Anthropic, la società che sviluppa il modello di intelligenza artificiale Claude, ha introdotto la funzionalità "Skills", permettendo ai clienti premium di addestrare il modello a interagire con applicazioni e sistemi di back-end specifici.
Si tratta quindi di IA agentica, ma con la possibilità di personalizzare le capacità del chatbot, rendendolo capace - almeno in teoria - di fare esattamente ciò che vogliamo.
Le Skills trasformano Claude da mero generatore di testo in un vero e proprio agente operativo capace di automatizzare flussi di lavoro complessi, come l'esecuzione di ordini in un portale interno o l'interazione con un CRM.
Ma non è tutto perché, secondo Anthropic, oltre alle capacità create dagli utenti Claude sarà in grado di creare nuove skill in autonomia, in un ciclo di auto-miglioramento e automazione esponenziale. L'azienda cerca di capitalizzare sulla crescente domanda di agenti AI autonomi, un trend evidenziato dai recenti progressi di Claude Sonnet 4.5 e la sua capacità di lavorare per cicli estesi senza supervisione umana.
Si tratta di una visione che, pur promettendo efficienza, alimenta contemporaneamente il dibattito etico sui rischi dell'IA, un argomento che il CEO di Anthropic ha affrontato in modo franco, stimando un 25% di probabilità di conseguenze catastrofiche.
Il problema del controllo e le nuove vulnerabilità
L'espansione delle funzionalità di Claude implica anche un aumento dei rischi. Usare un agente IA, infatti, significa dare accesso alle applicazioni e ai dati aziendali, compreso codice informatico e istruzioni. I rischi sono più che seri e vanno dalla prompt injection all'esfiltrazione dei dati stessi, fino all'inquinamento del database. Problemi per i quali, in molti casi, non esiste alcuna soluzione.
La stessa Anthropic ha lanciato un avvertimento implicito: maggiore autonomia equivale a maggiore superficie di attacco. La differenza tra un chatbot e un agente dotato di skills è abissale: il primo si limita a rispondere; il secondo agisce nel sistema, modificando gli stati e muovendo dati sensibili.
In questo contesto, la vecchia analogia di Anthropic che suggeriva di considerare l'IA come un "dipendente smemorato" diventa più che mai pertinente. La capacità di personalizzare il modello per compiti specifici non esime il professionista dalla necessità di un protocollo di validazione robusto. La responsabilità ricade sull'utente, o sul team IT, che deve garantire che i dati utilizzati per addestrare le nuove Skills siano puliti e che l'output generato sia coerente con le politiche di sicurezza aziendali. Il progresso tecnologico non elimina l'errore umano, ma lo amplifica nel dominio digitale.
Governare l'agente autonomo
L'impatto di questa evoluzione è particolarmente rilevante per il settore B2B, dove l'efficienza nell'automazione di nicchia si traduce in un diretto vantaggio competitivo. La possibilità di creare un agente AI customizzato per compiti verticali, come l'analisi di contratti finanziari compliance-sensitive, è un acceleratore di business. Per le imprese, tuttavia, l'adozione delle Skills richiede una profonda riflessione sulla governance dell'IA stessa. Non si tratta più di implementare uno strumento, ma di integrare un attore semi-autonomo nel proprio ecosistema.
L'ottimismo sull'efficienza deve quindi essere bilanciato da un discorso incentrato sia sulla sicurezza sia sull'etica, e sarà consigliabile dotarsi di meccanismi di auditing per tracciare ogni azione eseguita da Claude. L'obiettivo non deve essere semplicemente automatizzare i compiti, ma aumentare la produttività cognitiva dei dipendenti, lasciando che l'IA si occupi delle attività ripetitive e low-level. Non è sufficiente che l'agente impari a fare quello che gli si dice; è necessario comprendere, e limitare, quello che potrebbe imparare a fare da solo.
Il vero banco di prova per l'era degli agenti AI sarà la capacità delle organizzazioni di navigare l'intersezione tra efficienza incontrollata e sicurezza basata sulla fiducia.