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Assistenza clienti con chatbot? Un disastro, ma la GenAI forse può ancora salvare la situazione

Gartner. Un risultato che mette in discussione i sostanziosi investimenti fatti finora.I chatbot per l'assistenza clienti risolvono solo il 14% dei problemi, secondo

Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 27/08/2024 alle 11:14
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Da qualche anno ormai quasi tutte le imprese, anche alcune tra le più piccole, si sono dotate di un chatbot per l’assistenza clienti. L’idea è che questo strumento permetta di risolvere le richieste senza l’intervento dell’operatore umano, portando così costi più bassi e un cliente più soddisfatto. 

In teoria è fantastico, ma tutti abbiamo avuto l’esperienza di un chatbot che “non capisce niente”, e la cui unica utilità è far passare il tempo in attesa di un operatore umano. Ebbene, l’esperienze è ora confermata dalla ricerca Gartner, secondo cui solo il 14% dei problemi dei clienti viene risolto completamente tramite chatbot. 

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Un dato deludente, come minimo, sopratutto se si considerano gli onerosi investimenti fatti da molte aziende a riguardo. 

Nonostante l’aumento degli investimenti da parte delle aziende in soluzioni basate su chatbot, solo l'8% dei clienti ha utilizzato un chatbot durante la loro ultima esperienza di servizio clienti, e tra questi, appena il 25% ha dichiarato che lo riutilizzerebbe in futuro.

Il primo dato ci dice che la maggior parte dei clienti ancora non si fida, e proprio per questo molte aziende hanno reso “obbligatorio” il passaggio dal chatbot. Ma se solo il 25% tornerebbe a usare il bot, significa che tre clienti su quattro non sono soddisfatti. Un risultato senz’altro preoccupante. 

Differenze significative nei tassi di risoluzione

Tornando alla capacità di risolvere problemi, l'efficacia dei chatbot varia notevolmente a seconda del tipo di criticità affrontato. I chatbot mostrano una maggiore efficacia nella gestione dei resi e delle cancellazioni, con un tasso di risoluzione del 58%. Tuttavia, la performance cala drasticamente quando si tratta di questioni più complesse, come le dispute su fatturazioni, dove solo il 17% dei problemi viene risolto con successo. Altri ambiti, come la gestione degli ordini o le transazioni finanziarie, presentano tassi di risoluzione che oscillano tra il 40% e il 52%.

La GenAI può salvare la situazione? 

Al momento, dunque, molte aziende hanno investito in questi chatbot, che tuttavia non stanno generando i benefici attesi. Ma non è il momento di tirarsi indietro, perché un buon servizio clienti è necessario. E allo stesso tempo è fondamentale mantenere i costi sotto controllo. 

Come ha sottolineato Michael Rendelman, Senior Specialist in Gartner, "per migliorare l'adozione dei chatbot, è essenziale concentrarsi sul miglioramento della loro capacità di avanzare nella risoluzione dei problemi dei clienti" 

Per affrontare queste sfide, Gartner suggerisce diverse strategie. Tra queste, l'integrazione di chatbot con tecnologie di intelligenza artificiale generativa per migliorare la comprensione e la gestione delle richieste dei clienti. Con questo tipo di IA dovrebbe essere possibile, si spera, risolvere veramente i clienti, e finalmente ridurre la quantità di lavoro umano necessario per far funzionare il Customer Care. 

Il gap tra le aspettative aziendali e le reali capacità dei chatbot nel customer care è evidente. Nonostante gli ingenti investimenti, l'adozione da parte dei consumatori rimane bassa e i tassi di risoluzione sono insufficienti in molte aree. Le aziende dovranno ripensare l'implementazione di queste tecnologie e adottare strategie più mirate per sfruttarne appieno il potenziale, garantendo un servizio clienti più efficace e soddisfacente.

Fonte dell'articolo: www.corrierecomunicazioni.it

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