Secondo Mo Gawdat, ex dirigente di Google X, la trasformazione IA colpirà molto più duramente di quanto molti si aspettino. L'esperto tecnologico non risparmia nessuna categoria professionale nella sua previsione: dai programmatori ai CEO, dai podcaster agli architetti, tutti dovranno fare i conti con macchine sempre più capaci. La sua visione, esposta durante una conversazione nel podcast "Diary of a CEO", delinea uno scenario in cui il tradizionale concetto di lavoro intellettuale potrebbe scomparire nel giro di un decennio.
Gawdat porta come esempio concreto la sua stessa startup, Emma.love, che sviluppa intelligenza artificiale focalizzata su emozioni e relazioni interpersonali. L'azienda opera con soli tre dipendenti, mentre in passato un progetto simile avrebbe richiesto un team di almeno 350 sviluppatori. Questa drastica riduzione del personale rappresenta solo l'inizio di una trasformazione che toccherà ogni settore del lavoro intellettuale.
L'ex dirigente di Google non esclude nemmeno le professioni considerate più creative o strategiche. Durante la conversazione ha avvertito direttamente il conduttore Steven Bartlett che anche il ruolo di podcaster sarà sostituito dall'AI. Persino i vertici aziendali non sono al sicuro: "L'AGI diventerà migliore degli esseri umani in tutto, incluso nel fare il CEO", ha dichiarato, sottolineando come molti dirigenti non riescano ancora a immaginare la propria sostituzione.
Dal supporto alla sostituzione totale
Secondo l'analisi di Gawdat, ci troviamo attualmente in una fase di transizione che definisce "era dell'intelligenza aumentata", durante la quale gli esseri umani possono ancora collaborare con i sistemi AI. Tuttavia, questa coesistenza è destinata a essere breve e a lasciare il posto alla "supremazia delle macchine", quando l'intelligenza artificiale sarà in grado di svolgere interi ruoli professionali in completa autonomia.
La preoccupazione dell'esperto non nasce da un'avversione tecnologica, anzi: Gawdat lavora attivamente allo sviluppo di sistemi etici che riflettano valori umani come l'amore e la connessione. Il problema, secondo lui, risiede nel fatto che l'AI viene sviluppata e implementata da persone e istituzioni guidate dal profitto piuttosto che da considerazioni etiche.
L'ex dirigente prevede l'inizio di una "distopia a breve termine" intorno al 2027, caratterizzata da disoccupazione di massa, disordini sociali e strutture economiche incapaci di adattarsi al cambiamento. In questo scenario, come ha dichiarato provocatoriamente, "a meno che tu non sia nello 0,1% più ricco, sei un contadino. Non esiste più una classe media".
In una precedente apparizione nel 2023 allo stesso podcast, Gawdat aveva definito l'AI "oltre un'emergenza", paragonandola a una minaccia ancora più immediata del cambiamento climatico. La sua proposta radicale includeva una tassazione del 98% per le aziende che utilizzano l'AI, con l'obiettivo di rallentare la domanda del settore e finanziare sistemi di supporto per i lavoratori che verranno sostituiti.
Visioni contrastanti nel mondo tech
Non tutti gli esperti condividono le previsioni apocalittiche di Gawdat. Uno studio di luglio condotto da ricercatori Microsoft ha rilevato che i chatbot AI sono più utili nell'assistere compiti che coinvolgono ricerca, scrittura e comunicazione, e in generale minacciano i ruoli junior.
Geoffrey Hinton, considerato il "padrino dell'AI", fa eco alle preoccupazioni di Gawdat, avvertendo che l'intelligenza artificiale "sostituirà tutti" coloro che svolgono "lavoro intellettuale di routine". Anche Dario Amodei, CEO di Anthropic, ha previsto che metà dei lavori entry-level per colletti bianchi potrebbe scomparire entro cinque anni.
Dall'altra parte dello schieramento, Jensen Huang di Nvidia crede che l'AI rimodellerà il modo di lavorare senza eliminarlo completamente, definendo l'interazione con l'AI una "competenza altamente cognitiva" e descrivendo questa tecnologia come "il più grande equalizzatore tecnologico". Yann LeCun, scienziato capo dell'AI di Meta, ha respinto le previsioni catastrofiche, dichiarando di "dissentire praticamente su tutto quello che dice Dario" e credendo che gli esseri umani rimarranno i "capi" dei futuri sistemi AI.
La promessa di un mondo migliore
Nonostante le previsioni inquietanti, Gawdat mantiene una visione ottimistica del futuro a lungo termine. Secondo lui, la fine del lavoro tradizionale potrebbe liberare l'umanità da quello che definisce "una bugia capitalista": l'idea che il nostro scopo nella vita sia il lavoro. "Non siamo mai stati creati per svegliarci ogni mattina e occupare 20 ore della nostra giornata con il lavoro", ha affermato.
La sua visione alternativa descrive una società completamente diversa: "Potrebbe essere il mondo migliore di sempre. Una società completamente piena di risate e gioia. Assistenza sanitaria gratuita, niente lavoro, più tempo trascorso con i propri cari. Un mondo in cui tutti noi siamo uguali". Questa prospettiva trasforma la disruzione tecnologica da minaccia esistenziale a opportunità di liberazione umana, purché la società riesca a navigare la transizione turbolenta che ci aspetta.