Il boom degli investimenti nell'intelligenza artificiale da parte delle Big Tech sta letteralmente trascinando l'economia americana verso l'alto, ma dietro questa crescita apparentemente robusta si nasconde una realtà economica più fragile del previsto. Secondo una ricerca di Pantheon Macroeconomics, la spesa legata all'AI ha contribuito per 0,5 punti percentuali alla crescita annuale del PIL nella prima metà dell'anno. Senza questi massicci investimenti tecnologici, la crescita economica degli Stati Uniti sarebbe stata inferiore all'1%, un segnale preoccupante che evidenzia come le aziende tecnologiche stiano sostenendo un'economia altrimenti in difficoltà.
La corsa miliardaria che non si ferma
Le cifre degli investimenti sono impressionanti e mostrano un'accelerazione che non accenna a rallentare. Amazon ha speso 48,4 miliardi di dollari in investimenti di capitale nel 2023, ma quest'anno punta a più che raddoppiare quella somma. Google ha sorpreso il mercato annunciando altri 10 miliardi di dollari di spesa aggiuntiva, mentre Microsoft ha recentemente comunicato l'intenzione di spingere i propri investimenti ben oltre le aspettative degli analisti.
Persino Apple, tradizionalmente la più parsimoniosa del gruppo, sta superando i propri ritmi di spesa precedenti. Come osservano Samuel Tombs, capo economista statunitense di Pantheon, e Oliver Allen, economista senior, "i piani delle Big Tech di continuare a spendere aggressivamente sull'AI nei prossimi anni suggeriscono una spinta simile per il resto del 2025 e fino al 2026".
La ricerca di Pantheon rivela un aspetto interessante: è principalmente la spesa per software a generare il maggior impulso al PIL. Sebbene la costruzione di data center e i costi energetici siano consistenti, non riescono a "spostare l'ago della bilancia" come fanno gli investimenti in software e, in misura minore, nelle attrezzature.
Un dato particolarmente significativo riguarda l'importazione di equipaggiamenti informatici: poiché gli Stati Uniti importano l'80% di questi dispositivi, la spesa in questo settore ha un effetto netto minore sul PIL, dove le importazioni contano negativamente sulla crescita. "Pensavamo che il balzo negli investimenti in equipaggiamenti tecnologici nel primo trimestre riflettesse principalmente una corsa agli acquisti pre-tariffe, ma ha mantenuto i suoi guadagni nel secondo trimestre", spiegano gli analisti.
Trump e l'appoggio dei CEO dell'AI
Il presidente Donald Trump ha recentemente presentato il suo piano per aumentare gli investimenti nell'intelligenza artificiale, ricevendo elogi da parte dei principali CEO del settore, incluso Jensen Huang di Nvidia. L'obiettivo è alimentare ulteriormente la spesa statunitense in questo ambito, in un momento in cui la costruzione di data center sta letteralmente esplodendo.
Oltre ai costi puri di costruzione, ci sono spese significative legate all'enorme quantità di energia e acqua necessarie per alimentare e mantenere questi centri dati. Ma la corsa all'AI non riguarda solo infrastrutture e software: Meta, guidata da Mark Zuckerberg, starebbe cercando di attrarre i migliori ricercatori di intelligenza artificiale con offerte da 100 milioni di dollari.
Il rovescio della medaglia di questa espansione tecnologica è un'economia sottostante più fragile di quanto appaia. I dati sui prezzi mostrano che rivenditori e grossisti continuano a essere penalizzati dai dazi commerciali, mentre i recenti commenti dei principali CEO indicano che aziende come Walmart e Nike hanno già aumentato o aumenteranno presto i loro prezzi.
Il deludente rapporto sul mercato del lavoro di luglio ha solo intensificato le preoccupazioni che il mercato occupazionale possa essere più debole di quanto si pensasse in precedenza. Come scrivono i ricercatori, "nascosta dietro l'impennata della spesa legata all'AI, tuttavia, l'investimento in altre parti dell'economia è molto più debole di quanto suggeriscano i numeri complessivi".
Pantheon conclude che questa debolezza economica generale spingerà la Federal Reserve a tagliare presto i tassi di interesse, nonostante la frustrazione di Trump per l'approccio attendista mantenuto finora dal presidente della Fed Jerome Powell, che ha tenuto i tassi stabili.