Orbital: difendere la pace galattica

Orbital: vivere in una società interrazziale galattica difendendone la pace.

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a cura di Manuel Enrico

Riuscire a mantenere l’ordine in una galassia popolata da centinaia di diverse specie è un compito arduo, come ci ha più volte mostrato la narrativa sci-fi. Che si tratti di creare una Federazione come in Star Trek o dare vita a un impero galattico come raccontato in Star Wars o in Foundation, l’ordine e il suo mantenimento sono un elemento narrativo impegnativo per un autore, ma che se ben sfruttato può dare vita a opere di grande fascino. Mossi da questo spirito, Serge Pellè e Sylavin Runberg hanno dato vita a Orbital, bande desineè d’oltralpe in cui il gusto per una fantascienza classica trova una nuova dimensione, che si mostra con personalità nei quattro volumi di questo fumetto francese, edito in Italia da ReNoir Comics.

Il concept sociale da cui prende vita Orbital è un topos sci-fi tradizionale: una galassia popolata da diverse razze, con un governo centrale. Andando a ritroso nell’immaginario fantascientifico, questo spunto si trova sin dai grandi classici, come il Ciclo delle Fondazioni o Dune, che hanno contribuito a consolidare questa visione pangalattica. Comprensibile, considerato come l’esplorazione del cosmo è da sempre stata vista come la speranza di incontrare nuovi, strani mondi e nuove civiltà, come ben sanno i trekkie, condizione che apre alla possibilità di una civiltà intergalattica coesa. Visione che nel tempo è diventata parte integrante del nostro immaginario sci-fi, contagiando anche altri media e portando alla creazione di galassie future come quella esplorata in Mass Effect, popolare saga videoludica.

Orbital: la diplomazia galattica nel futuro

Non meno importante è la declinazione di questo concept all’interno del mondo dei comics, che specialmente in terra francese ha mostrato di avere particolare appeal. Senza scomodare i mondi fantastici creati da un maestro del calibro di Moebius, limitandosi a citare il suo operato al fianco di Alejandro Jodorowski in L’Incal, basterebbe citare la saga di Valerian et Laurelin, popolare fumetto fantascientifico francese, che dopo aver ispirato Il Quinto Elemento di Besson ha trovato modo di raggiungere il grande schermo in tempi recenti, sempre per mano del regista francese. A onor del vero, le impostazioni narrative di base di Orbital e Valerian et Laureline sono estremamente simili: due agenti, uomo e donna, che attraversano il cosmo per mantenere l’ordine costituito. Un’analogia che non ha l’amaro retrogusto della banale scopiazzatura, ma che viene optato dagli autori come base comune, figlia come detto di un racconto sci-fi tradizionale, che si spinge in direzioni diverse.

Caleb Swaney e la sua collega Mézoké Izua sono due agenti dell’ODI, l’ufficio diplomatico intergalattico. Situato su Orbital, gigantesca stazione posta al centro della galassia conosciuto, l’ODI ha il compito di garantire l’ordine nella Confederazione, un’entità politica cui aderiscono centinaia di mondi. Tramite i propri agenti, l’ODI cerca di impedire lo scoppio di guerra, sia tramite il dialogo che utilizzando metodi più diretti, motivo per cui i suoi agenti sono non solo ottimi diplomatici, ma anche operativi altamente addestrati.

L’ingresso di Caleb nell’ODI è un passo importante per l’umanità, considerato che la nostra razza è poco apprezzato nella galassia. Recentemente entrata nella Confederazione, l’umanità è reduce da una guerra con i Sandjarr, specie cui appartiene Mézoké, scoppiata in seguito alla nascita di un governo terrestre isolazionista che avrebbe voluto lasciare la Confederazione. Al termine delle ostilità, la Confederazione ha scelto di non bandire l’umanità dal consesso galattico, ma il comportamento dei terrestri ha alimentato una crescente sfiducia verso gli esseri umani.

Per Caleb, essere il primo umano a far parte dell’ODI è una grande responsabilità. Ruolo che per l’uomo ha una valenza personale, considerato che i genitori, ferrei sostenitori della presenza terrestre nella Confederazione, erano stati vittime di un attentato degli isolazionisti, condannando Caleb e la sorella Kristina a crescere senza i genitori nelle strade violente di Praga.

