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Tra pensiero critico e problem solving, il mondo IT ha ancora bisogno di persone

Due chiacchiere con la recruiter Piera Orlandi sulle competenze più richieste ai data scientist odierni

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Avatar di Antonino Caffo

a cura di Antonino Caffo

Editor

Pubblicato il 11/06/2025 alle 08:54

Nel mondo del lavoro IT, dove le competenze tecniche spesso dominano le conversazioni sui curricula e nei colloqui, emergono sempre più chiaramente due abilità trasversali che stanno diventando decisive per il successo professionale. Non si tratta solo di saper programmare in Python o di essere esperti di Excel, ma di sviluppare una mentalità capace di affrontare sfide complesse con approcci innovativi. Piera Orlandi, recruiter specializzata nel settore tecnologico, ha osservato come queste competenze stiano diventando discriminanti nella selezione dei professionisti più ricercati.

L'esperienza sul campo di chi si occupa quotidianamente di collocare specialisti IT nelle aziende rivela una realtà interessante: il pensiero critico rappresenta una delle competenze più difficili da valutare ma anche più necessarie. Questa abilità, che dovrebbe essere sviluppata sin dai banchi di scuola, si rivela fondamentale soprattutto per i data scientist, professionisti che devono interpretare dati complessi e comprenderne le origini. Il pensiero critico permette di valutare ogni problema da molteplici angolazioni, rendendo l'analisi dei dati molto più efficace ed efficiente.

"Vale ancora la pena considerare la necessità di acquisire le cosiddette 'soft skill', competenze trasversali, oltre che a quelle tecniche. Il pensiero critico fa parte proprio delle soft skill, che si dovrebbe acquisire già a scuola ma anche dopo, ad esempio ascoltando e frequentando altre persone". Secondo Orlandi, il pensiero critico è fondamentale in alcune mansioni, come il data scientist, dove può realmente dare quella spinta in più per approcciare criticità in maniera differente, alternativa, da cui può scaturire una scintilla unica.

Insomma, la buona notizia è che queste competenze possono essere acquisite anche in età adulta. "L'esperienza dimostra che è possibile smussare gli angoli della propria personalità professionale. Questo avviene attraverso l'osservazione degli altri, il confronto costante e una genuina apertura mentale verso il cambiamento. Molti professionisti del settore IT dimostrano proprio questa predisposizione all'apprendimento continuo, considerando normale dover uscire dalla propria zona di comfort per acquisire nuove competenze".

La sfida del problem solving autentico

Accanto al pensiero critico, il problem solving viene spesso citato come competenza fondamentale, ma la sua valutazione rimane problematica. "Molti candidati dichiarano di possederla, molte aziende la richiedono, ma in realtà pochi la padroneggiano davvero" prosegue Orlandi. "Il vero problem solving non consiste nel delegare i problemi ad altri ma nel trovare soluzioni concrete e implementabili".

Durante i colloqui di selezione, questa competenza è difficile da misurare attraverso test o questionari standardizzati. L'approccio più efficace sembra essere quello del dialogo aperto, che permette ai candidati di esprimersi in modo naturale e di dimostrare le proprie reali capacità attraverso esempi concreti. La trasparenza durante il processo di selezione si rivela più utile di complessi sistemi di valutazione che spesso non riescono a catturare l'essenza delle competenze trasversali.

La curiosità è il perno di tutto il mondo IT. I professionisti più apprezzati sono quelli che mostrano voglia di esplorare nuove soluzioni e di mettersi continuamente in discussione.

La curiosità emerge come elemento centrale che alimenta entrambe queste competenze. Nel settore IT, rimanere fermi nelle proprie convinzioni significa rapidamente diventare obsoleti. "Bisogna aprirsi alle possibili soluzioni. Quando si parla di dati, ovviamente le competenze tecniche sono centrali. Sembra scontato ma bisogna ancora saper scrivere codice, fruibile e corretto". 

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Competenze tecniche nell'era dell'intelligenza artificiale

L'avvento dell'intelligenza artificiale ha aggiunto una nuova dimensione alle competenze richieste. "Vuol dire non solo sapere utilizzare i chatbot ma andare più a fondo, come ha sottolineato Michael Conlin, CTO di un'importante azienda americana. Secondo lui, la vera sfida dell'intelligenza artificiale consiste nel sapere se sono disponibili dati giusti quando questi mostrano risultati sbagliati". La capacità di applicare metodi matematici e statistici rimane fondamentale, così come la competenza nel valutare la qualità dei dati prima di scegliere quale modello utilizzare.

L'intelligenza artificiale funziona come un assistente molto competente, ma richiede sempre la supervisione di un essere umano capace di fornire gli input corretti e di interpretare criticamente i risultati. Questo riporta l'attenzione sull'importanza delle competenze trasversali: senza pensiero critico e capacità di problem solving, anche i migliori strumenti tecnologici possono produrre risultati fuorvianti.

La leadership "inutile"

Piera Orlandi consiglia la lettura del libro "Chi comanda qui?: La scienza della leadership per guidare il team e l'organizzazione al risultato" di Leonardo Dri, che mette nero su bianco le metodologie per far diventare il proprio capo 'inutile', ossia circondato da un team che sappia gestirsi autonomamente. 

La domanda fondamentale che guida l'analisi di Dri è tanto semplice quanto cruciale per ogni organizzazione: "Perché il mio team non funziona?". La risposta, secondo l'autore, non risiede in soluzioni temporanee o nell'intervento autoritario, ma nella costruzione di un sistema basato sulla fiducia e sulla delega consapevole. Un pilastro fondamentale di questo approccio è il concetto di sicurezza psicologica. Dri dedica un'intera sezione del suo libro a questo tema, sottolineando come sia un elemento troppo spesso trascurato persino nelle aziende più strutturate.

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