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Il Prodigio, recensione: una guerra infinita

Il nuovo film Netflix con Florence Pugh chiamato Il Prodigio arriva sulla piattaforma, portando con sé un mistero tutto da scoprire.

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Avatar di Giulia Serena

a cura di Giulia Serena

Editor

Pubblicato il 19/11/2022 alle 20:00

L'eterno dibattito tra scienza e fede, al fine di comprendere quale sia il maggior portatore di benefici, continua tutt'oggi a creare discussioni. A prescindere da quale sia la fazione vincente — sempre che debba essercene una — rimane un dibattito ricco di spunti per produrre una moltitudine di media, tra film, serie TV, trasmissioni televisive, video informativi o prodotti cartacei, come riviste, articoli di giornale o libri. Insomma, è uno dei temi più carichi di argomentazioni mai creati dall'uomo, con una miriade di conseguenze impattanti sulla storia dello stesso. Non a caso, dunque, nasce Il Prodigio, nuovo film Netflix ambientato nelle Midlands irlandesi verso la metà del 1800.

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Quale miglior epoca ricca di innovazione, ma anche di rivendicazione e accanimento verso i pilastri del passato, per porre ancora una volta il dibattito al centro delle scene? Il regista nonché sceneggiatore Sebastián Lelio ha ben pensato di porre al centro delle vicende una storia contorta e ricca di mistero, strizzando però costantemente l'occhio a entrambe le fazioni. Così facendo, si è dato motivo allo spettatore di non andar dritto verso una delle due basandosi solo sulla propria opinione, ma cercando di trovare una dimensione coerente nei confronti dell'opera in base alle vicende che si susseguono a schermo. E, forse, non è proprio questo l'obbiettivo di un dibattito?

Il Prodigio che non voleva mangiare

Partiamo da un presupposto importante: "il prodigio" posto come titolo dell'opera non fa riferimento ad Anna, la bimba protagonista di per sé, bensì allo stupore generale del mondo al fatto che ella possa sopravvivere senza mangiare da oltre quattro mesi. La prima parte del film — senza fare spoiler — si basa sull'indagine svolta dall'infermiera Lib Wright (Florence Pugh), inviata nella casa insieme a una suora per svelare quale sia la verità; una fazione sostiene infatti che la bambina riesca veramente a sopravvivere senza avere bisogno di cibo perché ritenuta santa, mentre l'altra ritiene che venga nutrita in qualche modo.

Il gruppo chiamato a dare una spiegazione finirà con lo scontrarsi a più riprese con le novità fornite dall'infermiera, la quale però cercherà sempre di porre l'opinione scientifica aldilà di quella religiosa. Ed è proprio qui che nasce il vero prodigio di questo film, ossia la capacità di introdurre dei personaggi dai principi forti, praticamente impossibili da distruggere, a partire dalla famiglia della ragazza, i cui ideali sono talmente tanto radicati all'interno della religione che le azioni compiute dall'infermiera vengono ostracizzate anche quando producono dei risultati positivi.

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Lo stesso vale per buona parte del cast, facendo fuoriuscire come la controparte scientifica venga considerata, ma solo perché si è arrivati a un punto del progresso medico per il quale non è possibile fare altrimenti. Oltretutto, il fatto che a compiere queste assunzioni in contrasto con l'opinione generale dei personaggi sia una donna non rende il suo compito meno complesso. La fedeltà al periodo storico nel quale si svolge la storia è dunque decisamente centrata, con una riproduzione accurata anche del contesto sociale nel quale veniamo catapultati. Per quanto possa essere il 1862, le Midlands irlandesi non rappresentano comunque Londra o Parigi, ma un luogo in cui è possibile che un evento di tale portata possa esser gestito in questo modo.

Bigottismo colorato

In generale, il bigottismo dilaga e traspare durante tutti i minuti necessari per la visione de Il Prodigio, facendo ulteriormente trasparire come il centro del focus dell'opera sia la stranezza occorsa alla giovane Anna, ma senza un contorno caratterizzato al meglio una vicenda così surreale non avrebbe la stessa risonanza. C'è da evidenziare come purtroppo il ruolo dei familiari sia relegato a mere comparse per sostenere la fazione religiosa, motivo per il quale risulta spesso forzata la reazione disperata degli stessi a qualunque cambiamento in negativo della salute della giovane. Insomma, in un mondo così ben dettagliato e funzionale per sorreggere la trama, stona decisamente troppo il non aver speso del tempo per delineare meglio la famiglia, o perlomeno la madre.

Quando andiamo a parlare di ciò che vediamo a contorno della trama principale non bisogna soffermarsi solo su come il contesto storico si incastri perfettamente con la trama, ma anche al comparto scenografico, ai colori scelti e al vestiario. Non è un caso come la scelta quasi monopolizzante di colori così poco accesi, partendo dalle abitazioni per finire con gli abiti indossati dai personaggi, riesca a far risaltare una trama tra il tetro e lugubre. La costante presenza di pigmenti poco riflettenti, così come possono essere un giallo o un rosso molto accesi, non rendono spenta l'immagine, anzi. Essendo lo spettatore costantemente bombardato da una sensazione di incertezza riguardo ciò che sta accadendo, senza aver mai una possibile soluzione, le atmosfere cupe rendono la visione perfettamente in linea con l'obbiettivo del film.

Guarda su

In conclusione

Il costante scontro tra idee religiose e scientifiche viene messo al centro di una vicenda dal sapore quasi medievale, svolgendosi peraltro in un'epoca posta esattamente al centro tra futuro e passato. La scelta poi di ambientarla in una zona del mondo in cui la rivoluzione industriale non era sicuramente preponderante nella seconda metà del 1800 riesce a restituire l'idea di un'opera in grado di abbracciare diversi periodi storici in uno. L'alone di mistero che avvolge la pellicola non rende semplice comprendere nello specifico di cosa soffra Anna, però è proprio questo il senso stesso della religione. Non si è in grado sempre di capirla, ma è la fede a spingere coloro i quali desiderano credervi a farlo.

Una scelta dei colori notevolmente azzeccata riesce a mettere in risalto tutto, a partire dal contesto generale dell'opera alla trama stessa, che riesce dunque a guadagnarne in attrattività. La scarsa attenzione ai personaggi di contorno rende però la narrazione troppo incentrata sui suoi protagonisti, lasciando l'amaro in bocca su come molti rappresentino solo lo stereotipo di sé stessi. Qualora siate alla ricerca di un'opera ricca di mistero, allora Il Prodigio è proprio il prodotto Netflix a caso vostro. A meno che non siate impauriti dai tubi in gola, allora girate a largo.

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