Gli occhi della galassia sono quindi puntati sul giovane terrestre, sia quegli degli isolazionisti terrestri, che vedono in lui un traditore, che quelli delle altre specie aliene, che contano in un suo passo falso per trovare conferma dei loro pregiudizi sull’umanità. L’ODI vede invece in Caleb una chance di rivalsa per la Terra, al punto che lo seleziona per comporre un duumvirato, come sono chiamate le coppie di agenti, con Mézoké, appartente ai Sandjarr, vecchi nemici degli umani. Toccherà a questa strana coppia scoprire uno dei più grandi complotti in seno alla Confederazione, mettendo a dura prova convinzioni personali e fedeltà ai rispettivi mondi.

Diplomazia e sotterfugi in un melting pot galattico

Con Orbital ci si trova davanti a una convincente storia sci-fi, che mostra comunque un terreno comune con altri titoli celebri. Sensazione che in un primo momento è particolarmente sentita, ma che ha il merito di condurre il lettore in una sfera narrativa di cui padroneggia alcuni aspetti, lasciando agli autori il successivo compito di mostrare una personalità e carisma indipendenti. Orbital, sotto questo aspetto, raggiunge pienamente lo scopo, grazie a una caratterizzazione impeccabile della coppia di protagonisti, interpreti di una narrazione emotivamente coinvolgente e tutt’altro che scontata.

La pressione imposta a Caleb, nata dal suo essere il primo umano a servire nell’ODI, è ritratta con una particolare cura nel mostrare la testardaggine dell’uomo, scaturita dalla volontà di riabilitare il buon nome dell’umanità. Una tendenza che viene mitigata dall’approccio più controllato e ligio alle regole di Ménoké, che mette la sua esperienza personale a disposizione del duumvirato, cercando di placare l’irruenza del suo compagno umano. Runberg, autore della storia, coglie il giusto punto di contatto tra queste due differenti personalità, creando una coppia di personaggi vivaci capaci di muoversi al meglio all’interno di una società variegata come quella intergalattica.

Non è semplice riuscire a dare vita a società galattiche diverse e al contempo parte di una più complessa dinamica, ma in Orbital il concetto di Confederazione trova una convincente definizione proprio dalla diversità delle diverse culture aliene. A partire da Cicatrici, primo capitolo della saga di Orbital, appare evidente la cura con cui Runberg ha voluto intrecciare il ritratto di questa galassia con la valorizzazione di slanci narrativi importanti, come razzismo e sfiducia verso il diverso. Per quanto animata da intenti ammirevoli, la Confederazione mostra lati decisamente poco nobili, lasciando emergere lati oscuri che rendono questa organizzazione moralmente promettente piagata da fragilità incredibilmente umane.

Oltre a questa caratterizzazione narrativa, era necessario cogliere anche un’identità visiva che trasmettesse al lettore un immediato senso di varietà, di uniformità sociale che, al contempo, non soffoca l’identità delle singole specie. Serge Pellè ricrea una galassia avvincente e ricca di fascino, in cui emergono i tratti specifici delle diverse razze, mostrando pianeti colonizzati e grandi, soffocanti megalopoli in cui i nostri due eroi si muovono con sicurezza, ritratti in tavole ricche di dettagli in cui Caleb e Mézoké volteggiano a bordo di mezzi fantastici o corrono in mezzo a folle esotiche. L’impianto grafico tradisce la scuola francese, mostrando una familiarità ad altre opere del genere, pur lasciando che il tratto di Pellè possa mostrare una personalità che, nonostante qualche fragilità in alcuni passaggi, si mostra all’altezza della trama di Orbital.

I quattro volumi di Orbital editi da ReNoir Comics (Cicatrici, Nomadi, Giustizia e Implosione) raccolgono una storia avvincente, completa, in cui le idee di Runberg e i disegni di Pellè sfoggiano una sinergia che danno vita a una storia di sci-fi che unisce avventura e riflessione, capace di ritagliarsi i giusti tempi narrativi, lasciando al lettore la sensazione di aver vissuto una fantastica impresa tra le stelle.