Dylan Dog tra Old Boy e il nuovo incubo, l’intervista a Roberto Recchioni

Abbiamo intervistato in esclusiva Roberto Recchioni, curatore di Dylan Dog e autore della rivoluzione che ha portato di nuovo i riflettori sull’Indagatore dell’Incubo.

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a cura di Massimo Costante

Senior Editor

Cosa è cambiato in Dylan Dog in questi anni? Lo abbiamo chiesto a Roberto Recchioni. “Lui stava lì, guardava verso di me… Ma c’era qualcosa di strano… sembrava come se non mi vedesse”. Ero come un uomo invisibile. Essere invisibili, essere ignorati, come se non esistessimo, può essere un vero incubo. Come se non bastasse, suonando il campanello della porta dell’Indagatore dell’incubo ci urla terrorizzandoci ancora di più. Ci apre la porta un individuo che sembra Groucho Marx, una “sagoma”, lui ci chiama “untassì”, come direbbe alla bella Bree Daniels, ma noi stiamo cercando Dylan Dog.

Non si tratta di un brutto sogno, ma della realtà di un fumetto che da oltre trent'anni fa sognare milioni di lettori. L’indagatore dell’incubo, nato dalla penna di Tiziano Sclavi e pubblicato dal papà di Tex, Sergio Bonelli, ha debuttato con lo storico albo “L’alba dei morti viventi” (#1, Sclavi-Stano, 1986) uscito nell'ormai lontano ottobre del 1986. Da allora, è stato il secondo fumetto più venduto in Italia, superando per alcuni mesi anche il primato di Tex.

Dylan Dog e la nuova alba del ciclo 666

Come per ogni icona artistica, anche Dylan Dog ha risentito del peso degli anni, proponendo anche storie ormai sottotono e che non appassionavano i lettori come accadeva agli albori. Nel 2013 prende il timone della testata il nuovo curatore Roberto Recchioni, già autore di alcuni dei fumetti italiani di maggior successo come Orfani e John Doe, ma anche di alcune delle storie di Dylan Dog più apprezzate degli ultimi anni come “Mater Morbi” (#280 Recchioni – Carnevale, 2010).

L’autore romano si dà subito da fare, rafforzando l’esistenza di un “multiverso dylandoghiano”, ovvero tante diverse realtà possibili che coesistono nello stesso piano, consolidando questo elemento narrativo già con “Spazio Profondo” (#337, Recchioni-Mari, 2014), per poi introdurre un nuovo villain, John Ghost e i due nuovi comprimari l’ispettore Tyron Carpenter e il sergente Rania Rakim. Ma le novità al canone dell’inquilino di Craven Road non si fermano qui: il caro e vecchio ispettore Bloch finalmente arriva alla tanto agognata pensione, pur continuando a restare al fianco di Dylan in quasi tutte le sue indagini, mentre un meteorite minaccia di distruggere la Terra. L’epilogo è incredibile: la meteora giunge sulla Terra distruggendo quasi ogni cosa, mentre un immemore Dylan si trova ad affrontare lo stesso Tiziano Sclavi in “E ora, l’apocalisse!” (#400, Recchioni-Stano e Roi, 2020), dove, però, Groucho perderà la vita.

Il numero #401 “L’alba nera” (#401, Recchioni – Roi, 2020) ci fa conoscere un Dylan che in apparenza sembra diverso, dove i personaggi che conosciamo hanno una collocazione differente: il nostro Dylan porta la barba, indossa un vistoso cappotto lungo nero e il suo assistente è un curioso omaccione di nome Gnaghi, il cui vocabolario si limita al solo “Gna”.  Inoltre, Bloch è il padre adottivo di Dylan, Rania si scopre essere l’ex moglie e tante cose vengono ri-narrate in chiave diversa nel ciclo “666”, che in questi mesi sta appassionando i lettori, lasciandoli colmi di sorpresa e di domande.

Ma Dylan Dog è veramente cambiato?

Noi lo abbiamo chiesto direttamente a Roberto Recchioni.

Dylan Dog, secondo Roberto Recchioni: l'intervista

Quanto è stato difficile arrivare al n. 400, con tutte le modifiche apportare al canone originale di Dylan Dog, l’aggiunta di nuovi personaggi, ma soprattutto l’epilogo che ci ha proiettato nella realtà del ciclo 666?

