Oramai lo sappiamo tutti: l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il modo in cui le aziende innovano e competono (dalla “semplice” generazione di testi alle analisi predittive). Tuttavia, dietro l’entusiasmo per queste tecnologie c’è una domanda che spesso resta in secondo piano: quanto costa davvero l’AI? E come si possono evitare sprechi o sorprese in bolletta?
Qui entra in gioco il FinOps, una disciplina nata per aiutare le aziende a gestire e ottimizzare i costi del cloud, che oggi si trova ad affrontare la nuova sfida dell’AI, al centro delle analisi dello State of FinOps 2025 (link: https://data.finops.org/), da cui ho preso spunto per la stesura di questo articolo.
Cos’è il FinOps e perché serve per l’AI
Il FinOps unisce competenze tecniche e finanziarie per aiutare le aziende a usare il cloud in modo efficiente (risparmiando). Fino a poco tempo fa, il focus era sui “classici” servizi cloud, penso ad esempio a server, storage, database. Ma con l’arrivo dell’AI, e soprattutto dei modelli generativi come il celeberrimo ChatGPT, la gestione dei costi è diventata molto più complessa.
L’AI, infatti, richiede enormi risorse di calcolo (spesso con costose GPU), grandi quantità di dati e servizi cloud specializzati. I modelli di pricing sono spesso difficili da decifrare: si paga per ogni “token” generato, per il tempo di utilizzo delle GPU, o con abbonamenti flat. Senza una strategia, è facile perdere il controllo della spesa.
Le nuove sfide della gestione dei costi AI
Lo state of FinOps 2025 mette in evidenza tre grandi criticità e sfide che gli esperti di FinOps devono affrontare immediatamente:
- Costi nascosti e imprevedibili. Con l’IA, i costi possono crescere all’improvviso. Un modello che risponde a migliaia di richieste al giorno può far lievitare la spesa in poche ore.
- Tanti attori coinvolti. Non ci sono solo i vari team IT: con l’AI, anche data scientist, sviluppatori, product manager e persino il marketing possono attivare servizi cloud. Senza una governance chiara, ognuno rischia di “spendere” per conto proprio, complicando la visibilità e il controllo.
- Difficoltà di misurazione. Quanto costa davvero una singola risposta di una chatbot AI? Lo sappiamo davvero? E quanto valore porta (se davvero porta valore)? Serve una nuova cultura della misurazione e della trasparenza.
Le strategie FinOps per l’AI
La FinOps Foundation si è dunque messa al lavoro e ha creato un insieme di buona pratiche, eccole qui!
- Monitorare tutto, sempre. La base è avere visibilità in tempo reale su cosa si spende e dove. Questo aiuta a individuare subito eventuali sprechi o anomalie.
- Ottimizzare i modelli e le risorse. Non sempre serve usare il modello AI più grande e costoso. Spesso, versioni “light” o modelli ottimizzati possono fare lo stesso lavoro a costi molto più bassi. Anche la scelta delle risorse cloud (ad esempio, GPU condivise invece che dedicate) può fare una grande differenza.
- Stabilire regole e limiti. Impostare budget, limiti di spesa e alert automatici aiuta a evitare brutte sorprese. È importante anche sensibilizzare tutti i team sull’importanza di una gestione responsabile delle risorse AI.
- Misurare il valore, non solo il costo. La domanda chiave non è solo “quanto costa?”, ma anche “che valore porta questa funzione AI?”. Un approccio FinOps maturo cerca di collegare la spesa AI ai risultati di business e al valore che ne consegue.
Tiriamo le somme
L’intelligenza artificiale è una straordinaria leva di innovazione, non sto dicendo nulla di nuovo, ma senza una gestione attenta dei costi rischia di trasformarsi in una fonte di sprechi e inefficienze. Il consiglio? Se la tua azienda sta investendo in AI, inizia subito a costruire una cultura FinOps: monitora, misura, ottimizza e, soprattutto, coinvolgi tutti gli attori nel processo. Solo così l’AI sarà davvero una risorsa strategica, e non una voce di spesa fuori controllo.