L'intelligenza artificiale e l'evoluzione delle macchine "smart"

Man mano che le macchine diventano più "smart" è possibile sfruttare le loro capacità per trasmettere la conoscenza degli operatori più competenti.

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a cura di Marina Londei

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Che cosa significa "smart"? Nel corso degli anni la definizione di "intelligente" nell'ambito tecnologico è cambiata molto: se prima "smart" era qualsiasi macchina o sistema che eseguiva operazioni in maniera automatica, oggi, con l'avvento dell'intelligenza artificiale, ci si aspetta che un sistema intelligente sia in grado non solo di svolgere la funzione per cui è stato progettato, ma anche di risolvere eventuali problemi e gestire imprevisti.

Tim Foreman, research and development manager di OMRON, ha condiviso una breve riflessione sulla rapida evoluzione del termine "smart" e su come l'intelligenza artificiale possa aiutare a colmare il gap di competenze dei nuovi talenti in entrata.

Se prima la risoluzione dei problemi poteva avvenire solo grazie a operatori altamente qualificati, oggi non si può più pensare di dipendere totalmente su di essi, soprattutto perché non sempre si riescono a trovare figure con conoscenze adeguate. Per questo la soluzione più ovvia è che siano le macchine a diventare più intelligenti e riescano a capire e risolvere da sole le cause di un arresto o di un problema.

Man mano che i sistemi diventano più intelligenti, anche le persone possono trarre vantaggio da queste conoscenze. Quando svolgono le loro attività, i lavoratori creano a loro volta delle informazioni che possono essere elaborate dalle macchine. Applicando tecniche di riconoscimento degli schemi, i sistemi possono registrare i comportamenti degli operatori, analizzarli e renderli parte della propria base di conoscenza per poi applicarli in autonomia.

Le competenze acquisite dalle macchine possono poi essere condivise coi nuovi talenti, insegnando le tecniche migliori ad altri operatori e garantendo un flusso continuo di conoscenze.

OMRON sta sperimentando macchine di questo tipo: guidati dall'intelligenza artificiale, i sistemi studiano i passaggi applicati dagli operatori per individuare il modo più intelligente di lavorare e trasmetterlo ad altri.

Così "smart" diventa indicativo non solo della capacità di svolgere operazioni in autonomia, ma anche di imparare, correggersi e condividere la conoscenza rafforzando la collaborazione uomo-macchina.

Oggi sono poche le aziende che riescono a sfruttare appieno il valore dell'IA. Secondo Foreman, le imprese applicano in modo troppo generico le capacità dell'intelligenza artificiale e soprattutto non riescono a gestire l'ampio volume di dati generato dai nuovi sistemi.

Per integrare in maniera ottimale le nuove tecnologie, afferma Foreman, è necessario individuare il problema da risolvere o il miglioramento da apportare, dettagliarne i casi d'uso e raccogliere i dati pertinenti, assicurandosi che siano completi e corretti. In generale, ma soprattutto se si è al primo approccio con l'IA, sarebbe opportuno effettuare un inserimento graduale della tecnologia e formare i collaboratori sui nuovi modi di lavorare.