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Thief of Thieves: Robert Kirman riscrive le regole degli heist movie

Con Thief of Thieves, Robert Kirman riscrive le regole degli heist movie raccontando le imprese di Conrad Paulson, alias Redmond

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a cura di Manuel Enrico

Pubblicato il 04/02/2022 alle 09:00 - Aggiornato il 09/08/2022 alle 11:28

Onore tra ladri. In quasi ogni storia che si rispetti che vede come protagonisti ladri e ladruncoli vari prima o poi si incappa in questa sorta di codice morale, una legge non scritta che sembrerebbe cozzare con il titolo di una delle migliori saghe fumettistiche dedicato al mondo della rapine. Thief of Thieves. Il ladro dei ladri, che si può intendere sia come un tributo alla prodigiosa abilità del protagonista che come una sorta di accusa a una condotta che sembra sbugiardare l’assioma di cui sopra. Quale che sia la visione di questo titolo, quel che è sicuro è che la saga di Conrad Paulson è l’ennesima riscrittura di un concept narrativo tradizionale firmato da uno dei grandi nomi della nona arte contemporanea: Robert Kirkman.

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Non pago di avere già traghettato nella modernità zombie (The Walking Dead), supereroi (Invincible) e le possessioni demoniache (Outcast), il barbuto Kirkman ha pensato bene di volgere la sua voglia di innovazione all’interno della tradizione degli heist movie. Il fascino del furto, d’altronde, non ha certo bisogno di esser spiegato, il mondo dell’entertainment lo ha ampiamente ritratto, che si tratti dei celebri romanzi con il re dei ladri, Arsenio Lupin, o che ci si volga al cinema, dove pellicole come Now You See, The Italian Job o la serie con protagonista Danny Ocean ci hanno mostrato la spettacolarità del furto.

Thief of Thieves: alla scoperta del mondo dei ladri di altro profilo

Thief of Thieves rientra di diritto all’interno dell’opera di riscrittura dei grandi generi narrativi avviata da Kirkman. Non si tratta di un semplice remake o reboot di un concept narrativo, quanto di una rielaborazione originale da parte dell’autore che, partendo da un terreno comune con il lettore, si spinge nel dare ai classici del cinema ladresco una nuova forma. Rispetto alle altre rielaborazioni di Kirkman, il legame con il cinema è decisamente più marcato in Thief of Thieves, considerato come, oltre a una serie di omaggi visivamente riconoscibili, ci sia una più evidente ispirazione ai capisaldi del genere rispetto agli esperimenti narrativi precedenti.

Non che questo significhi che ci si ritrovi a leggere un mosaico di spezzoni cinematografici. La bravura di Kirkman, più volte evidenziata, consiste nel prendere da questo background comune con il lettore gli elementi strettamente necessari a creare una promettente condivisione, da cui poi sviluppare una propria storia. Motivo per cui se inizialmente Conrad Paulson, noto come il re dei ladri Redmond, inizialmente ci sembra il classico furfante che brama la pensione, nell’evolversi della trama di Thief of Thieves questa familiarità si emancipa dai più celebri predecessori per consegnarci un personaggio carismatico e avvincente.

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Nonostante la scelta di ritirarsi a vita privata, Conrad Paulson, dopo una vita dedita al crimine di altro profilo, non riesce a discostarsi dalla sua natura. Pur intenzionato a recuperare il tempo perduto con la propria famiglia, oramai disintegratasi per colpa della sua professione, Paulson è costretto a tornare a esser Redmon, il più grande ladro del mondo, per salvare la vita del figlio, finito in mano a criminali senza scrupoli. Un primo passo per un ritorno eccellente che, pur inizialmente animato da una necessità, diventa per l’uomo un modo per accettare la propria natura, per riconoscere come il suo spirito abbia essenzialmente bisogno di esser costantemente portato al limite con questi colpi di altro profilo.

La caratterizzazione di Paulson è il nodo emotivo di Thief of Thieves, ma anziché puntare a un ritratto avventuroso e affascinante, Kirkman preferisce invece offrirci un uomo inizialmente pieno di rimpianti e rimorsi, schiavo delle occasioni perdute e mosso dall’incapacità di accettare che se basta un furto ben architettato per rubare inestimabili tesori, serve ben altro per avere rapporti umani sani. La prima parte di Thief of Thieves, infatti, sembra concentrarsi su questa dicotomia tra natura intima e accettazione di sé da parte di Paulson, che nonostante gli stimoli della sua ex socia e allieva Celia, si ritrova a non voler assecondare il richiamo del grimaldello sino al coinvolgimento del figlio, Augustus.