 Sì, è stato complicato, anche perché tutto fa parte del progetto iniziale (che trova compimento anche con la nuova uscita dell’Old Boy di questi giorni), un progetto voluto da me e da Tiziano che intendeva rimodulare un po’ tutta la comunicazione di Dylan, ma soprattutto renderlo di nuovo un fumetto interessante, imprevedibile e in cui poteva succedere di tutto. Il Ciclo della Meteora è stato complicatissimo, forse anche troppo lungo nella sua fase preparatoria, infatti se dobbiamo riconoscere un difetto è che ha fin troppi episodi, quindi avremmo dovuto accorciarlo un po’, per dare maggiore incisività a ciò che sarebbe arrivato dopo, ma non abbiamo certo la pretesa di fare tutto perfetto. Tuttavia, il Ciclo della Meteora è stato accolto molto bene, in termini di vendite è andato molto bene, ha contenuto degli episodi che sono stati molto apprezzati, siamo arrivati al 399 che era un numero complicatissimo, che ha richiesto la lavorazione di tante persone, tra cui proprio Tiziano nel finale, per poi arrivare al 400 che era un numero che avevo chiarissimo in testa. Si può dire che l’ho scritto ad occhi chiusi, sicuro di ciò che stavamo facendo e di come lo avrebbe disegnato Stano. È stato un enorme successo, complici anche le 4 cover e il best seller cartonato in libreria. Dal 400 in poi c’era tutta la volontà di rinarrare le origini di Dylan fino al 406.

Ci sono alcuni tratti immutabili che fanno sì che Dylan Dog sia sempre Dylan Dog. Pur cambiandone alcuni elementi narrativi, quali sono per te questi elementi intoccabili?

 Io non credo di aver stravolto Dylan, anzi. Questo “Anno Uno” del Ciclo 666, è una sottolineatura dei tratti cardini di Dylan, infatti in questi numeri li vediamo tornare al loro posto. Secondo me gli elementi di Dylan che contraddistinguono sono sempre gli stessi: l’empatia, il romanticismo, la capacità di proiettarsi sul diverso “mostro” e prenderne le parti e, infine, il dubbio, ovvero ciò che rende imprevedibile le storie di Dylan che poi lo differenziano da Tex. Dylan non è un personaggio carico di certezze, non ha sempre la verità in tasca, non è sempre capace di distinguere i buoni dai cattivi, mette in dubbio non solo tutto ciò che lo circonda ma anche sé stesso.

Dopo il 405, il Dylan Dog “originale” sembra si trovi in un’altra dimensione, che comunica con l’attuale Dylan del ciclo 666. Lo vedremo ancora influenzare le storie in questo modo?

 La componente del Multiverso, ovvero i molti Dylan che coesistono nello stesso piano della realtà interagiscono tra di loro, è qualcosa che è stato già introdotto in passato da Tiziano. Proprio in “Storia di Nessuno” (#43 di Sclavi e Stano, 1990, N.d.R.) un Dylan del futuro salva il Dylan del presente. È un tema che tornerà sicuramente nelle storie, perché è un elemento tipico del canone dylaniato.

Col ciclo 666 si è data alla testata la serialità che conosciamo. La serie regolare sarà sempre gestita in questo modo? O possiamo aspettarci il ritorno del “Fine dell’episodio” sostituito da tempo dal CONTINUA?

 Andremo avanti con cicli narrativi, intervallati da storie auto-conclusive ed autonome. Quindi, adesso finisce il ciclo 666 col #406 L’ultima risata, ci saranno due storie autonome, poi il ciclo di Claudio Chiaverotti, poi ancora due storie autonome e proseguendo un nuovo ciclo.

Cicli narrativi come il 666 vedranno mai un’edizione cartonata integrale?

 Credo di sì. Una forma di raccolta probabilmente ci sarà.

A differenza di ciò che potrebbe sembrare, Gnaghi ha bisogno di vedere costruito a dovere ciò che “non dice”. È più difficile scrivere Groucho o Gnaghi?

