Severance: intervista a John Turturro

Dopo aver visto in anteprima il nuovo thriller di Apple TV Plus Severance, abbiamo avuto l'occasione di intervistare John Turturro.

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a cura di Francesca Borrello

Sono disponibili da oggi 18 febbraio su Apple TV Plus i primi due episodi della nuova serie thriller Severance. La serie scritta da Dan Erikson e diretta da Ben Stiller è composta da nove episodi da circa un’ora l’uno che verranno messi a disposizione degli spettatori uno alla settimana fino all’8 aprile.

Abbiamo avuto sia l'occasione di guardare la prima stagione in anteprima sia il piacere di intervistare John Turturro. La serie ruota attorno alle Industrie Lumon e ad un piccolo gruppo di dipendenti a cui è stata fatta una procedura di scissione: la loro memoria è stata quindi separata chirurgicamente tra sfera lavorativa e privata.

Turturro veste i panni di Irving, uno dei colleghi di Mark Scout, il protagonista interpretato da Adam Scott, che, assieme a Dylan (Zach Cherry) e alla nuova arrivata Helly R (Britt Lower), cercheranno di trovare risposte a domande che mai si erano posti prima, mettendo in dubbio il proprio lavoro e persino sé stessi.

Severance: intervista a John Turturro

Ed è proprio parlando di Severance che comincia la nostra intervista, anche se i ruoli sono invertiti. Probabilmente non essendo riuscita a nascondere totalmente l’emozione per essere davanti ad un attore come lui, Turturro ha pensato che fosse il caso di rompere il ghiaccio, chiedendo subito un parere sulla serie e quanti episodi avessi visto. Alla risposta è rimasto stupito, ma estremamente felice che avessi colto il parallelismo tra la storia e la scelta della fotografia.

Dopo aver dato quindi le nostre impressioni, abbiamo deciso di ribaltare la domanda e chiedergli cosa ne pensasse di Severance dopo aver letto il copione e quale fosse stato l’elemento principale che lo ha spinto ad accettare il ruolo di Irving. Nonostante ne avesse ricevuto solo una parte, dato che al tempo avevano pronti solo un paio di episodi, John Turturro ci ha rivelato che lo trovava davvero ben scritto e ha così deciso di parlarne più a fondo con Ben Stiller e il creatore Dan Erikson.

Gli dissi che mi piaceva, ma non ne ero totalmente sicuro. Era molto interessante ed era una cosa che non avevo mai fatto prima, mi hanno raccontato a grandi linee dove il mio personaggio avrebbe potuto finire ed ero un po’ preoccupato perché Irving finisce con il coltivare un affetto molto stretto. Ero quindi in pensiero per chi avrebbe potuto essere quella persona. Quindi mi hanno chiesto “beh tu chi pensi sarebbe la scelta più giusta?” ed è stato li che ho proposto Chris (Walken).

Ci ho lavorato molte, molte volte con lui, l’ho diretto tre volte e sono stato in altri film con lui. Recitare assieme a Chris è davvero facile, viene naturale aprirsi con lui. E quello che a me interessava davvero era proprio riuscire ad avere questa situazione lavorativa, per rendere al meglio Irving e il suo rapporto. Dopo di che, ho parlato con Chris, che ha letto anche lui il copione e poi ci siamo sentiti diverse volte per parlarne, finchè alla fine ha accettato. Ed è stato quello il motivo principale per cui ho accettato di partecipare a Severance.

Effettivamente, l’interazione che nasce e cresce tra i personaggi di John Turturro e Chris Walken da proprio allo spettatore la sensazione di essere un rapporto genuino, e non solo merito di una magistrale interpretazione degli attori.

E’ stato molto facile con lui, abbiamo già quel tipo di rapporto stretto tra di noi. Ci piace la compagnia dell’altro e il senso dell’umorismo che ci accomuna. Abbiamo poi fatto un sacco di cose assieme, e questo conoscerci in precedenza ha davvero aiutato nel portare sullo schermo quel rapporto. E poi è un tipo davvero giocoso. Non sarebbe decisamente stato lo stesso con qualcuno che non conoscevo e con cui sarebbe stato un po’ troppo formale.

Prendendo spunto proprio dalle emozioni e da questo suo basarsi sulla conoscenza precedente per creare il rapporto di Irving e Burt, chiediamo a John Turturro cosa farebbe se gli venisse offerto lo stesso trattamento di scissione, quindi separare la propria memoria tra quella lavorativa e quella personale. Trattenendosi dal dire qualsivoglia parolaccia e con una risata, ci risponde che rifiuterebbe categoricamente.

Voglio dire, un tempo le persone venivano lobotomizzate. Vengono sottoposte ancora all’elettroshock! Alcuni prendono degli allucinogeni per avere una sorta di… visione più grande, per diventare più empatici con ciò che li circonda e magari per qualcuno è anche d’aiuto. Ma è comunque qualcosa di non permanente.

Magari ci sono dei rimasugli di effetti alla fine, ma no, a me non interessa niente del genere. Magari se fossi stato più giovane, ma ora decisamente no. Quelle cose mi spaventano fin troppo. Non mi piace che mi comandino, non mi è mai piaciuto, la mia libertà è davvero molto importante per me. La libertà di scoprire le cose, di imparare qualcosa di diverso. Mi piace essere consigliato, guidato, ma non comandato su come fare le cose.

