, negli Stati Uniti e nei Paesi emergenti si costruiscono vere politiche industriali".

La proposta è di tornare a un confronto aperto tra regolatori, costruttori e scienziati, per sviluppare regole più realistiche che tengano conto delle effettive possibilità tecnologiche ed economiche. De Meo avverte che, nella sua formulazione attuale, la direttiva 2035 sulla fine dei motori termici potrebbe portare a un mercato dimezzato, poiché "il mercato non compra quello che l'Europa vuole che noi vendiamo".

Il messaggio finale è un richiamo al pragmatismo: l'auto elettrica rappresenta certamente il futuro (se ne aveteuna potete ricaricarla con una wallbox), ma imporre questa transizione per decreto, senza considerare la complessità economica e sociale del cambiamento, rischia di produrre l'effetto opposto. Senza domanda reale e accessibilità economica, la transizione ecologica nel settore automobilistico potrebbe fallire, trascinando con sé un'industria che rappresenta ancora uno dei pilastri dell'economia europea.

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2 Commenti

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Non c'è bisogno che siano loro a dirlo, chiunque con un pò di assennatezza riesce a capirlo.
Nell'articolo c'è la frase: l'imposizione forzata di una transizione all'elettrico attraverso normative rigide rischia di condannare l'intero settore automobilistico del continente.

E' da correggere dal momento che il settore automobilistico è già stato condannato.
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eternauta insegna
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