 È più difficile scrivere di Gnaghi, anche perché si tratta di un personaggio con cui abbiamo meno confidenza. Groucho lo conosciamo da decenni scritto da Tiziano, mentre Gnaghi è scritto su pochissime pagine da parte di Tiziano, sul suo romanzo “Dellamorte Dellamore” (Ed. Camunia, Tiziano Sclavi, prima edizione, 1991 N.d.R.), lo vediamo nel film tratto dal romanzo originale (Dellamorte Dellamore, Italia, 1994, regia di Michele Soavi, N.d.R.), quindi è un po’ più complicato portarlo sulle pagine. In più, Gnaghi è un personaggio molto complesso, ha dei lati un po’ inquietanti, che in questa nuova rappresentazione su carta abbiamo un po’ ammorbidito (abbiamo omaggiato ciò che si vede nel film, ovvero il suo amore per la testa della bambina, ma abbiamo preferito non entrare nel dettaglio).

La nuova collocazione dei personaggi introdotta nel ciclo 666, appare, per certi versi, più naturale che in precedenza (vedi Bloch-papà adottivo o Rania-moglie). Da quanto tempo avevi realizzato tali connotazioni?

 Sin dall'inizio della loro creazione. Il problema di Dylan, è che quando studi il personaggio ti rendi conto che si tratta di un soggetto creato in corsa e sviluppato in corsa, quindi contiene una serie di incoerenze, buchi narrativi… pensa un po’ come è stato fatto con altri fumetti come, ad esempio I Fantastici 4 […], ovvero la risoluzione che spiega le loro origini che vede la loro nascita insieme al Dr. Destino. Con Dylan è stato la stessa cosa. Come giustifichiamo che in alcuni albi Dylan si beve una birra? Lo giustifichiamo spiegando che è ancora un alcolista. Come giustifichiamo il fatto che le origini di Dylan parlano di genitori adottivi, che, però, a un certo punto a Tiziano l’idea non è piaciuta e, infatti, non ha mai approfondito la questione? Parlando di Francesco Dellamorte, perché sembra un po’ Dylan Dog, ma in realtà non lo è? Quindi, diamo un senso organico a tutto. Prendiamo le origini di Francesco e uniamole con quelle di Dylan e creiamo quella coerenza mancante. Poi, perché nessuno si è mai chiesto il perché Dylan lascia la polizia per diventare un indagatore dell’Incubo?

Abbiamo visto qualcosa del genere ne “Il Lungo Addio”, dove lui trova la sua pistola e vede il suo primo mostro (poi rivelatosi il suo contendente nell’amore per Marina N.d.R.).

 Sì, però non c’è nessuno che ti fa vedere un Dylan che prende la decisione di diventare l’Indagatore dell’Incubo! Le origini di Xabaras, gli zombi, colleghiamo tutto insieme e diamo una progressione organica: Dylan vive nel villaggio dove fa il becchino, lo stesso villaggio dove Xabaras fa i suoi esperimenti e vede gli zombi per la prima volta. L’operazione è stata “smontare e ricucire” tutto, in modo da dare una vera cronologia storica che funzioni anche oggi, senza fare particolari distinguo. Come ad esempio, il finale de “Gli Uccisori” (#5 di Sclavi e Dell’Uomo, 1987, n.d.r.) che è completamente fuori dalle righe. Perché Dylan uccide a sangue freddo? Nel 405 abbiamo dato la risposta.

Ma perché eliminare un personaggio come Lord Wells?

 Wells era un personaggio fortemente disprezzato da Tiziano Sclavi. Wells era un deus ex machina, piazzato a caso in una storia, con una caratterizzazione abbastanza odiosa, tutto sommato rappresentava il classico imperialista inglese, classista, ed era da tempo che dicevo a Tiz che il cattivo del numero 405 doveva essere essenzialmente lui. La soluzione degli aziendalisti (vista nell’originale “Gli Uccisori” #5 del 1987, N.d.R.) e il Bad Detector di Wells era troppo comoda: se esistesse, perché non usarla in ogni storia?

L’Old Boy è il porto sicuro dei lettori di vecchia data, o che magari non hanno apprezzato fino in fondo i cambiamenti apportati alla serie regolare. Non appare troppo diverso dai contenuti del vecchio Maxi e dall’Old Boy Maxi, eccetto che per la frequenza. Nasce puramente per un’esigenza di mercato?

