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Avatar: La via dell'acqua, recensione: vivere per gli altri e crescere

A distanza di anni James Cameron torna a raccontare di Pandora con Avatar: La via dell'acqua; siete pronti per questo nuovo viaggio?

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Avatar di Nicholas Massa

a cura di Nicholas Massa

Pubblicato il 14/12/2022 alle 11:00

Nell’ormai lontano 2009 James Cameron tentava di riscrivere la storia del cinema, ottenendo dei risultati che ancora oggi risultano a dir poco irraggiungibili. A distanza di circa 13 anni il regista vorrebbe ripetersi con Avatar: La via dell’acqua, riprendendo in mano un universo narrativo che ha sicuramente ancora moltissimo da dare e raccontare, accompagnando le sue possibilità narrative con una tecnica più avanzata rispetto al passato.

Parlare di questo seguito di Avatar (lo potete acquistare su Amazon) non è facilissimo, dato che l’incredibile esperienza che offre dal punto di vista visivo si equilibra con le scelte in fatto di sceneggiatura, promettendo sicuramente moltissimo per il futuro, e ampliando un discorso avviato con il primo film, e quindi ancora coerente con la precedente visione. Questo significa che addentrarsi nella sua storia non provocherà smarrimento o confusione, dato che il modo stesso di narrare gli eventi di Avatar: La via dell’acqua è sempre molto attento e piuttosto semplice, anche laddove la fantascienza prende il sopravvento dal punto di vista linguistico.

“Accessibilità” è una della parole chiave di questa pellicola che si apre facilmente a tutti coloro intenzionati ad esplorarne gli anfratti, coadiuvata da una regia che parla senza l’utilizzo delle parole, delineando un viaggio innanzitutto figurativo. È la forza delle immagini a regnare sovrana in questo sequel, la loro capacità di avvolgerti dalla prima all’ultima inquadratura trasportandoti altrove, su Pandora, con i suoi personaggi intenti a lottare per la propria vita e tu con loro, lontano da tutto il resto.

Avatar: La via dell’acqua, “i Sully restano uniti”

Il film si apre subito dopo gli eventi cui abbiamo visto nel primo film, contestualizzando un secondo quanto sta accadendo su Pandora, per poi muoversi in avanti con un salto temporale in cui vediamo Jake (Sam Worthington) adattarsi all’interno della sua nuova vita. Ora non è più solamente un leader ma anche un padre, lui e Neytiri (Zoe Saldana) hanno messo su famiglia, siglando per sempre tutte le scelte della precedente narrazione, e aprendo la strada al proprio futuro sul pianeta.

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Gli esseri umani determinati a prosciugare il pianeta sono stati per lo più cacciati mentre sono rimasti, in piccoli insediamenti sparsi, i ricercatori più pacifici. La vita su Pandora, quindi, prosegue prosperosa introducendo al pubblico un periodo di pace in cui vediamo Jake invecchiare e i suoi 4 figli crescere. Il passato, però, ha ben altri piani per questa famiglia, e gli esseri umani non hanno alcuna intenzione di abbandonare i loro precedenti piani di conquista. Il pianeta Terra è in serio pericolo e niente e nessuno bloccherà la sopravvivenza della razza umana a discapito di tutto il resto.

Avatar: La via dell’acqua, quindi, partendo da un incipit apparentemente semplice ma che poi si rivelerà più complesso delle apparenze, spinge i suoi protagonisti ad abbandonare la foresta natia (non per tutti ovviamente) cercando rifugio in altri lidi. Questa scelta, oltre che  trasformare totalmente il contesto in cui gli eventi si muovono, offre a James Cameron anche la possibilità di ampliare la cultura del posto introducendo nuove varietà di flora e fauna, accompagnate anche da clan di Na’vi mai visti prima. Il confronto con i protagonisti diventa ben presto un viaggio verso lidi mai esplorati anche per gli spettatori in sala, coinvolti in una scrittura che avvolge con i suoi dettagli visivi e “nozionistici”.

