Murder Mystery 2, recensione: l'unico vero crimine è questo sequel

Murder Mystery 2 è il sequel del giallo comico di Netflix con Jennifer Aniston e Adam Sandler, un esperimento che non riesce a carburare.

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a cura di Livia Soreca

La coppia più assurda della commedia americana è tornata. Più volte sposati sullo schermo, Adam Sandler e Jennifer Aniston hanno una complicità che vige dai tempi di Mia moglie per finta, incontrata poi in Murder Mystery nel 2019. Un giallo intriso di commedia che riesce a stupire il pubblico, uno di quei film su cui lo spettatore scommetterebbe poco o nulla, accorgendosi poi della grande sorpresa. Annunciato da tempo e approdato su Netflix il 31 marzo, è il turno di Murder Mystery 2, un sequel che accetta una sfida troppo difficile da superare: cercare di essere all'altezza del primo capitolo. Purtroppo l'arguto giallo rischia di spegnersi.

Murder Mystery 2: alla ricerca dell'identità perduta

Dopo i molteplici omicidi svelati nella disavventura precedente, i coniugi Spitz, ospiti del loro amico Mahrajah (Adeel Akhtar) a Parigi, partecipano alla sua festa di fidanzamento con la francese Claudette (Mélanie Laurent), una cerimonia sfarzosa in stile indiano. Ma non appena il Mahrajah è improvvisamente rapito, i protagonisti - ora investigatori privati - hanno l'occasione di mettersi alla prova, affrontando sfide che non si aspettano.

Il cambio di regia in Murder Mystery 2 è una novità. Stavolta Kyle Newacheck (Parks and Reactions, What We Do in the Shadows) cede il posto a Jeremy Garelick (Best. Worst. Weekend. Ever.), e il passaggio si rivela decisivo per la pellicola. La vaga atmosfera alla Hercule Poirot si perde quasi del tutto, e il film si rivela prettamente d'azione. Si fa, infatti, un notevole uso di VFX per una maggiore spettacolarità visiva, quasi come se si volesse stupire più con la scenografia che con il carattere arguto e intrigante. Nel cercare di strafare, l'identità si perde abbastanza, nonostante la sceneggiatura sia sempre firmata da James Vanderbilt. Il risultato è quello di un sequel che sembra quasi forzato, a tratti stridente. Per non parlare del fatto che i crimini, in realtà, siano quasi pari a zero.

Può funzionare una volta, ma poi...

Nonostante la simpatia intramontabile dei protagonisti, a volte le gag sono freddure calanti, alcune trovate sono persino ripetute. Se da un lato può essere una voluta calcata di mano, dall'altro questa ripetitività rischia davvero di stancare e - ancor peggio - di non suscitare neanche un sorriso. Un peccato, perché la coppia Aniston-Sandler resta davvero un punto di forza, insieme alla scelta di riproporre personaggi già noti nel primo film, anche se sempre con una caratterizzazione minima e molto stereotipata. Quelli nuovi, poi, non restano così impressi come quelli della prima disavventura degli Spitz.

Tutto risulta molto frettoloso, dal verificarsi del primo crimine allo sviluppo complessivo della vicenda, fino al colpo di scena che sembra spuntare dal nulla senza un vero e proprio aggancio con tutta la storia, quasi come se fosse stato aggiunto davvero alla fine e non pensato sin dall'inizio. È un plot twist meno brillante, forse un po' pigro. Nonostante le differenze che lo rendono un sequel piuttosto debole e privo di quella grande personalità di Murder Mystery, alcuni fondamentali meccanismi di trama restano i medesimi, eliminando la possibilità di avere quel tocco in più. La prima volta ci si può stupire, la seconda volta è davvero difficile farlo con gli stessi ingredienti, o peggio con alcune componenti persino impoverite.

Murder Mystery 2 è una piccola delusione

Se Murder Mystery di Newacheck ha il dono di risultare credibile nella propria assurdità, l'opera di Garelick ne diventa un'appendice dalla dubbia personalità. Riesce sia ad avere un'identità troppo diversa sia a proporre comunque trovate già viste e sentite, un ossimoro paradossale che però non lascia il segno, e a cui manca qualcosa. Muder Mystery 2 è un esperimento non abbastanza convincente, un sequel debole dal ritmo ingiustificatamente frettoloso e approssimativo, che nel tentativo di strafare con ambientazioni appariscenti e un'azione più marcata provoca invece l'effetto opposto, creando una storia più povera e meno accattivante. Il confronto con il primo capitolo è inevitabile, e il film di Garelick non riesce a reggerlo.