Metropolis, ancora tra i migliori film di fantascienza

La lotta di classe che infuocava l'inizio del XX secolo prende forma nel capolavoro di Fritz Lang, che mette in scena un'opera colossale e fonda il mito cinematografico del robot, piantando il seme della lotta tra Uomo e Macchina.

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a cura di Marco Violi

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There can be no understaning between the hand and the brain unless the heart acts as mediator.

(Maria)

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Prima ancora che Aldous Huxley iniziasse la scrittura de Il mondo nuovo e che Orwell cominciasse ad immaginare il suo 1984, decenni in anticipo su Blade Runner e Arancia Meccanica. Prima dell'ascesa di Adolf Hitler e quando Mussolini e Stalin erano al potere solo da pochi anni, il regista Fritz Lang e la sceneggiatrice Thea von Harbou immaginarono insieme il distopico mondo del futuro portandolo al cinema in un modo talmente trascendentale da riuscire, ancora oggi, a influenzare le menti di cineasti e artisti di ogni campo.

Trama e ambientazione

L'opera prende atto nel 2026, cento anni dopo la produzione del film. L'umanità è tornata divisa in classi sociali, cioè proprio quelle che le rivoluzioni dei secoli precedenti si erano prefissate di abolire. La classe dirigente vivere beatamente in splendidi giardini pensili, riccamente adornati e sotto gli occhi della servitù che veglia fedelmente sui propri padroni.

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Le classi più povere, invece, sono costrette ad un'esistenza che non consta d'altro che di lavoro e tenebra, forzate a vivere nei bassifondi della città sotterranea, dove azionano macchinari infernali rischiando la loro stessa vita, che portano avanti tra mille stenti e difficoltà solo per permettere ai più ricchi di godere dei frutti del loro impegno.

Nella primissima scena del film si vedrà il rampollo Freder Fredersen (Gustav Frölich) giocare allegramente in un giardino idilliaco, ricco di flora e fauna, dove dalle grandi fontane sgorga sempre acqua limpida, popolato da bellissime fanciulle che non hanno occhi che per lui: il figlio del sindaco e più grande imprenditore della città, Johann Fredersen (Alfred Abel).

Ma il suo divertimento viene interrotto dalla visita inaspettata di una donna accompagnata da decine di bambini. I volti dei giovani sono tristi e coperti di carbone: vengono dalle viscere della città sotterranea dove vivono gli operai, costretti a una vita durissima per consentire a lui ed ai suoi simili un'esistenza agiata, lussuosa e spensierata sotto la calda luce del Sole.

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La donna si chiama Maria (una strabiliante Brigitte Helm), la sua prima apparizione sullo schermo dura circa un minuto, nel quale non pronuncia che poche parole: "Questi sono i vostri fratelli" dice una prima volta rivolgendosi ai bambini che porta con sé, con espressione materna e dolce, ripetendo la stessa frase subito dopo, parlando però ai ricchi fanciulli che si trovano nel parco, ma con tono severo e sguardo fermo e duro.

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Subito dopo Maria e i figli degli operai vengono allontanati e fatti tornare nella città sotterranea, ma la breve apparizione della ragazza colpisce Freder dritto al cuore. Il rampollo decide di seguire la donna e facendolo si ritrova in mezzo agli operai, nel pieno del turno di lavoro, e si rende conto di quanto siano proibitive le condizioni di vita degli operai.

Father! Father! Will ten hours never end??!!

Queste le parole che il giovane Freder pronuncia dopo aver sostituito un lavoratore stremato alla sua postazione. Da qui si dipana la trama vera e propria del film: la working class, guidata da Maria, lotta pacificamente per ottenere più diritti, mentre Johann Fredersen è in combutta col malvagio scienziato Rotwang (Rudolf Klein-Rogge) per sostituire gli operai con dei robot, poiché teme una rivolta dei più poveri.