ALIEN³: L'incubo di David Fincher

ALIEN³, il capitolo maledetto della saga degli xenomorfi, odiato dai fan e frutto di una lavorazione complessa e che ha rischiato di non realizzarsi mai

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a cura di Manuel Enrico

In ogni saga cinematografica esistono i capitoli più amati. Se pensiamo a Star Wars, ad esempio, la maggior parte dei fan dirà che sia L’Impero colpisce ancora, ma se vogliamo affrontare gli xenomorfi della popolare saga creato da Ridley Scott, gli appassionati si dividono tra Alien e Aliens – Scontro Finale. Rimanendo in compagnia di questi esseri, c’è un capitolo che quasi tutti gli estimatori degli alieni dal sangue acido hanno considerato per anni il peggiore: ALIEN³.

Un primato negativo che per anni ha accompagnato il film di Fincher, prima che questa sua assai poco ambita fama venisse messa a rischio da parte dei recenti capitoli firmati dal padre-padrone della saga, Ridley Scott. Va riconosciuto che arrivando dopo un’avventura praticamente perfetta come Aliens – Scontro Finale, ALIEN³ era, in un certo senso, destinato ad una dura prova per far breccia nel cuore degli appassionati. Eppure, il terzo capitolo della saga, per quanto vituperato, ha più di un motivo per essere considerato un film degno della saga di Alien.

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Oltre Aliens – Scontro Finale

Dopo il successo di Aliens – Scontro Finale, era inevitabile che la 20th Century Fox volesse sfruttare ancora l’appeal degli xenomorfi. Motivo per cui la major si consultò con la Brandywine Production, che però frenò l’entusiasmo di Fox. Per la Brandywine, era importante andare oltre quanto raccontato nei precedenti capitoli.

L’intenzione era di esplorare maggiormente il ruolo della Weyland-Yutani. David Giler, Walter Hill e Gordon Carroll volevano dare visibilità alle motivazioni dietro le azioni della corporazione e il loro interesse per gli xenomorfi. Motivo per cui si decise di focalizzare l’attenzione sul contesto sociale del futuro, introducendo nuovi elementi che potessero motivare questo interesse, creando una storia dall’ampio respiro che avrebbe dovuto svilupparsi in ben due film.

Per gli sceneggiatori, era importante trovare un antagonista umano che desse concretezza ai piani segreti della Compagnia, e per questo ruolo si era pensato ad una sorte di costola dell’umanità che forte delle proprie idee socialista si era distaccata dalla Terra, fondando una propria colonia nello spazio.

Era necessario, però, dare un cambio radicale alla serie, cambiando il punto di vista dello spettatore, che era sempre quello di Ellen Ripley, motivo per cui venne deciso di ridurre sensibilmente il suo ruolo. Convinzione condivisa anche dalla sua interprete, Sigourney Weaver, che sosteneva

“Sentivo che Ripley stava diventando un peso per la storia. Alla fine, ci solo alcuni aspetti di un personaggio che si possono interpretare”

Se Ripley era pronta a diventare un personaggio di secondo piano, a dominare la scena sarebbe stato una figura forte conosciuta in Aliens – Scontro Finale: Hicks. Michael Biehn sarebbe divenuto la star, con buon pace della Weaver, che era più che ben disposta a un ruolo minore, in attesa di tornare per il capitolo finale e dare vita ad una battaglia spettacolare contro alieni prodotti in massa da degli esuli terrestri.

Ufficialmente, la motivazione fu che la Weaver apprezzò questa sorta di metafora spaziale della Guerra Fredda, ma i suoi difficili con Fox, accusata dall’attrice di aver tagliato scene importanti sul passato di Ripley nel secondo capitolo, furono un motivo più che onesto. E dopo aver visto le cut scenes nella versione estesa di Aliens – Scontro Finale difficile non dare torto all’attrice canadese.

