Io Sono Shingo n.7, la recensione del volume conclusivo

Il 26 agosto arriverà l'ultimo volume di Io Sono Shingo di Kazuo Umezu. Ecco a voi la recensione in anteprima.

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a cura di Giovanni Arestia

Il 26 agosto arriverà nelle librerie e nelle fumetterie italiane l'ultimo volume della celebre opera realizzata da Kazuo Umezu (amichevolmente conosciuto come Kazuo Umezz), Io Sono Shingo. Edizioni Star Comics ha deciso di portare nel nostro Paese questa opera in bianco e nero (con alcune tavole a colori), localizzandola in italiano per consentire a tutti gli appassionati di fruire senza problemi del prodotto.

La serie inaugura anche la collana Umezz Collectionn caratterizzata da volumi di grande formato con oltre 300 pagine. Abbiamo avuto modo di leggere il settimo volume in anteprima ed ecco a voi la recensione.

Io Sono Shingo: la curiosità che porta ad uno strano amore

La storia di Shingo (conosciuto inizialmente come Monroe in onore di Marilyn Monroe), un semplice robot con una intelligenza artificiale molto rudimentale, ha luogo in Giappone nei primi anni '80. Sono indubbiamente anni di grandi cambiamenti per il mondo, ma soprattutto per la terra del Sol Levante che in quel periodo assiste ad una serie di innovazioni tecnologiche di grande importanza sia nel campo industriale che in quello dell'elettronica di consumo e della comunicazione.

Uno dei co-protagonisti della storia è un giovanissimo ragazzo di nome Satoru, che un giorno viene a conoscenza che nell'azienda del padre sta arrivando un nuovo robot industriale. Appassionato di tecnologia e informatica e curioso di vedere la macchina considerata al tempo di ultima generazione, Satoru può finalmente ammirarla durante una visita guidata con la scuola nella fabbrica. Quello stesso giorno fa la conoscenza di Marin, una coetanea di cui si innamora immediatamente.

Una sera i due ragazzini, che condividono le stesse passioni per la tecnologia e la stessa curiosità per il robot, decidono di entrare di nascosto nella fabbrica per giocare con Shingo. Da quel momento iniziano a prendersi cura di lui come fossero i suoi genitori e nel frattempo lo stesso robot inizia a sviluppare una sorta di autocoscienza rudimentale affezionandosi ai due giovani protagonisti.

Nel corso della storia abbiamo ampiamente vissuto tutte le vicende riguardanti la separazione dei due innamorati e dei rischiosi consigli da parte di Shingo. Nel terzo volume, ad esempio, Satoru e Marin, in una disperata fuga d'amore dalle rispettive famiglie, si rifugiano nella fabbrica del robot Monroe per chiedere al computer come fare ad avere un bambino che suggelli la loro unione.

La risposta che compare sullo schermo è: "Saltate dalla cima di 333". Interpretando quel "333" come un riferimento all'alta torre che si erge in città, i due si giovanissimi innamorati si arrampicano sempre più su, mentre i loro genitori, la polizia e una folla di curiosi li osservano terrorizzati da terra.

Per fortuna nessuno dei due si butta, e pertanto la separazione diviene imminente. Nel settimo volume Shingo continua la ricerca dei due ragazzini affinché possa rimetterli in contatto nuovamente. Esperienza dopo esperienza, il robot si evolve così tanto da raggiungere uno stadio di esistenzialità totalmente imprevedibile e inaspettato con effetti talmente grandi da coinvolgere l'intera umanità e sancirne le sorti.

Per raggiungere Marin e Saturo, però, Shingo viene messo di fronte a delle drastiche scelte che richiederanno degli importanti sacrifici. Riuscirà il robot a incontrare i suoi "genitori" e a portare loro il suo messaggio? Cosa dovrà sacrificare per raggiungere il tanto agognato obiettivo?

La paura per le nuove tecnologie passa per la critica alla società

Watashi wa Shingo (il nome originale di Io Sono Shingo) è un'opera dei primi anni '80 che conduce il lettore all'interno dello sviluppo tecnologico e al risveglio della coscienza artificiale. Una storia che fino al volume conclusivo parla di famiglia, sfruttamento dei lavoratori e soprattutto amore ibrido attraverso gli occhi dei protagonisti che essendo due ragazzini vengono guidati più dall'istinto che dalla ragione come, invece, dovrebbe accadere negli adulti.

L'opera di Umezu raggiunge le profondità più recondite dell'io e tratta i più grandi interrogativi del ventesimo e dei primi anni del ventunesimo secolo. I capitoli presenti nel settimo volume mostrano l'apoteosi della crescita esistenziale di Shingo e della sua possibilità di trasformarsi da semplice robot lavoratore in pericolo per l'intera umanità. Proprio quest'ultima è una delle paure più grandi dell'uomo riguardo alla tecnologia che aleggiava negli anni '80.

Oltre a questo fattore, Io Sono Shingo racconta una storia in cui convivono due mondi che sembrano non saper comunicare. Inizialmente sembra che questa mancanza di comunicazione sia data dal binomio uomo-macchina, ma proseguendo nella storia ci si rende conto che invece questi due mondi sono in realtà quello degli adulti e quello dei bambini.

