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Ecco perché BYD porta in tribunale decine di influencer

L'azienda ha citato in giudizio 37 influencer e inserito altri 126 in una lista di sorveglianza per aver diffuso contenuti ritenuti dannosi

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a cura di Tommaso Marcoli

Editor

Pubblicato il 09/06/2025 alle 16:55

Il gigante cinese dell'automotive BYD ha intensificato la sua battaglia legale contro la disinformazione online, portando in tribunale ben 37 influencer accusati di diffamazione e creando un sistema di sorveglianza che monitora oltre 126 creatori di contenuti. Questa strategia aggressiva rappresenta un fenomeno sempre più diffuso nel mercato automobilistico cinese, dove le case produttrici utilizzano strumenti legali per proteggere la propria reputazione digitale. L'approccio di BYD si distingue per la sua sistematicità e per l'entità delle sanzioni richieste, che possono raggiungere cifre milionarie.

La casa automobilistica ha istituito un vero e proprio "Ufficio Anti-Frode per le Notizie" alcuni anni fa, un dipartimento dedicato che incentiva la popolazione a segnalare contenuti potenzialmente dannosi per l'immagine aziendale. Il sistema di ricompense previsto è particolarmente generoso: chi fornisce informazioni credibili su possibili campagne diffamatorie può ricevere bonus che vanno dai 50.000 ai 5 milioni di yuan, equivalenti a una cifra compresa tra 6.900 e 690.000 dollari americani.

Le conseguenze legali per gli influencer coinvolti si sono rivelate severe e concrete. Un caso emblematico ha visto un content creator condannato a pagare una multa di 100.000 yuan, circa 13.800 dollari, oltre all'obbligo di pubblicare scuse pubbliche per aver accusato BYD di manipolare altri influencer affinché screditassero i marchi concorrenti. Un altro creatore di contenuti ha subito sanzioni economiche per aver diffuso affermazioni sulla presunta instabilità finanziaria dell'azienda, sostenendo che fosse sull'orlo del fallimento.

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Tuttavia, le azioni legali di BYD impallidiscono di fronte al caso più eclatante registrato nel settore automobilistico cinese. Nell'agosto 2023, Nissan Dongfeng ha intentato una causa milionaria contro un influencer che aveva pubblicato oltre 50 video su TikTok denigrando sistematicamente i veicoli del marchio giapponese. Il tribunale ha stabilito un risarcimento di 5 milioni di yuan a favore della casa automobilistica, una cifra che evidenzia la serietà con cui il sistema giudiziario cinese affronta questi casi.

Tesla ha seguito una strategia simile nel 2022, chiedendo inizialmente lo stesso importo di risarcimento a un influencer cinese, anche se successivamente ha accettato un accordo per una somma significativamente inferiore. Questo trend non si limita ai marchi internazionali: Great Wall Motor e Changan Automobile hanno anch'esse fatto ricorso alle vie legali contro creatori di contenuti ritenuti diffamatori.

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La frequenza di queste azioni legali in Cina contrasta nettamente con la prassi occidentale, dove i conflitti tra case automobilistiche e media raramente approdano in tribunale. L'esempio più noto resta la causa intentata da Tesla contro il programma televisivo britannico Top Gear nel 2008, dopo che il conduttore Jeremy Clarkson aveva fatto affermazioni esagerate sulla prima Roadster. Tuttavia, il tribunale respinse il caso perché non riuscì a dimostrare l'intento doloso da parte della trasmissione.

Il contesto normativo cinese presenta caratteristiche peculiari che rendono particolarmente rischiose le critiche alle grandi corporation. La diffamazione può essere perseguita come reato penale, e criticare aziende spesso legate allo stato o al Partito Comunista può comportare conseguenze gravi, indipendentemente dalla veridicità delle affermazioni. La dimensione dell'audience dell'influencer amplifica ulteriormente i rischi legali, rendendo potenzialmente devastanti anche commenti basati su fatti reali.

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Per gli influencer cinesi che operano nel settore automobilistico, questo scenario crea un ambiente di estrema cautela dove ogni dichiarazione negativa può trasformarsi in una minaccia esistenziale per la propria carriera. I risarcimenti richiesti dalle aziende possono infatti causare la rovina finanziaria completa dei content creator, creando un effetto deterrente che va ben oltre le singole cause legali. Il messaggio implicito è chiaro: la libertà di espressione nel settore automobilistico cinese ha confini molto precisi e costantemente monitorati.

La strategia di BYD, con la sua lista di sorveglianza di 126 creatori di contenuti e il sistema di ricompense per le segnalazioni, rappresenta l'evoluzione più sofisticata di questo approccio. L'azienda, che negli ultimi anni è diventata il costruttore automobilistico in più rapida crescita al mondo, utilizza questi strumenti per mantenere un controllo serrato sulla propria narrazione digitale, trasformando la gestione della reputazione online in una vera e propria operazione di intelligence aziendale.

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