 Nasce sicuramente per un’esigenza di mercato, ma nasce esattamente sette anni fa, ovvero quando sono salito a bordo e abbiamo ristrutturato le testate di Dylan, ci siamo detti che ogni testata deve avere la sua voce e il suo carattere. Quindi, il Color Fest è diventato il posto dove trovano spazio gli autori un po’ più lontani da Dylan con forti sperimentazioni narrative, il Dylan Dog Magazine per le storie di approfondimento della serie regolare, lo speciale annuale porta avanti l’universo alternativo creato da Bilotta, mentre l’Old Boy porta avanti quel Dylan così com'era prima. Il problema era che la testata non era abbastanza incisiva, volevo che avesse più forza, volevo che pubblicasse 12 storie all'anno, ovvero una reale alternativa alla serie regolare, perché a me piacciono tanto i Beatles quanto i Rolling Stones: se la serie regolare sta ai Beatles, che sperimentano e vanno ad esplorare sonorità diverse, dall'altra parte voglio anche i Rolling Stones che mi fanno il loro blues classico e suonato bene che mi piace alla stessa maniera.

Senza sottovalutare quei lettori che, latitano dalle edicole per moltissimo tempo, e alla stregua di un Diabolik, che ha delle storie con degli elementi narrativi pressoché immutati, magari si aspettano il caro e vecchio Dylan, ma poi si trovano il “Ciclo 666” con tutti i cambiamenti che conosciamo. L’Old Boy non tradisce quei lettori e offre loro ciò che vogliono.

 Sì, però c’è da dire il Dylan di una volta era una testata improbabile, che proponeva storie strane, in questo Old Boy farà lo stesso, però senza quegli elementi di continuity che ne alterano il personaggio. È come quando la DC Comics fa Legend of The Dark Knight, che era la testata dove si raccontavano le storie di Batman senza continuity […].

“Montanari & Grassani” ci fanno sentire a casa. Quali altri autori storici verranno coinvolti sull’Old Boy?

 Proprio per dimostrare che l’Old Boy è anche novità, nel prossimo numero avremo Di Vincenzo, che è bravissimo, ha uno stile classico, ma poi ci sarà anche Paolo Bacilieri, che ha un tratto fortemente di rottura, in compenso, gli sceneggiatori saranno più tradizionali. Questo mese avete trovato la Baraldi e la Contu, il mese prossimo Secchi e Porretto-Mericone che sono voci più canoniche. In realtà era proprio per dare un segno: nel Dylan classico alla fine c’erano proprio storie che non ti aspetteresti. Proprio alla fine della prima storia, vedi un Dylan che è al cinema e che sta vedendo un film, quindi un finale molto rassicurante.

Scriverai mai una storia per l’Old Boy?

 Sì, non subitissimo, perché sono preso da un’altra storia con Corrado Roi, ma la scriverò.

Com’è scrivere Batman?

 È emozionante. In realtà è molto più che scrivere Batman, perché questo ciclo narrativo sarà una lunga scarpinata nell'universo DC più oscuro, infatti apparirà John Constantine e altri personaggi della DC, c’è Catwoman e tantissimi cattivi che riguardano proprio il Cavaliere Oscuro, quindi è piuttosto divertente. Poi è emozionante pensare che la serie uscirà in tutto il mondo ed è un ottimo modo per presentare Dylan.

Che tipo di libertà ti è stata data sulla scrittura dei personaggi?

 Libertà molto forte. Ho fatto delle riflessioni con DC e Vertigo all’inizio e abbiamo deciso di trattare Batman e Dylan fuori continuity, perché se li avessimo presi dalla continuity io non avrei potuto usare Alfred e Groucho per esempio, perché in questo momento Alfred è morto nell'universo DC e Groucho pure. Quindi si è deciso di usare i personaggi nella loro realtà più canonica. Libertà massima, nella misura in cui poi devi rispettare anche lo spirito dei personaggi: Batman non farà mai cose che Batman non potrebbe mai fare, ma Selina Kyle fa le cose che lei farebbe, se ho scritto che Selina va a letto con Dylan…la DC non mi ha detto nulla.

Quale delle vecchie storie di Dylan Dog avresti voluto scrivere?

