L'intelligenza Artificiale crea lavoro? Sì, invisibile e sottopagato

Ci sono migliaia di persone in tutto il mondo che contribuiscono allo sviluppo delle moderne AI, con posti di lavoro sottopagati e di cui quasi nessuno sa nulla

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Tutti parlano di intelligenza artificiale, e tutti stanno usando o cercando di usare ChatGPT per ottenere un qualche vantaggio. E quasi tutti pensano che dietro a questi sistemi ci siano geniali ingegneri che stanno facendo un sacco di soldi. È vero, ma c’è anche un esercito di persone che contribuisce allo sviluppo per compensi minimi.

Come per esempio Alexej, il cui compito è addestrare le AI per 15 euro l’ora, senza ulteriori benefit. Può sembrare una bella cifretta se la guardiamo dall’Italia, ma nel panorama lavorativo USA non lo è: la cifra è superiore al minimo in quell’area del Paese, ma stiamo comunque parlando di lavoratori poveri. Alexej e molti altri fanno a formare quello che secondo NBC News è “un esercito”.

Il compito di queste persone è di correggere l’output delle AI o, in altre parole, dicono all’algoritmo che cosa ha fatto bene e cosa deve cambiare. Il loro feedback poi torna nella macchina e contribuisce a rendere migliori i risultati. Si tratta di un ruolo cruciale per ottenere risultati di alta qualità.

"Potete progettare tutte le reti neurali che volete, potete coinvolgere tutti i ricercatori che volete, ma senza etichettatori non avete ChatGPT. Non avete nulla", ha detto Alexej.

Difficile ignorare il paradosso: le AI stanno effettivamente minacciando migliaia di posti di lavoro in tutto il mondo, ma allo stesso tempo hanno bisogno di migliaia di piccoli lavoratori che spieghino loro come farlo. Quando si dice scavarsi la fossa con le proprie mani.

Il fenomeno non è affatto nuovo: molte delle aziende tecnologiche più avveniristiche hanno ancora bisogno di manodopera umana a basso costo e, possibilmente, competente. Il caso di Amazon Mechanical Turk è esemplare, da questo punto di vista.

Si cercano molti lavoratori che costino poco, così da creare uno strumento che renda obsoleti gli eserciti di lavoratori che costino poco. 

C’è almeno un’iniziativa tesa a garantire migliori condizioni di lavoro a queste persone, ma per il momento solo DeepMind (Google) ha aderito, impegnandosi a rispettare le linee guida.

Non esiste un conteggio definitivo di quanti appaltatori lavorino per le aziende di IA, ma si tratta di una forma di lavoro sempre più comune in tutto il mondo. A gennaio la rivista Time ha riportato che OpenAI si è affidata a lavoratori kenioti a basso salario (che hanno poi provato a sindacalizzarsi), ma ha anche assunto circa 1.000 collaboratori remoti in luoghi come l'Europa dell'Est e l'America Latina.

Migliaia di persone che, ovviamente, non vengono conteggiate quando il fondatore Sam Altman definisce OpenAI una piccola azienda con 375 dipendenti (gennaio 2023).

Immagine di copertina: leremy