Il processore più grande del mondo, 10 metri e fatto a mano

Un giorno magari potremo entrare nell'elettronica come nel film Tron, ma nell'attesa ci servono altre soluzioni per capire come funzionano i componenti. Come per esempio il Megaprocessor di James Newman, un processore alto due metri e lungo dieci.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Molti di noi si sono chiesti tante volte come sia fatto un microprocessore, come sia possibile che lì dentro trovino posto miliardi di transistor, come facciano a funzionare insieme. Sarebbe interessante guardarne uno da vicino, cercando di vedere i singoli transistor e le connessioni, ma di sicuro non è una cosa che possiamo fare tutti i giorni - anche se vedendo Tron sembrava di sognare a occhi aperti.  

Oppure ci si può recare a Cambridge e ammirare il Megaprocessor. Il termine, in ovvia contrapposizione con la parola microprocessore, indica un'opera che sta in un punto imprecisato tra l'artistico e la follia pura. È sostanzialmente un processore grande più o meno quanto una parete.

Invece di transistor grandi pochi nanometri come in un microprocessore, l'autore James Newman ha usato quegli enormi transistor che comprano gli hobbisti dell'elettronica. Ognuno ha tre piedini di metallo, in cima al quale c'è una "capocchia" poco più piccola di un centimetro. Il Megaprocessor comunque è limitato a circa 40.000 transistor e oltre 10.000 LED.

I computer sono opachi, è impossibile capire come funzionano guardandoli. Quello che vorrei fare è entrarci per vedere cosa succede. Il problema è che non possiamo rimpicciolirci e passeggiare in un chip di silicio. Ma possiamo fare il contrario, rendere il chip una cosa abbastanza grande da poterci camminare. Inoltre abbiamo i LED così possiamo VEDERE davvero i dati muoversi e gli scambi logici avvenire. Sarà fantastico.

Il risultato finale è un'opera alta due metri e lunga dieci - parecchio più grossa del processore dentro il nostro computer - che non è solo spettacolare da vedere ma è anche una macchina a 16 bit funzionante. In altre parole, questa cosa può effettivamente fare dei calcoli, e c'è anche una pagina dedicata alla programmazione. Ognuno dei pannelli che la compone, inoltre, rappresenta una diversa sezione della CPU: controllo e I/O, memoria e così via.

I collegamenti tra i vari transistor sono realizzati con dei semplici fili elettrici e oltre un milione di punti di saldatura, il che rende la parte posteriore del Megaprocessor simile a una ragnatela elettrica - e James si è chiaramente perso l'occasione di chiamare la sua opera Ungoliant, ma non si può avere tutto nella vita, giusto?

Newman ha investito in quest'opera circa 40.000 sterline, che oggi sono circa 50.100 euro ma ieri sarebbero stati molte di più, per via del BREXIT e dell'impatto sul valore della moneta britannica. Adesso però l'autore ha un problema da risolvere piuttosto pressante: non sa dove metterlo, ma ci sarà di sicuro un qualche museo al mondo che vorrà ospitare un oggetto del genere. Dopo quattro anni a inciampare su cavi e componenti, pare che l'autore sia pronto a reclamare il suo spazio personale.

megaprocessor panorama

Qualunque sia il suo destino il lavoro di Newman è spettacolare e in qualche modo dà un nuovo significato all'idea di farsi da sé il proprio computer, che qui a Tom's Hardware amiamo tanto. Insomma, noi compriamo i componenti e li mettiamo assieme, ma lui si è fatto il suo processore. Chapeau.