 Sicuramente “Memorie dall’Invisibile” (#19, Sclavi-Casertano, 1988 N.d.R.) una delle più belle storie italiane. È una storia perfetta.

Qual è stato, secondo te, l’albo più riuscito e quello meno riuscito della tua gestione?

 Non potrei dirtelo, perché se dico un albo mio, mi farei i complimenti da solo, se dico l’albo di qualcun altro rischierei di offendere tutti quelli che non ho tirato in campo. Ti posso dire che come esiti, relativamente alla risposta del pubblico, sono molto contento di com'è andato il Dylan con Dario Argento che è stato un successo enorme, sono molto felice di com'è andato il 400 con un successo molto più grande di come ce lo aspettavamo, ma non posso darti una risposta in termini artistici.

Quale autore vorresti in Dylan Dog?

 Difficile. Degli italiani adesso abbiamo a bordo Lorenzo Palloni, che è uno sceneggiatore che è una delle voci più interessanti del nuovo fumetto italiano, quindi sono felicissimo di averlo con noi, per il resto non saprei dirti, anche perché Dylan dispone veramente dei migliori artisti sulla piazza. Certo, mi piacerebbe avere delle pagine disegnate da Rafael Grampà e Frank Miller come sceneggiatore. Sognare non costa nulla.

Tu sei riuscito a scrivere di un personaggio iconico come Batman, e ti sfido a immaginarti 10-15 anni fa a poter sceneggiare l’Uomo Pipistrello, quindi non sarebbe così impossibile.

 Ma guarda, il problema degli autori stranieri non è il tanto sognare, Dylan vende molto di più dei fumetti stessi americani, quindi i pagamenti di Dylan sarebbero assolutamente adeguati. Il problema è introdurre Dylan a chi non lo ha mai letto, come nel caso di un artista straniero, se è difficile spiegare Tex, è un incubo spiegare Dylan!

Ci sta, è molto appropriato direi!

Il “citazionismo” è una costante di Dyd. Tuttavia, quello messo in opera da te sembra avere connotazioni differenti rispetto a quanto fatto da Sclavi o da altri autori. Cosa vuol dire per te “citare” in un albo di Dylan?

 Secondo me bisogna capire che cosa si intende per citazionismo. Il citazionismo de “Gli Intoccabili”, dove viene riproposta in scena il momento della scala de La corazzata Potëmkin, è certamente citazionismo. Personaggi che parlano di opere di finzione si tratta di dialoghi referenziali. Nei film di Tarantino, dove i personaggi parlano di altri film o di altre opere, non sta facendo citazionismo ma sta mettendo in atto dialoghi referenziali. Tiziano ha usato entrambe le forme sin dal primo numero, quindi il primo numero conteneva tantissime citazioni visive e altrettanti dialoghi referenziali: Dylan va al cinema e parla del film che in quegli anni era in sala. Il Dylan di Tiziano fa sempre riferimento a film che lui ha visto, ne parla proprio, dei film che ha visto, dei libri che ha letto. Il mio Dylan fa esattamente la stessa cosa. Quindi, secondo me non c’è differenza, anzi c’è una differenza di pubblico sostanziale, che è nel pubblico dell’epoca che compone la prima generazione di Dylan Dog, quelli che “I primi cento erano meglio”, che, però, non hanno colto quelle citazioni. Perché non le vedevano, non c’era internet, perché hai letto “Alfa e Omega” e hai pensato che quel monologo finale fosse roba di Tiziano e invece si trattava di Blade Runner. Vi basta questo per capire quanto Tiziano fosse lanciato sulle citazioni, molto più di me.

La nostra intervista si chiude qui, con la consapevolezza che Dylan è sempre Dylan. Intanto, ci prepariamo al gran finale del ciclo 666, il numero 406 “L’ultima risata”, che vedrà il confronto tra Dylan e il pericoloso assassino che sembra avere proprio le sembianze di Groucho. Si tratta di una “nuova collocazione” del personaggio in questa realtà alternativa, oppure di un ennesimo sosia, però pazzo e assassino?

La risposta arriverà il 30 giugno in edicola, ma anche sulle nostre pagine con un’immancabile recensione completa. Non perdetevela!

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