La Cina intensifica la sua strategia di indipendenza tecnologica nel settore dell'intelligenza artificiale, imponendo nuove restrizioni che potrebbero ridisegnare radicalmente il mercato globale dei chip per data center. Secondo quanto riportato da Reuters, il governo cinese sta per emanare direttive che obbligheranno i data center finanziati dallo stato a utilizzare esclusivamente hardware AI di produzione domestica, escludendo definitivamente i processori di aziende statunitensi come NVIDIA.
Le nuove linee guida governative cinesi prevedono che i progetti di data center con meno del 30% di completamento debbano rimuovere i chip già installati se di produzione estera. Si tratta di un'estensione drastica delle precedenti indicazioni dello scorso agosto, quando gli operatori di data center erano stati istruiti a procurarsi almeno il 50% dei chip da fornitori nazionali. Ora la percentuale sale al 100% per le strutture finanziate con denaro pubblico, un segmento che dal 2021 ha ricevuto investimenti governativi per circa 100 miliardi di dollari.
L'obiettivo dichiarato è quello di costruire un ecosistema tecnologico completamente autosufficiente nel campo dell'AI, riducendo la dipendenza da fornitori esterni in un settore considerato strategico per la sicurezza nazionale e la competitività economica. I produttori cinesi di semiconduttori come SMIC, Huawei HiSilicon e altri player locali dovrebbero beneficiare enormemente di questa politica protezionistica, accelerando lo sviluppo di architetture proprietarie per l'inferenza e il training di modelli di machine learning su larga scala.
Per NVIDIA, le implicazioni sono particolarmente gravi. L'azienda di Santa Clara, che domina il mercato globale degli acceleratori AI con architetture come Hopper e la recentissima Blackwell, ha già subito perdite significative in Cina. Il CEO Jensen Huang aveva dichiarato a settembre che la quota di mercato dell'azienda nel paese asiatico era passata "dal 95% allo 0%" a causa delle turbolenze commerciali. Le nuove direttive colpiscono anche i chip H20, le GPU più potenti che NVIDIA è attualmente autorizzata a vendere in Cina, versioni depotenziare specificamente progettate per rispettare le restrizioni di esportazione imposte dagli Stati Uniti.
La vicenda assume contorni ancora più complessi considerando che queste decisioni arrivano subito dopo l'annuncio di una tregua commerciale di un anno tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, è importante notare che i chip AI di ultima generazione, in particolare la famiglia Blackwell di NVIDIA, non erano inclusi nelle recenti negoziazioni. Huang aveva dichiarato in precedenza di essere "paziente" riguardo alle questioni geopolitiche tra i due paesi, riconoscendo che esistono "agende più ampie da risolvere", ma la situazione sembra ora evolvere in direzione opposta alle sue speranze.
A settembre, diverse aziende tecnologiche cinesi erano già state inserite in liste di restrizione che impedivano loro l'acquisto di chip H20, segnalando una progressiva chiusura del mercato. Huang aveva espresso delusione per questa evoluzione, commentando: "Possiamo servire un mercato solo se il paese vuole che lo facciamo. Sono deluso da quello che vedo". Le nuove direttive sui data center confermano questa tendenza, estendendola su scala sistemica all'intera infrastruttura cloud del paese.
Dal punto di vista tecnico, la sfida per i produttori cinesi sarà replicare le prestazioni delle architetture NVIDIA, ottimizzate per carichi di lavoro AI attraverso tecnologie come Tensor Core, NVLink per interconnessioni ad alta bandwidth e software stack come CUDA che godono di un ecosistema maturo. I chip domestici cinesi dovranno competere non solo in termini di TOPS (operazioni per secondo nel calcolo tensoriale) e consumo energetico, ma anche nell'integrazione con framework di machine learning come PyTorch e TensorFlow, tradizionalmente ottimizzati per hardware occidentale.