Insomma ciò a cui non rinuncerebbe mai è l’esperienza, perché fondamentalmente, tutto ciò che si prova nella vita è quello che rende noi stessi ciò che siamo realmente. Dividendo le due esperienze sarebbe come portare via una parte di sé, oltre a limitare fortemente una delle due sfere.

Esatto e credo che sia anche abbastanza orribile. Posso capire che ad un sacco di persone piacerebbe avere una certa parte tirata via, perché magari sono infelici o provano un dolore enorme. Posso capire il perchè lo farebbero. Voglio dire, ho fatto diversi lavori prima di essere un attore e non mi piacevano. Credo che sia proprio da li che sia arrivato Severance, dall’esperienza di Dan Erikson. Io vendevo cose alla gente tramite telefono ed è terribile, sul serio! Mi ripetevo in continuazione “non c’è davvero alcuna possibilità che io rimanga qui a lavorare così”.

  Ci sono davvero un sacco di cose sul lavoro che sono terrificanti, persino nel mio campo certe volte ti ritrovi a dire “sul serio? Devo davvero farlo?”, quindi non è tutto rose e fiori. Ma ovviamente è la vita! Hai un lavoro in cui dovresti trovare un po’ di gioia, dell’interesse, in modo tale che non ti uccidi di noia. Anche se credo che sia più come si viene trattati. In Severance infatti chi ha subito la scissione viene trattato come un bambino e in un certo senso lo sono. Ma ogni grande compagnia ha un po’ questo modo di trattare i propri lavoratori del tipo “qui facciamo le cose a questo modo, vogliamo che sorridi sempre, non pensare ai tuoi problemi sul lavoro.

Gli argomenti di cui parla John Turturro che sono al centro di Severance, sono un po’ anche un riflesso di ciò che molti posti di lavoro chiedono oggigiorno. Molto spesso ai lavoratori viene quasi imposto di essere concentrati solo sul proprio lavoro e di lasciare i problemi a casa, senza esserne condizionati. Ma è davvero possibile (e giusto) per noi esseri umani farlo?

Credo che molte grandi aziende, forse pure quelle più piccole, hanno un programma ben preciso. Anche quando le persone si ammalano o succede qualsiasi cosa, loro vogliono comunque il risultato, qualsiasi sia lo stato del lavoratore, vogliono che finiscano i loro compiti. E’ però quando vedi che c’è qualcuno che davvero ci tiene alla gente, che se c’è un problema che magari mette a rischio il risultato, non pensano a quello ma alla persona che c’è dietro. Ecco quella è una cosa rara. Sai ci sono persone che potrebbe sucedere una cosa gravissima, ma loro sarebbero li a dire “ok, va bene, ma puoi venire al lavoro?”

Poi ci sono ben poche persone che invece ti direbbero “nono, vai a casa, la tua famiglia ha bisogno di te ora”. Ma le persone stanno prendendo coscienza della cosa, che siamo tutti umani, che abbiamo tutti delle emozioni. E sai, noto che stiamo parlando sempre di più di salute mentale. Prima non si poteva parlarne, non si potevano dire certe cose e credo che sia una cosa rara che le persone vadano oltre ciò che ci si aspetta da loro, per riorganizzarsi e aiutare. E quando trovi quel posto di lavoro, o quel tipo di persona, sei davvero fortunato.

Parlando di persone e aspettative, e soprattutto di scissioni, non possiamo fare altro che rivolgergli l’ultima domanda della nostra intervista, a proposito di Ben Stiller. Probabilmente è un problema abbastanza diffuso tra l’audience, quello di non riuscire a separare spesso la persona da ruoli che ricopre nei vari film. Di conseguenza, gli spettatori conoscono Ben Stiller principalmente per i suoi ruoli comici, come per esempio in Una Notte al Museo, Zoolander o Ti presento i miei, ma com’è realmente sul set e come regista?

Oh, è un tipo così serio! E’ una persona molto precisa, davvero pignola e minuziosa. Non è sempre spiritoso, anzi. Mi ha dato una certa libertà, specialmente per quanto riguarda il rapporto del mio personaggio con Chris Walken, ma ha decisamente spinto tutti quanti per andare oltre e lavorare all’interno dell’idea che lui assieme alla direttrice della fotografia Jessica Lee Gagné avevano creato. E anche se per tre episodi abbiamo avuto un’altra regista, Aoife McArdle, Ben aveva lasciato delle precise linee guida. E poi è un uomo davvero intelligente, è sulla scena da diverso tempo, sia come attore che come regista e fa davvero bene il suo lavoro, ci tiene davvero molto e si impegna tanto.

Non c’è quindi alcun dubbio che l’esperienza di John Turturro con Ben Stiller sia stata molto positiva, oltre ad aver creato un ambiente di lavoro tale da sapere esattamente cosa fare. Una cooperazione talmente fruttuosa da riflettersi anche durante gli episodi di Severance, in cui molti aspetti della società moderna vengono presi in esame mettendoli sotto una luce diversa, senza mai giudicare o criticare ma piuttosto esponendo diversi punti di vista.

Vi consigliamo quindi di guardare il nuovo thriller diretto da Ben Stiller Severance, dal 18 febbraio disponibile su Apple TV Plus.