L’entusiasmo di Brandywine non era però pienamente condiviso da 20th Century Fox, che avrebbe preferito mantenersi sulla linea narrativa dei precedenti capitoli. Tuttavia, la major diede fiducia a questo progetto, a patto che si provasse a coinvolgere Ridley Scott come regista e che si cercasse di realizzare il tutto con un budget il più risicato possibile. Sorprendentemente, Scott accettò la proposta, ma la sua intensa agenda gli impedì di dirigere il film.

E fu una fortuna per lui, visto che la creazione di ALIEN³ attraversò così tanti ostacoli che il buon Scott probabilmente avrebbe scatenato uno dei suoi leggendari scatti d’ira. E se non sapete di che stiamo parlando, basta chiedere a chi ha lavorato con lui a Blade Runner!

Tornando a ALIEN³, dopo avere deciso a grandi linee la trama, si iniziò a cercare la giusta figura per dare corpo alla trama e la prima scelta fu un nome di tutto rispetto: William Gibson.

Xenomorfi cyberpunk

Per quei pochi che non sanno chi sia William Gibson, basta dire un termine: cyberpunk. Gibson è il padre, assieme a Bruce Sterling, di questo immaginario fantascientifico fatto di commistione organico-sintetico e di un ambiente socio-economico in cui dominano le multinazionali. Considerato questo suo background, Gibson era il nome giusto per creare quel contesto di guerra corporativa che era alla base delle prime idee di Alien 3, e lo scrittore americano si disse entusiasta di questa occasione, vedendo in questo contrasto sociale un elemento narrativo forte per valorizzare la trama. E questa libertà rispetto a quanto visto nei capitoli precedenti ispirava non poco Gibson

“Non avevo intenzione di ‘chiudere il cerchio’, né di offrire un gran finale (per quanto temporaneo). Volevo solo scrivere qualcosa che avesse l’aria del lato mancante di un triangolo”

Potersi liberare dell’ingombrante figura di Ripley era un’occasione ghiotta, che consentì a Gibson di sviluppare una storia che si focalizzasse maggiormente sulle logiche corporative della Weyland-Yutani e sul tessuto sociale spaziale dell’umanità futura. Complici, dunque, delle limitazioni narrative imposte al suo estro, Gibson decide di dare maggiore risalto possibile ad un personaggio che aveva adorato in Aliens – Scontro Finale: Bishop.

L’idea di Gibson divenne quindi di avvolgere il filo della storia degli xenomorfi in una società divisa in blocchi, ereditati dalla precedente guerra in cui i Marines Coloniali avevano mostrato il proprio valore. La Sulaco, nave in cui al termine di Aliens – Scontro Finale si salvavano Ripley, Hicks e Newt, viene intercettata da un intercettore della U.P.P., fazione nota come i Marxisti Spaziali, che abborda la nave e preleva un letale campione di xenomorfo. Viene trafugato il busto di Bishop, lesionato durante lo scontro con la Regina Aliena, e su cui è rimasto del materiale genetico alieno sufficiente per far sviluppare un uovo.

Esperimenti e script non convincenti

Giunta alla stazione di Anchorage, la Sulaco viene ispezionata da uomini della Weyland-Yutani, che riescono recuperare questo materiale genetico alieno su cui lavorare. Oltre a recuperare i corpi in sospensione di Hicks, Newt e Ripley. Quest’ultima rimane in sonno sospeso, mentre il marine e la bambina sono svegliati per rendere conto a due rappresentati della Compagnia dell’accaduto. Con l’arrivo sulla stazione di un ricostruito Bishop, come segno di distensione tra la Compagnia e l’U.P.P, riprendono gli esperimenti sul materiale genetico alieno, ma come insegna la storia di Alien, giocare a fare Dio con gli xenomorfi è un rischio.