I due piccoli protagonisti si trovano costretti ad urlare contro un sistema composto dagli adulti che risulta isolato e conservatore nelle sue sterili convinzioni. In primis lo sminuire costantemente l'amore ingenuo e fresco dei bambini e poi il disprezzo per la tecnologia quando essa si rivela più utile e funzionale degli adulti stessi in termini lavorativi e psicologici.

Shingo, infatti, non è solo una macchina di grande potenzialità tecnologiche, ma è anche dotata di una coscienza propria in continua evoluzione. Un braccio meccanico collegato ad un computer vergine che giorno dopo giorno inizia a fare la conoscenza del mondo grazie soprattutto ai due giovani protagonisti.

La loro sete di curiosità e il loro amore sveglia la coscienza del robot e ci si rende conto quanto essa sia molto più elastica e aperta di quella degli adulti. Ed ecco che come una sorta di imprinting dettato dagli algoritmi, il computer crea un forte legame con i ragazzini i quali sono pronti a tutto pur di stare insieme, anche di fuggire dalle proprie famiglie.

Una narrazione geniale e ricca di tensione

In questo settimo volume la tensione è palpabile, più di tutti gli altri volumi messi insieme. Se finora, infatti, i due ragazzini erano disposti anche a morire pur di non separarsi, adesso è la stessa macchina ad essere disposta a tutto pur di rincontrare i due protagonisti e rimetterli insieme. Per "disposta a tutto" si intende anche mettere a rischio l'intera umanità e chiedere l'aiuto ad inermi ed incoscienti animali.

La lettura continua a tenere sempre con il fiato sospeso il lettore rafforzando l'ansia con dei disegni tanto crudi, quanto realistici. Il terrore negli occhi dei protagonisti è palpabile così come l'ansia nella lora fuga disperata alla ricerca di un desiderato incontro. In tutto questo partecipa Shingo con la sua avanzata tecnologia che porta, addirittura, a resuscitare virtualmente un amico dei due ragazzini che cerca di metterli in guardia dal pericolo della cosiddetta "coscienza giapponese".

Insomma, tutta la storia non fa altro che estraniarci dalla realtà immettendoci all'interno di un labirintico racconto pregno di forti e crude emozioni.

Il ritmo narrativo è tutt'altro che statico e lontando da ogni altro esempio del genere. Ogni volume è caratterizzato da brevi tavole che ritraggono Satoru o Marin distanti momentaneamente dalla trama, ma che colpiscono duramente il cuore del lettore grazie ad un perfetto connubio tra romanticismo, action e thriller.

Un inaspettato narratore e una cura artistica ineguagliabile

La trama, inoltre, è raccontata da Shingo che come un narratore esterno descrive in terza persona ogni evento e ogni azione accaduta o che sta per accadere. Un dolce e malinconico racconto che in alcuni frangenti prende piege di sprezzante cattiveria e incredibile incoscienza. Shingo ci ricorda costantemente che è una macchina pertando non dotata di razionalità e nei momenti di pericolo lo dimostra ampiamente.

Sia i piccoli protagonisti che la macchina hanno però in comune una caratteristica: riescono a prendere delle importanti decisioni in poche ore o addirittura minuti. Una cosa del genere sarebbe impensabile per una mente adulta ed è anche questo il motivo per cui la macchina si trova in grande sintonia con i due bambini.

Infine l'intera narrazione continua ad essere sorretta da una buona caratterizzazione dei personaggi, anche quelli secondari e terziari che aiutano o si scontrano momentaneamente con i protagonisti. Per esempio, verso la metà del racconto, Shingo si imbatte in un cane, in dei rettili e in uno sciame di mosche. La genialità di Umezu si vede quando si osserva l'incredibile caratterizzazione di ogni elemento e addirittura alla descrizione dettagliata, sia visiva che narrativa, dello strano rapporto animale-macchina.

Per quanto riguarda la componente editoriale, il lavoro svolto da Edizioni Star Comics è di altissimo livello. L'intero volume è arricchito da numerose tavole a colori che mostrano il tratto inimitabile di Umezu. Sembra di trovarsi all'interno di una scheda madre da cui prendono vita i diversi algoritmi. Sia le tavole con scene di interni che le ambientazioni esterne mostrano un gran numero di dettagli da lasciare esterrefatti i lettori. Ogni elemento ha una diversa percezione prospettica e visiva così da non confondere mai anche il lettore meno attento.

Conclusioni

Io Sono Shingo è quindi un'opera straordinaria di grande virtuosismo narrativo e visivo. Il volume conclusivo mette in mostra tutta la bravura di un grande autore capace di raccontare una storia non banale con semplicità e incredibile bellezza estetica. Il finale, infine, è un qualcosa di talmente geniale ed inaspettato da lasciarvi per ore increduli (o delusi qualora siate dei lettori molto esisgenti) con la voglia di ricominciare la lettura per cercare di captare ogni singolo dettaglio mancante.