Tale padre, tale figlio, verrebbe da dire, ma Augustus è l’esatto opposto del padre. Tutt’altro che talentuoso, il giovan, intenzionato a seguire le orme paterne come gesto di rivalsa al diniego paterno di insegnargli il mestiere,  finisce invischiato in una situazione da cui puoi esser salvato solo dall’odiato padre. Una scelta a cui Paulson ovviamente non si sottrae, avviando una spirale di eventi in cui tutto il suo passato viene rimesso in discussione, portandolo anche a cambiare radicalmente la propria esistenza e accettando di chiudere alcuni capitoli.

Colpi clamorosi, boss del narcotraffico e ostinati agenti federali

Per dare vita alla sua saga, Kirkman ha dato ben più di un semplice sguardo ai grandi criminali cinematografici. Non tanto in termini di definizione dei personaggi, quanto sul piano narrativo. La scelta di muoversi agilmente all’interno della cronologia narrativa, infatti, consente a Kirkman di mostrarci con particolare vivacità gli spettacolari piani di Paulson, creando prima una sensazione di stupore nel vederlo compiere piani apparentemente impossibili, salvo poi accrescere la nostra ammirazione per la sua genialità mostrandoci con lucida precisione le sue mosse, i suoi preparativi. Il tutto, condito da una coinvolgente caratterizzazione dei personaggi di contorno, che creano un sottobosco criminale affascinante e vivido, capace di suscitare la simpatia del lettore tramite assonanze con figure che echeggiano volti cinematografici, salvo poi mostrare peculiarità proprie.

Thief of Thieves si sviluppa secondo questa direttrice soprattutto nel suo primo arco narrativo. Un’osservazione che consente di fare una valutazione sulla lettura di questa serie, complice la scelta recentemente offerta da saldaPress: recuperare i precedenti brossurati, di ampio formato e a colori, o lasciarsi tentare dai due balenotteri in formato bonelliano, compatti ma in bianco e nero? Premesso che il gusto del lettore è sempre giudice supremo, la lettura, anzi rilettura, dei due volumi raccolta di recente pubblicazione ha il merito di valorizzare con estrema precisione i due archi narrativi di questa saga, oltre a dare una convincente caratterizzazione di questo mondo criminale con la bicromia, enfatizzando questo sottile confine tra legalità e brutalità tramite la contrapposizione cromatica.

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Se nel primo volume abbiamo modo di assistere al ritorno di Remond come mastermind criminale, con la seconda parte della raccolta di Thief of Thieves possiamo goderci la radicale evoluzione del personaggio, che cerca di conciliare la sua natura di indomabile ladro con una sorta di ultima missione. Kirkman non risparmia nulla al suo personaggio, lo affianca ad altri ladri di alto livello, lo porta al limite della rottura e gli offre cinicamente una via d’uscita che l’indole di Paulson vanifica, spinto anche dalle persone a lui care che lo stuzzicano sull’orgoglio. Con maestria Kirkman utilizza le tre donne della vita di Paulson, la moglie Audrey, la partner Celia e l’agente dell’F.B.I. Elizabeth Cohen come i tre pilastri su cui basa la vita, criminale e non, di Redmond. Un triangolo femminile capace di mettere in crisi la coscienza e l’emotività del protagonista, che fino all’ultima impresa non riesce a slegarsi da questo atipico trio.

Thief of Thieves ha la fortuna di appoggiarsi a un team artistico all’altezza della narrativa di Kirkman, capace di offrire una visione del dinamismo di questi incredibili colpi perfetta e per nulla penalizzata dalla lettura dei due volumi raccolta, in cui si ravvedono anche citazioni cinematografiche, come per l’originale The Italian Job o situazione da classico heist movie stile Rat Pack, che acuiscono il carisma di questo fumetto. Ancora una volta, Kirkman mostra di essere un vero talento nel rielaborare concept rodati e tradizionali, trovando differenti punti di vista e nuove leve emotive per riuscire a sorprende

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