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Alcuni ricercatori hanno scovato un nuovo metodo per raffreddare i chip

È apparso un nuovo ed innovativo studio sulla possibilità di raffreddare i modo alternativo e molto efficace i chip, studio sviluppato da ricercatori della Stanford University.

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a cura di Leonardo Dominici

Pubblicato il 28/02/2020 alle 16:30
Pochi giorni fa un
gruppo di ricerca della Stanford University ha sviluppato una nuova teoria su come raffreddare piccoli oggetti, sfruttando la
frequenza di emissione dei fotoni derivanti da un oggetto che si sta riscaldando o raffreddando. Vediamo meglio come funziona e perché potrebbe essere interessante.

La radiazione termica di un oggetto ha un caratteristico spettro che ha dei picchi a determinate frequenze. Le emissioni termiche di un oggetto a 5°C hanno un picco alla frequenze di 16 THz, in base alla temperatura dell’oggetto la frequenza di picco sarà differente. Se la temperatura esterna è poi di 20°C allora l’oggetto assorbirà radiazioni il cui picco è raggiunto a 17THz. A ogni frequenza il numero di fotoni in arrivo è maggiore di quelli che se ne vanno dall’oggetto, in questo caso l’oggetto si scalderà. Considerando ovviamente nessun altra fonte di dispersione del calore.

raffreddamento-innovativo-chip-stanford-79431.jpg

Shanhui Fan ed il suo team alla Stanford University in California vogliono manipolare questo processo per permettere a più energia di essere allontanata dall’oggetto in questione, dando frequenza extra ai fotoni e permettendogli di trasportare via più energia, raffreddando l'oggetto in questione più velocemente.

Questo device di raffreddamento sarebbe in contatto fisico con l’oggetto come una pelle che cambia il colore (ovvero la frequenza) della radiazione emessa dall’oggetto, sarebbe creato da sottili strati di nanomateriali impilati. Per esempio lavorando con un oggetto a 5°C e aumentando la frequenza dei fotoni da lui emessi da 16 a 18 THz si aumenterebbero i fotoni a 18 THz.

I fotoni a 18 Thz sarebbero allora in numero maggiore rispetto a quelli assorbiti dall’ambiente a 20°C, così facendo più calore sarebbe dissipato a questa frequenza. Ad altre frequenza il netto del calore potrebbe essere positivo verso l’oggetto ma l’effetto totale sommato di tutte le frequenza permetterebbe comunque di raffreddare l’oggetto.

guida-cpu-copertina-18414.jpg

In sostanza se ci sono più fotoni in arrivo rispetto a quelli in partenza l’oggetto si scalderà, viceversa si raffredderà. I ricercatori stanno cercando il modo per accelerare l’uscita dei fotoni dall’oggetto da raffreddare.

L’articolo della ricerca che trovate qui, è abbastanza complesso ma potrebbe portare ad interessanti risvolti tecnologici nell’ambito del raffreddamento delle componenti. Sappiamo che meglio viene dissipato il calore dai chip maggiore sarà la durate delle componenti e maggiore sarà il numero dei clock raggiungibili senza rovinare nulla, quindi a conti fanno si avranno maggiori prestazioni. Riuscire ad implementare un device che sfrutta questa logica per raffreddare le componenti sarebbe davvero un notevole miglioramento alle prestazioni di tutti i chip in qualsiasi campo.

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