I Care a Lot, recensione: la rivincita delle prede

I Care a Lot è una raffinata commedia sulle contraddizioni e sulle scorrettezze della società americana, dove vince quasi sempre chi si dimostra spietato.

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a cura di Domenico Musicò

Disponibile dal 19 febbraio su Amazon Prime Video, I Care a Lot è uno spietato spaccato di vita dove inganno, vendetta e biechi giochi di potere tratteggiano le torbide dinamiche di un tessuto sociale americano malato e corrotto. Il film di J Blakeson, a metà tra commedia nera e thriller, mette in luce una società moderna in cui non esiste nessuna empatia, dove conta solo arrivare ai propri scopi usando qualunque metodo. Il rimorso non è contemplato, il dispiacere nemmeno: o si mangia o si è mangiati.

È in tal senso emblematica la frase iniziale che punta a dividere il mondo in due tipi di persone: agnelli o lupi, senza vie di mezzo e senza classi intermedie. Chi nella vita esita o non ha coraggio si sta solo preparando a soccombere, spianando la strada al predatore che è pronto a divorarlo senza alcun indugio. E quando si è soli, vecchi e non ci si può nemmeno difendere? Nessun problema, c'è a chi importa molto del destino altrui, ma non di certo per autentici slanci di magnanimità.

I Care a Lot, la cura dell'inganno

I Care a Lot narra la storia di Marla Greyson (Rosamund Pike, nominata ai Golden Globe), tutrice legale senza scrupoli a cui il tribunale affida anziani in difficoltà. La donna è però tutto fuorché una benefattrice o una buona samaritana dagli umili intenti: assieme alla sua partner in affari e amante, Fran (Eiza González), è in verità una scaltra truffatrice che ha trovato un metodo rodato ed efficace per ottenere la custodia di anziani indifesi, a cui porta via letteralmente tutti i risparmi di una vita. Grazie a un medico compiacente che diagnostica stati di salute precari, e grazie soprattutto alla poca attenzione di un giudice che non sospetta mai di nulla, la donna riesce sempre a farla franca e a portare avanti indisturbata il suo sporco gioco.

In tribunale Marla si dimostra affabile, attenta alle esigenze altrui, accorata, impeccabile: finge di essere una a cui importa molto del destino della povera gente, per poi ordire piani di raggiro e godersi la bella vita mentre gli anziani vengono sedati e tenuti sotto controllo in una casa di cura. In che modo? Marla ha oliato i giusti ingranaggi e ha persino il controllo totale delle medicine che vengono somministrate ai suoi "clienti", ricompensando lautamente infermieri e medici. Un giorno l'attenzione di Marla cade su Jennifer Peterson (Dianne Wiest, due volte premio Oscar), abbiente anziana che dai documenti risulta essere senza figli ed eredi. Come da prassi, basta dunque farle diagnosticare un po' di demenza senile che non la rende più autosufficiente e il gioco è fatto. Oppure no?

A differenza degli altri casi, accade che Jennifer Peterson non sia esattamente la tranquilla anziana della porta accanto, e che in verità la sua vita apparentemente perfetta nasconda un enorme segreto e dei fitti legami con un gangster. Quando Marla e soci la portano via con forza dal suo appartamento e la sbattono senza troppi complimenti in una casa di cura, si attiva sottotraccia la ricerca serrata da parte di un uomo (Peter Dinklage) capace di muovere mari e monti pur di liberarla. Chi è esattamente Jennifer Peterson? E quanto è disposta ad andare a fondo Marla pur di non far fallire il proprio piano? In quasi due ore, I Care a Lot racconta per filo e per segno le derive più spietate della nostra società, facendo venire a galla verità che ci ostiniamo continuamente a rifiutare.

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Vince davvero il più forte?

Il film di J. Peterson, attraverso le parole di Marla Greyson, punta a far comprendere allo spettatore che la vita è una giungla urbana dove le regole esistono solo per essere aggirate e farle volgere a proprio favore. Inoltre, punta il dito verso chi conduce una vita di lussi sfrenati e di grande successo, dimostrando che chi sceglie di essere un cittadino modello e un grande lavoratore che si affatica per le briciole non otterrà mai nulla di grande. Allo stesso modo, I Care a Lot fa una profonda e intelligente critica verso coloro che accumulano grandi ricchezze, raggiungibili solo sporcandosi le mani e con loschi sotterfugi.

Odierete Marla Greyson e le sue vili azioni, perché il suo è un personaggio estremamente negativo ma dannatamente reale, fiero esponente di una categoria di persone in grado di non fermarsi mai davanti a nulla. Quando dovrà alzare la posta in gioco e si ritroverà a sua volta a essere una preda braccata da un predatore ancora più grande, come si comporterà? La prova attoriale di Rosamunde Pike è davvero di alto livello, credibile e in grado di bucare lo schermo grazie a un personaggio interpretato senza nessuna sbavatura. Non è da meno Dianne Wiest nei panni di Jennifer Peterson, che coi suoi sguardi maligni, profondi e la sua mimica facciale riesce a comunicare l'identità multiforme di un'anziana dalla mente vivace e scaltra.

Nel mettere in scena un raffinato gioco di inseguimenti, dove i ruoli di preda e predatore s'invertono a più riprese, I Care a Lot vuole seguire l'idea secondo cui non c'è scampo per il debole. Al contempo, grazie a un finale inaspettato che sa come controbilanciare ingiustizie, soprusi e malefatte, il film mostra con grande abilità quale sia l'altra faccia della medaglia del malaffare. Se lo spettatore avrà un forte senso di soddisfazione testimoniando ad alcune soluzioni di sceneggiatura che premiano gli effetti benefici del karma, dall'altra parte rimarrà con la consapevolezza che il crimine paga quasi sempre, certamente più di quanto dovrebbe. I Care a Lot non è un film ruffiano e carico di buoni sentimenti, ma è quello di cui abbiamo bisogno per capire ancora meglio in quale direzione è andato il mondo in cui viviamo.

Se amate le storie come I Care a Lot, dove avvengono improvvisi cambi di prospettiva, ci sentiamo di consigliarvi la lettura del più popolare romanzo di Tom Wolfe: Il Falò delle Vanità. Lo trovate a questo indirizzo.