Lo script di Gibson, però, non convinse i produttori, che vedevano in questa storia fortemente improntata all’azione un’assenza di quei caratteri umani che avevano ammirato nella precedente produzione di Gibson. Alla richiesta di correggere alcuni dettagli e riscrivere intere parti insieme al regista Renny Harlin, Gibson decise di abbandonare il progetto. Come disse in seguito lo stesso autore

“Ho letto in seguito che i produttori mi avevano scelto non tanto con l’intento di ottenere da me una sceneggiatura efficace, quanto di ricavare dal mio lavoro una certa suggestione cyberpunk che potesse poi esser integrata nella vera sceneggiatura scritta da qualcun altro”

Nei meandri di internet è ancora possibile trovare la sceneggiatura originale dell’Alien di Gibson, che in seguito è divenuto anche un fumetto grazie a Dark Horse Comics. Per coloro che fossero interessati a scoprire gli xenomorfi secondo Gibson, saldaPress ha da poco pubblicata un bel volume a fumetti con la storia ispirata alla sceneggiatura mai realizzata dell’Alien firmato William Gibson.

L’abbandono di Gibson venne risolto con l’ingaggio di Eric Red, su consiglio di Harlin. Dopo due mesi di lavoro, presentò uno script in cui lo scontro veniva portato sulla Terra, con battaglie tra alieni e cittadini comuni. La Brandywine non approvò questa proposta, chiedendo a Red di modificare lo script in modo che si avvicinasse in modo evidente al canone di Alien. Per lo scrittore questo fu un rifiuto non accettabile e lasciò la produzione, dopo aver visto come la sua idea era stata cambiata dalla produzione

“Una sceneggiatura che disconosco completamente, considerata che non era la mia sceneggiatura. Era il risultato frettoloso di troppi incontri sulla trama e ingerenze, senza il tempo di scrivere con calma, ed il risultato fu una totale schifezza”

Xenomorfi in cerca di autori

Salutato Red, fu il turno di David Twohy, che su richiesta della produzione lavorò sulla base della sceneggiatura di Hill e Giler. Convinto che il tema della Guerra Fredda fosse ormai superato, Twohy puntò a inserire un elemento completamente diverso, un pianeta prigione in cui venivano condotti strani esperimenti dalla Divisione Armi Biologiche della Weyland-Yutani. Scelta che convinse la produzione, ma scontentò Harlin, che si stufò definitivamente di queste infinite lungaggini e mollò la produzione.

Ora ALIEN³ aveva una sceneggiatura, ma mancava un regista. In attesa di trovare chi si sarebbe seduto dietro la macchina da presa, il presidente di Fox Joe Roth impose una condizione: la protagonista doveva essere Ellen Ripley. Nell’immanginario collettivo, Ripley era l’unica eroina davvero forte, uno dei pochi esempi assieme alla Leia di Star Wars e alla Sarah Connor di Terminator. Motivo per cui si offrì alla Weaver la cifra di cinque millioni di dollari, una parte degli incassi e la possibilità di dettare alcune condizioni, tra cui l’imposizione di non utilizzare armi da fuoco. Tutto venne riscritto secondo queste indicazioni, mentre la Fox assumeva Vincent Ward come regista.

Vincent Ward, una volta letta la sceneggiatura di Twohy, decise di dare un taglio diverso. Pur mantenendo l’idea di base, decise di far atterrare il guscio di salvataggio di Ripley su un pianeta selvaggio, in cui viveva una comunità di monaci che rifiutano la tecnologia. Questa comunità di soli uomini vede l’arrivo di Ripley e della creatura come una sorta di prova religiosa, che vedeva coinvolta Ripley, portata a fare una scelta di sacrificio quando scopre di essere ospite di uno xenomorfo.

Fox chiese di eliminare la parte del sacrifico di Ripley, non volendo perdere un personaggio così amato, ma la Weaver era convinta che sarebbe stato un modo perfetto per uscire di scena e impose di mantenere questo finale.

Pur essendo una sceneggiatura promettente, alla Fox non era conviti di questa scelta del pianeta primitivo, preferendo modificare l’ambientazione in una raffineria-prigione e rendendo i monaci dei carcerati. Ward cercò in tutti i modi di opporsi a questi cambiamenti, finendo per venire licenziato. E fu sostituito da colui che infine divenne il regista di ALIEN³: David Fincher.

