Il futuro degli investimenti nelle startup è il modello profit sharing

Il profit sharing si sta diffondendo come modello di finanziamento preferito da molti piccoli imprenditori e nei prossimi anni potrebbe competere col venture capital.

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a cura di Marina Londei

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Negli ultimi anni sono spuntate centinaia di startup: alcune di esse sono riuscite a superare le difficoltà iniziali e avere successo, mentre altre non ce l'hanno fatta o si sono ritrovate a dover vendere la propria idea al miglior offerente. 

Nonostante questa instabilità, le startup continueranno a nascere, soprattutto in questo momento storico nel quale la tecnologia sta facendo progressi incredibili e a una velocità dirompente. Contemporaneamente, visto il mercato in subbuglio, stanno acquisendo popolarità nuovi modelli di finanziamento più adatti all'economia attuale. 

Secondo Ryan Hoover, fondatore di Product Hunt, la piattaforma per condividere e scoprire nuovi prodotti di tecnologia, nei prossimi anni fondatori e investitori punteranno sempre di più su startup basate sul modello del profit sharing. 

Il profit sharing è un modello di finanziamento flessibile dove i pagamenti sono legati a una percentuale dei profitti invece di un tasso di interesse. In sostanza, al contrario del modello classico, i rendimenti sono continui nel tempo, non solo quando l'azienda viene quotata in borsa o venduta. 

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Hoover anticipa un crescente interesse verso modelli alternativi di finanziamento, in particolare verso la condivisione di profitti, visto come un modo per diversificare i patrimoni e ottenere liquidità più velocemente. Il modello è particolarmente adatto a quelle imprese che mostrano un potenziale di profitto stabile nel tempo. 

Già diversi imprenditori nel settore tecnologico stanno iniziando a creare e sostenere imprese che condividono i profitti. Tra le motivazioni principali di questa scelta c'è il bisogno di avere un maggior controllo sul proprio percorso imprenditoriale, evitando di dover dipendere dai venture capital.

Hoover sottolinea che la disponibilità di nuovi strumenti tecnologici, prima fra tutti l'intelligenza artificiale, aiuta a ridurre la dipendenza dai fornitori di grandi capitali e consente un avvio più redditizio delle aziende. L'evoluzione tecnologica consente di "fare di più con meno risorse", e questo si riflette anche nell'avvio di un nuovo business.

 Ci sono poi tutta una serie di cambiamenti normativi che stanno rendendo più difficile per le start-up essere acquisite da grandi aziende, e ciò impatta negativamente i modelli tradizionali di investimento.

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Perché il profit sharing non si è ancora diffuso?

Nonostante l'entusiasmo verso il profit sharing stia crescendo, ci sono ancora degli ostacoli che ne rallentano la diffusione. In primo luogo, mancano ancora documenti ufficiali che standardizzano questo modello, e questo spaventa gli investitori.

Inoltre, poiché il modello è relativamente recente, mancano esempi di successo nati da questo tipo di finanziamenti. La maggior parte degli investitori non conosce startup che sono emerse sul mercato finanziate tramite profit sharing, quindi tendono a preferire i metodi tradizionali e più rodati. 

Non per ultimo, c'è un po' di paura legata al giudizio degli altri quando si percorre una via alternativa. In questo caso si tratta comunque di una "convinzione culturale" che sta già cominciando a sparire, ma ci vorrà del tempo prima che anche il profit sharing diventi un modello classico. 

Hoover sottolinea comunque che l'esistenza di modelli di finanziamento alternativi non deve precludere i fondatori dallo scegliere modelli tradizionali, soprattutto perché non tutti i mercati si prestano (ancora) al profit sharing.

Il venture capital rimane comunque una scelta ottima per chi non ha i fondi sufficienti ad avviare un'azienda e assumere un team iniziale.