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L'AI migliora i risultati ma riduce la motivazione

Con l'AI che trasforma il lavoro, i leader devono progettare flussi operativi, cultura aziendale e formazione per mantenere coinvolgimento e motivazione dei dipendenti.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Pubblicato il 18/08/2025 alle 17:19

La notizia in un minuto

  • L'intelligenza artificiale sta creando una crisi motivazionale silenziosa tra i dipendenti tech: pur migliorando la produttività, elimina le sfide intellettuali che sono alla base della soddisfazione professionale, portando a disimpegno e perdita di senso del lavoro
  • La ricerca scientifica conferma che l'IA non sviluppa competenze trasferibili e rende i compiti successivi più monotoni, creando dipendenza tecnologica invece di crescita professionale
  • La soluzione richiede un approccio culturale che posizioni l'IA come collaboratore piuttosto che sostituto, preservando spazi per il giudizio umano, il pensiero critico e opportunità di crescita attraverso strategie come i "promptathon" e la verifica attiva degli output
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Strumenti di intelligenza artificiale come ChatGPT e Copilot stanno rivoluzionando la produttività aziendale, facilitando attività complesse come il debugging del codice e la stesura di report, ma stanno simultaneamente creando una crisi motivazionale silenziosa tra i dipendenti. La facilità con cui questi sistemi risolvono problemi complessi sta privando i lavoratori di quella sfida intellettuale che rappresenta spesso il cuore della soddisfazione professionale nel mondo tech.

Mike Anderson, Chief Information Officer di Netscope, ha identificato una tendenza preoccupante nel comportamento dei suoi collaboratori. "Vediamo sempre più persone che copiano e incollano contenuti generati dall'IA direttamente nelle email o nelle presentazioni, senza nemmeno leggerli o modificarli", spiega Anderson. "Questo non è produttività, è disimpegno puro".

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La scienza conferma i rischi dell'automazione cognitiva

Una ricerca pubblicata su Scientific Reports ha fornito evidenze scientifiche a sostegno di queste osservazioni empiriche. Lo studio dimostra che, sebbene l'IA migliori immediatamente le prestazioni lavorative, non contribuisce a sviluppare competenze trasferibili per compiti futuri senza supporto tecnologico. I partecipanti all'esperimento hanno riferito di sentirsi più demotivati e annoiati quando tornavano a lavorare senza assistenza artificiale, suggerendo che l'IA, pur aumentando la concentrazione immediata, rende paradossalmente i compiti successivi più monotoni e meno significativi.

Questo fenomeno non rappresenta una novità assoluta nella storia industriale. Chester Spell, professore di management alla Rutgers University Camden Business School, traccia un parallelo storico illuminante: "Cent'anni fa, durante l'industrializzazione e l'automazione, vedemmo problemi simili quando le persone furono confinate a lavori ripetitivi mentre le macchine facevano tutto. Alcolismo, demotivazione e persino sabotaggi divennero problemi significativi, portando alla nascita dei programmi di assistenza ai dipendenti che oggi sono comuni nei luoghi di lavoro".

Il problema fondamentale risiede in un fraintendimento della natura umana: contrariamente all'intuizione comune, le persone non prosperano necessariamente quando il lavoro diventa più facile. La soddisfazione professionale nasce dall'equilibrio delicato tra sforzo e competenza, non dalla mera efficienza. Eva Lermer, professoressa di psicologia aziendale presso l'Università di Scienze Applicate di Augsburg, chiarisce questo concetto: "Il lavoro senza sfide superabili può minare la motivazione intrinseca. Per entrare in uno stato di benessere, i compiti devono essere impegnativi ma gestibili con le nostre capacità".

La soddisfazione professionale nasce dall'equilibrio delicato tra sforzo e competenza, non dalla mera efficienza

La ricerca psicologica identifica tre pilastri fondamentali della motivazione lavorativa: autonomia, competenza e relazione sociale. Quando l'IA elimina completamente le sfide e l'incertezza dal lavoro, elimina simultaneamente le opportunità di crescita, padronanza e senso di responsabilità personale. "Il risultato può essere efficiente, ma diventa privo di significato per la persona che lo produce", avverte Lermer.