Nel corso dell’intera storia avremo, inoltre, a che fare con un Jake diverso dal primo film, il suo viaggio continua anche se attraverso un’identità del tutto nuova. Non più l’Eletto ma un padre di famiglia che deve dare tutto se stesso per proteggere i suoi bambini, centrali anch’essi dall’inizio alla fine.

Pandora al centro della narrazione

Come accade con il primo film, anche in Avatar: La via dell’acqua il mondo di Pandora è al centro di ogni singolo sviluppo. Lo si può sentire respirare nel corso della storia, e vedere interagire con i vari personaggi sia in modo diretto che indiretto. La tematica ambientalista è più forte che mai anche in questo seguito, lo anticipiamo subito, come anche una forte critica verso i cacciatori di professione e il mercato nero degli animali.

La lente d’ingrandimento di questa pellicola si sposta nei mari, trasformando alcune sequenze molto forti in discorsi estremamente attuali che potremmo tranquillamente applicare al nostro presente. È vero che i protagonisti hanno la propria vita e i loro obiettivi, ma tutto si muove in concomitanza con un mondo che risulta sempre vivo e in continuo movimento. La sua è una presenza fissa nella narrazione, sia nel bene che nel male. Un vero e proprio “strumento concettuale” con cui il regista delinea il proprio punto di vista oltre la storia, distruggendo continuamente la quarta parete. Quello che abbiamo visto nel primo Avatar non era niente.

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Avatar: La via dell’acqua sfrutta il viaggio dei suoi personaggi per mettere in scena un contesto del tutto nuovo con regole da imparare e una cultura lontanissima da quella cui il primo film ci ha abituati. Da ciò l’incredibile varietà creativa di flora e fauna, e il loro “funzionamento” e ruolo nella vita degli abitanti locali. In un gioco interpretativo ed esplicativo questo sequel ci parla anche della razza umana fuori dalla trama, mettendo in scena ancora una volta la nostra stessa crudeltà famelica, senza il bisogno delle parole.

Avatar: La via dell’acqua, padri e figli

Una delle tematiche centrali di Avatar: La via dell’acqua è quella del rapporto padre-figlio. Qui ritornerà in moltissimi momenti differenti e con più di un personaggio. La vedremo sia con il nostro Jake che altrove, e risulta sicuramente interessante vedere come si configurino i rapporti familiari nel contesto di Pandora. Il nostro Eletto non dovrà semplicemente stabilirsi in un mondo a lui e a noi alieno, ma anche cercare di guidare i propri figli nei meandri di una guerra che non sembra risparmiare nessuno.

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Il film, infatti, oscilla fra due dimensioni ben distinte: da una parte troviamo la storia di questa famiglia che a seguito del trasferimento dovrà trovare il modo di adattarsi a un contesto per loro anomalo, e dall’altra una guerra fatta di azione, morte ed esplosioni.

Un’altro elemento centrale, narrativamente parlando, è la “riflessione sull’’identità”. Chi sono? Chi ero? Chi potrei essere? Sono tutte domande quasi sempre presenti e fondamentali per alcuni sviluppi attuali e sicuramente successivi di questa saga. Alcuni grandi ritorni (se n’è parlato a lungo negli scorsi mesi) come quello del colonnello Quaritch (Stephen Lang), giocheranno moltissimo con questioni del genere, nell’intimo dei suoi silenzi e sguardi.

Una storia, quindi, che guarda principalmente al collettivo, che attinge dal suo passato per rielaborare la formula estremamente classica “dell’eroe che avanza e si erge da solo”, a favore della famiglia e dei legami al suo interno. La vita e la morte diventano il veicolo di un messaggio più grande con Avatar: La via dell’acqua, un mezzo attraverso cui la meraviglia stessa di un mondo alieno riprende vita avvolgendo ogni cosa attraverso la magia della sala, ora fondamentale per apprezzarne ogni singola sfumatura.

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