La disputa globale sulle esportazioni di processori AI sta assumendo contorni sempre più complessi, con NVIDIA che preme per una liberalizzazione mentre l'amministrazione americana valuta di rafforzare ulteriormente le restrizioni. Jensen Huang, CEO del colosso dei chip grafici, ha recentemente ribadito la necessità di rivedere le limitazioni imposte alle esportazioni di tecnologie avanzate per l'intelligenza artificiale, sostenendo che il panorama tecnologico sia radicalmente cambiato rispetto a quando furono introdotte le prime restrizioni. Secondo Huang, impedire la diffusione delle tecnologie americane rischia paradossalmente di favorire lo sviluppo di soluzioni concorrenti, in particolare quelle cinesi, accelerando un processo di frammentazione tecnologica globale che potrebbe danneggiare la leadership statunitense nel settore.
Mentre Nvidia chiede maggiore libertà di commercio, l'amministrazione americana sembra orientata nella direzione opposta. Secondo indiscrezioni riportate da Reuters, l'attuale governo starebbe considerando una revisione del sistema di controllo delle esportazioni che potrebbe rendere l'accesso ai processori AI ancora più limitato. La proposta prevederebbe la sostituzione dell'attuale modello a tre livelli con un regime di licenze globale, trasformando di fatto i chip avanzati in strumenti di negoziazione nelle trattative commerciali internazionali.
L'attuale framework di "AI Diffusion" consente l'accesso illimitato ai chip avanzati come l'H100 di NVIDIA solo alle aziende basate negli Stati Uniti e in 18 nazioni alleate (definite "Tier 1"). Per i paesi di "Tier 2", esistono limiti annuali di circa 50.000 unità, mentre per quelli sotto embargo come Cina, Russia e Macao ("Tier 3"), le spedizioni sono praticamente vietate del tutto. Una delle modifiche al vaglio riguarda anche la soglia di unità esportabili senza approvazione formale, che potrebbe scendere dalle attuali 1.700 a sole 500.
Wilbur Ross, ex Segretario al Commercio statunitense, ha confermato che questo approccio è in fase di valutazione, sebbene non siano state ancora prese decisioni definitive. È evidente che per NVIDIA e altri produttori americani di hardware, queste potenziali nuove restrizioni rappresentano un significativo cambiamento di paradigma: il successo commerciale dipenderebbe non più soltanto dalle capacità e dalle prestazioni dei propri prodotti, ma dalle relazioni diplomatiche intrattenute dal governo americano con i vari paesi.
La preoccupazione di Huang non è infondata. Durante il suo intervento all'Hill and Valley Forum, ha sottolineato come la Cina non sia affatto indietro nella corsa tecnologica: "La Cina non è dietro a nessuno, è proprio dietro di noi, siamo molto, molto vicini". In particolare, ha evidenziato come Huawei rappresenti una delle aziende tecnologiche più formidabili al mondo, con capacità straordinarie nel computing, nelle tecnologie di rete e nello sviluppo software, tutti elementi essenziali per far avanzare l'intelligenza artificiale.
La posizione di NVIDIA è chiara: limitare l'esportazione di processori AI americani non farà altro che accelerare lo sviluppo di hardware, software e standard concorrenti, in particolare quelli sviluppati in Cina. Questo potrebbe portare a una frammentazione dell'ecosistema tecnologico globale, con conseguenze potenzialmente dannose per la leadership americana nel settore dell'intelligenza artificiale.
In questo scenario complesso, emerge una questione fondamentale: il controllo delle esportazioni è davvero efficace nel mantenere un vantaggio competitivo, o finisce per stimolare l'autosufficienza tecnologica dei rivali?