Per molti knowledge worker, l'identità professionale è strettamente legata al ruolo di problem solver. Quando l'IA assume l'intero processo di risoluzione dei problemi, i lavoratori perdono il senso di realizzazione e faticano a trovare significato nel loro lavoro, anche quando le prestazioni oggettive migliorano.

I segnali d'allarme e le risposte

Anderson ha sviluppato una strategia di osservazione per individuare i primi segnali di disimpegno. "Uno dei segnali più chiari è la cultura del copia-incolla. Quando i dipendenti utilizzano output generati dall'IA senza domande o adattamenti, significa che non sono coinvolti e non stanno più pensando in modo critico". Questa osservazione diretta dei pattern di utilizzo si rivela spesso più affidabile del feedback verbale dei dipendenti.

Un altro indicatore critico riguarda l'impatto dell'IA sui ruoli consolidati e sulle dinamiche di team. Quando esperti di settore percepiscono che le loro competenze vengono ignorate o sostituite, il morale può calare silenziosamente anche se la produttività rimane stabile. Anderson racconta di un esperto interno che inizialmente si sentiva sostituito dall'IA, ma che è riuscito a reinventarsi come facilitatore strategico, concentrandosi su progetti più complessi anziché su domande puntuali.

La soluzione non consiste nell'abbandonare l'IA, ma nel riprogettare il modo in cui viene integrata nei flussi di lavoro. Anderson ha implementato un approccio formativo che posiziona l'IA come collaboratore piuttosto che sostituto: "Stiamo addestrando i nostri team a verificare le risposte dell'IA, controllare i dati e affinare gli output. Non vogliamo che si fidino ciecamente". Quando l'IA commette errori, questi vengono trasformati in opportunità educative per migliorare la qualità dei prompt e sviluppare il pensiero critico.

L'innovazione più interessante di Netscope è l'organizzazione di un "promptathon" aziendale, ispirato al modello degli hackathon, che si concentra sulla creazione di prompt, sviluppo di Gem e casi d'uso di NotebookLM. L'obiettivo è trasformare utenti passivi in creatori dotati di pensiero critico, rendendo la scrittura di prompt e l'uso responsabile dell'IA competenze fondamentali.

Richard Amos, Senior Vice President e CIO di Blue Mantis, enfatizza l'importanza della gestione del cambiamento: "La nostra strategia si concentra sulla chiarezza dei risultati, sulla priorità dei casi d'uso aziendali, su comunicazioni ferme e sull'impatto sui membri del team. Mettiamo la gestione del cambiamento al centro dell'implementazione, aiutando i membri del team a comprendere e abbracciare il significato del cambiamento".

Costruire una cultura sostenibile dell'IA

Per mantenere sia produttività che coinvolgimento a lungo termine, le organizzazioni devono riprogettare i flussi di lavoro preservando spazio per il giudizio umano. Lermer sottolinea che "i leader devono gestire attivamente il contratto psicologico tra dipendenti e lavoro, controllando continuamente che i dipendenti stiano ancora imparando, crescendo e provando orgoglio per il loro lavoro".

Un elemento cruciale è l'integrazione di tempo per la riflessione nei workflow quotidiani. Permettere ai dipendenti di valutare e mettere in discussione i risultati generati dall'IA mantiene vivo il pensiero critico e preserva il senso di proprietà del lavoro svolto. Anderson conclude: "È importante continuare a raffinare il modo in cui utilizziamo gli strumenti basati sull'IA, creando guardrail, eseguendo programmi di formazione e assicurandoci che il giudizio umano sia incorporato in ogni flusso di lavoro".

le organizzazioni devono riprogettare i flussi di lavoro preservando spazio per il giudizio umano

Come avverte Spell, l'implementazione dell'IA richiede un approccio ponderato: "Quando si introduce l'IA in ambienti di lavoro individuali, non si dovrebbe semplicemente seguire la tendenza, ma considerare attentamente il suo impatto". La vera sfida non è tecnologica, ma culturale: il successo dipende dalla capacità di preparare le persone a pensare e lavorare in modi nuovi, costruendo fiducia nei nuovi processi senza sacrificare la soddisfazione umana fondamentale che deriva dal superare le sfide.

Fonte dell'articolo: www.cio.com

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