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L'AI al lavoro rende le persone demotivate

Analisi su oltre 3.500 persone svelano il prezzo nascosto della collaborazione con l'intelligenza artificiale generativa.

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a cura di Giulia Serena

Editor

Pubblicato il 15/05/2025 alle 13:07

La rivoluzione dell'intelligenza artificiale generativa nel mondo del lavoro ha portato innegabili vantaggi in termini di efficienza e qualità, trasformando radicalmente la produttività dei professionisti moderni. Quando un manager deve scrivere una valutazione delle performance, un team di marketing cerca di ideare una nuova campagna, o un copywriter deve redigere un'email promozionale, la collaborazione uomo-macchina consente di ottenere risultati sorprendenti in tempi ridotti. Tuttavia, questo salto qualitativo potrebbe nascondere un prezzo da pagare che solo ora comincia ad emergere dalle ricerche più recenti: un significativo calo della motivazione intrinseca e un aumento della noia quando i lavoratori si trovano ad affrontare mansioni senza il supporto dell'IA.

Le indagini scientifiche sul fenomeno stanno rivelando una dinamica psicologica complessa, in cui l'efficienza immediata garantita dagli strumenti di intelligenza artificiale generativa modifica silenziosamente il rapporto del lavoratore con le attività che richiedono impegno autonomo. Questo fenomeno solleva interrogativi cruciali per le organizzazioni che stanno implementando queste tecnologie: come bilanciare i vantaggi evidenti dell'IA generativa con la necessità di mantenere vivo l'interesse e la motivazione personale dei dipendenti per tutte le mansioni, anche quelle dove la tecnologia non interviene direttamente?

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Il paradosso dell'assistenza tecnologica

Quando un professionista utilizza l'IA generativa per completare un'attività, sperimenta un'immediata gratificazione: il lavoro viene completato più rapidamente e spesso con risultati di qualità superiore. Questo successo istantaneo crea un'associazione positiva con l'attività supportata dalla tecnologia. Il problema emerge quando lo stesso professionista deve poi dedicarsi a mansioni che richiedono uno sforzo completamente autonomo, senza supporto artificiale. Il confronto inevitabile tra le due esperienze può generare frustrazione e disimpegno.

Le ricerche hanno evidenziato come i lavoratori tendano a riportare livelli significativamente più bassi di interesse e coinvolgimento nelle attività non supportate dall'IA, anche quando queste ultime facevano parte delle loro mansioni preferite prima dell'introduzione delle nuove tecnologie. È come se la facilità sperimentata con l'assistenza dell'IA diventasse il nuovo parametro di riferimento, rendendo tutte le altre attività comparativamente più faticose e meno gratificanti.

Pexels business

L'analisi di questo fenomeno rivela una dinamica simile a quella studiata dalla psicologia comportamentale in altri contesti: quando un'attività viene sistematicamente facilitata da uno strumento esterno, la motivazione intrinseca – quella spinta interna a completare un compito per la soddisfazione che ne deriva – tende a diminuire nel tempo. Le persone iniziano a distinguere tra il piacere di ottenere un risultato e lo sforzo necessario per raggiungerlo, privilegiando sempre più il primo a scapito del secondo.

L'intelligenza artificiale amplifica le capacità umane, ma rischia di atrofizzare la nostra resilienza mentale.

Negli ambienti lavorativi moderni, dove diverse attività si alternano nell'arco della giornata, questo effetto può creare uno squilibrio pericoloso. I dipendenti potrebbero rimandare o dedicare meno energie alle mansioni non supportate dall'IA, anche quando queste sono fondamentali per il loro sviluppo professionale o per il successo dell'organizzazione. La conseguenza è un progressivo disallineamento tra le priorità aziendali e l'allocazione effettiva delle energie cognitive dei lavoratori.

Strategie per preservare la motivazione nell'era dell'IA

Le organizzazioni che intendono massimizzare i benefici dell'IA generativa minimizzandone gli effetti collaterali dovrebbero considerare approcci strategici alla sua implementazione. La rotazione delle mansioni rappresenta una prima soluzione: alternare sistematicamente periodi di lavoro con supporto dell'IA a periodi di lavoro completamente autonomo può prevenire la dipendenza psicologica dalla tecnologia e mantenere vive le capacità di problem-solving indipendente.

Un'altra strategia efficace consiste nel disegnare progetti che integrino deliberatamente fasi supportate dall'IA e fasi che richiedono esclusivamente l'intervento umano, creando un flusso di lavoro che valorizzi entrambe le modalità. I leader possono inoltre promuovere una cultura organizzativa che celebri non solo i risultati, ma anche il processo di apprendimento e lo sviluppo di competenze, indipendentemente dal livello di assistenza tecnologica utilizzato.

Pexels business

La formazione continua rappresenta un ulteriore elemento cruciale: educare i dipendenti a riconoscere i segnali di disimpegno e noia nelle attività non supportate dall'IA può aiutarli a sviluppare strategie compensative. Tecniche di mindfulness e pratiche di engagement consapevole possono rivelarsi particolarmente utili per ricalibrare la percezione della difficoltà e riscoprire il valore dell'impegno autonomo.

Le aziende più lungimiranti stanno anche sperimentando sistemi di incentivazione che premiano specificamente l'iniziativa e la creatività dimostrate nelle mansioni non automatizzabili, riconoscendo il valore unico del contributo umano in questi ambiti. Questo approccio bilanciato consente di cogliere i frutti dell'innovazione tecnologica senza sacrificare l'entusiasmo e la motivazione intrinseca che alimentano l'eccellenza professionale nel lungo periodo.

Fonte dell'articolo: hbr.org

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