Una prigione per un regista

Fincher, all’epoca, non aveva una grande esperienza. Eppure ebbe l’occasione di cimentarsi con una delle saghe più complesse della fantascienza cinematografica, per di più in uno dei suoi momenti più complessi. Fincher fu costretto a lavorare su una sceneggiatura che era sostanzialmente un puzzle di tutte le precedenti proposte, rendendo complicato al regista trovare un punto fermo su cui sviluppare il carattere della pellicola.

A scontentare gran parte dei fan, però, fu una scelta che costò a Fincher non poche critiche: la morte di Hicks e Newt. Personaggi centrali nella caratterizzazione emotiva di Ripley in Aliens – Scontro Finale, il marines e la bambina avevano fatto breccia nel cuore degli appassionati e la loro morte fu vista come un tradimento. Oltretutto, i fumetti dell’Aliens Universe che avevano in quegli mantenuto vivo il mito degli xenomorfi si era basati proprio su Hicks e Newt, e la loro morte fu un segno di distacco tra fumetto e cinema. Una distinzione che inizialmente non piacque nemmeno a Mark Schultz, autore dell’Aliens Universe

“Mi hanno chiesto in molti come mi è sembrato Alien³ e, a essere sincero, sono combattuto. Perdere Newt e Hicks nella sequenza di apertura del film è stato uno schiaffo ai fan che si erano affezionati a quei personaggi. Però, d’altra parte, dopo aver lavorato un po’ nel cinema e nella television, mi sento quasi di ammirare l’audacia del film nel provocare ‘l’attesa dell’inatteso’. Ma, in ogni caso, ammetto che mi ha egoisticamente infastidito che, con Alien³, le mie storie non rientrassero più nel canone ufficiale

Scelta che non venne apprezzata nemmeno da Michael Biehn, che passò da potenziale protagonista in due capitoli della saga a cadavere nel giro di poche scene. Poco importa che per le due scene in cui compare in ALIEN³ Biehn venne pagato più che per il precedente capitolo, l’attore non prese bene questa sua uscita di scena. Opinione condivisa anche da Cameron, che considerò queste morti come un insulto ai fan che avevano amato Hicks e Newt in Aliens – Scontro Finale.

Un risultato non convincente

Il risultato di ALIEN³ di Fincher, alla fine, non parve convincere i fan, che per anni considerarono questo capitolo il peggiore della saga. In realtà, Fincher ha colto una pesante eredità da Cameron, osando per dare agli xenomorfi una diversa connotazione, in un certo senso più vicino alle atmosfere originali di Scott. ALIEN³, infatti, ha un’atmosfera horror che riporta anche Ripley al suo ruolo di tipica ‘ragazza in pericolo’ dei film horror, ruolo che aveva rivestito nel primo film cambiando radicalmente il ruolo della final girl.

Fincher, invece, prende Ripley e la rende nuovamente umana e le toglie l’aura da donna guerriera, specialmente nel finale in cui il suo sacrificio racchiude una forte umanità e un accenno di istinto materno. Soprattutto, Fincher spinge l’orrore verso un approccio più materiale e cruento di quanto visto in precedenza nella saga.

Una caratteristica che diventa più evidente se si vede ALIEN³ nella versione estesa del 2010, in cui sono presenti alcune scene che amplificano questa verve narrativa di Fincher. Anche se non è stata inserita la vociferata scena dell’autopsia di Newt, considerata troppo eccessiva anche da parte della troupe.

Eppure, nonostante i giudizi su ALIEN³ siano stati eccessivi, lo stesso Fincher ha un brutto rapporto con questo film

“Nessuno lo odia quanto me, ad oggi nessuno lo odia più di me”

Secondo Fincher, l’insuccesso della pellicola era legato alla scarsa fiducia e libertà che la produzione imposero alla sua creatività. Ma al regista, tutto sommato, basta pensare a come sono stati accolti i successivi capitoli della saga, compreso il ritorno del creatore, Scott, che non è stato esente da critiche e dileggio da parte di una grande fetta degli appassionati della saga.

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