Il mondo della tecnologia si trova diviso su una delle questioni più delicate del nostro tempo: l'impatto dell'intelligenza artificiale sui posti di lavoro del settore impiegatizio. Mentre alcuni leader del settore predicono una trasformazione radicale che potrebbe spazzare via la metà dei ruoli d'ufficio di livello base, altri respingono queste previsioni come eccessivamente catastrofiste. La discussione è stata accesa dalle dichiarazioni di Dario Amodei, CEO di Anthropic, che ha lanciato un monito destinato a far tremare l'intero panorama lavorativo occidentale.
La voce dell'allarme: quando l'intelligenza artificiale diventa minaccia
Le parole di Amodei hanno il peso di chi conosce intimamente la tecnologia che sta contribuendo a sviluppare. Il CEO di Anthropic non ha utilizzato giri di parole quando ha avvertito che l'intelligenza artificiale potrebbe eliminare il 50% dei posti di lavoro impiegatizi di livello iniziale nei prossimi anni. La sua posizione si distingue per la franchezza con cui critica sia le altre aziende del settore sia i governi, accusandoli di "edulcorare" i rischi delle tecnologie rivoluzionarie.
"Noi, come produttori di questa tecnologia, abbiamo il dovere e l'obbligo di essere onesti su quello che sta arrivando", ha dichiarato Amodei in un'intervista ad Axios. Il dirigente riconosce che possa sembrare strano che le stesse aziende di AI mettano in guardia contro le proprie creazioni, ma si chiede retoricamente: "E se avessero ragione?"
I sostenitori dell'ottimismo tecnologico
Sul fronte opposto si schierano figure di spicco come Sam Altman di OpenAI, che adotta una visione decisamente più rassicurante. Il CEO della società dietro ChatGPT riconosce che alcuni lavori scompariranno, ma crede fermamente nella capacità della società di adattarsi e prosperare. "I nuovi posti di lavoro saranno migliori, e le persone avranno cose migliori", ha affermato durante un episodio del podcast "Hard Fork" del New York Times.
Altman introduce un concetto interessante: quello dell'inerzia sociale come fattore protettivo. Secondo la sua analisi, anche se la tecnologia fosse pronta per una trasformazione così drastica, la società stessa non permetterebbe che accada in tempi così rapidi. Questa prospettiva trova eco in Jensen Huang di Nvidia, che non ha esitato a esprimere il suo disaccordo quasi totale con le posizioni di Amodei.
Quando la realtà incontra le previsioni
Marc Benioff di Salesforce porta nel dibattito l'esperienza diretta del mercato. Il CEO sostiene di non vedere alcuna evidenza di questo sconvolgimento imminente nella forza lavoro dei propri clienti.
Dall'altra parte, Amazon e Klarna rappresentano esempi concreti di come l'AI stia già modificando gli organici aziendali. Andy Jassy di Amazon ha comunicato apertamente ai dipendenti che l'intelligenza artificiale porterà a riduzioni del personale, mentre Sebastian Siemiatkowski di Klarna teme che i massicci tagli potrebbero addirittura scatenare una recessione.
Prospettive storiche e nuove opportunità
Mark Cuban offre una prospettiva storica illuminante, ricordando come in passato esistessero oltre 2 milioni di segretarie e impiegati dedicati esclusivamente alla dettatura negli uffici. La sua argomentazione sottolinea come le nuove tecnologie creino sempre nuovi tipi di occupazione, aumentando l'impiego totale piuttosto che ridurlo.
Brad Lightcap, COO di OpenAI, richiama l'attenzione sui precedenti storici: nel 1900 il 40% delle persone lavorava in agricoltura, oggi solo il 2%. Microsoft Excel, secondo la sua analisi, è probabilmente stato il più grande "distruttore di posti di lavoro" del XX secolo, eppure l'economia ha continuato a crescere e creare nuove opportunità.
Tra cautela e preparazione al futuro
Jim Farley di Ford si allinea con le preoccupazioni di Amodei, sottolineando come l'intelligenza artificiale sostituirà letteralmente metà dei lavoratori impiegatizi negli Stati Uniti. La sua preoccupazione si estende al sistema educativo americano, che considera troppo focalizzato sui titoli di studio universitari a scapito dei mestieri tecnici.
Il dibattito resta aperto e le posizioni continuano a divergere significativamente. Quello che emerge chiaramente è la necessità di un dialogo costruttivo tra innovatori, policy maker e lavoratori per navigare questa transizione tecnologica senza precedenti nella storia moderna.