OpenAI fa dietrofront: la nonprofit resta al comando

OpenAI mantiene il controllo della divisione no-profit sull'organizzazione a scopo di lucro, dopo l'annuncio iniziale di conversione in azienda profit.

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a cura di Giulia Serena

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Nel panorama tecnologico attuale, poche aziende hanno attraversato trasformazioni strutturali tanto significative quanto OpenAI. Il colosso dell'intelligenza artificiale ha recentemente fatto marcia indietro su una decisione che avrebbe potuto ridisegnare completamente il suo assetto societario: dopo aver annunciato l'intenzione di convertirsi in un'organizzazione a scopo di lucro, OpenAI ha comunicato che la sua divisione non-profit manterrà il controllo sull'ala commerciale dell'azienda, contrariamente ai piani iniziali. Una svolta che evidenzia le tensioni tra l'obiettivo originario di sviluppare un'IA a beneficio dell'umanità e le pressioni economiche necessarie per sostenere una crescita esponenziale.

OpenAI nacque nel 2015 come organizzazione non-profit con l'ambizioso obiettivo di sviluppare un'intelligenza artificiale sicura e benefica per l'umanità. Nel 2019, l'azienda adottò un modello ibrido definito "capped-profit", mantenendo comunque l'ala non-profit come azionista di controllo. Il recente tentativo di passare a una struttura completamente orientata al profitto rappresentava un ulteriore passo in questa direzione, giustificato dalla necessità di attrarre investimenti massicci per sostenere la sua crescita.

Secondo Bret Taylor, presidente del consiglio di amministrazione, la decisione di mantenere il controllo non-profit è arrivata "dopo aver ascoltato leader civici e intrattenuto dialoghi costruttivi con gli uffici del Procuratore Generale del Delaware e della California". L'azienda ha ringraziato entrambi gli uffici, manifestando l'intenzione di proseguire queste conversazioni per garantire che OpenAI possa continuare a perseguire efficacemente la sua missione.

Il compromesso raggiunto prevede che l'ala commerciale diventi una "public benefit corporation" (PBC), una forma societaria che bilancia il perseguimento del profitto con obiettivi di beneficio pubblico. La non-profit non solo manterrà il controllo, ma diventerà anche un azionista significativo della PBC.

Nel tentativo di rassicurare dipendenti e stakeholder, l'amministratore delegato Sam Altman ha pubblicato una lettera in cui afferma che OpenAI potrebbe richiedere "trilioni di dollari" per realizzare l'obiettivo di rendere i propri servizi ampiamente disponibili a tutta l'umanità. Una cifra astronomica che spiega la spinta verso strutture societarie più favorevoli agli investimenti di capitale.

Altman ha specificato che l'organizzazione non-profit "diventerà un grande azionista della PBC, in una misura supportata da consulenti finanziari indipendenti" e che l'azienda sta passando a "una struttura di capitale normale dove tutti possiedono azioni". Questo cambiamento permetterebbe di attrarre e trattenere talenti attraverso pacchetti azionari, pratica standard nel settore tecnologico ma complicata da implementare in strutture non-profit.

Le resistenze al cambiamento e il peso dei principi fondativi

La retromarcia di OpenAI non è avvenuta in un vuoto decisionale, ma è stata influenzata da significative pressioni esterne. Tra i più vocali oppositori del passaggio al modello for-profit figura Elon Musk, uno dei primi investitori di OpenAI, che ha intentato una causa contro l'azienda. La denuncia di Musk accusa la startup di aver abbandonato la sua missione originaria non-profit, orientata a garantire che la ricerca sull'IA benefici l'intera umanità.

Sebbene un giudice federale abbia negato la richiesta di Musk di un'ingiunzione preliminare per fermare la conversione, ha comunque permesso che il caso proceda verso un processo con giuria nella primavera del 2026. Un segnale importante che le questioni sollevate meritano un esame approfondito.

A supporto della causa di Musk sono intervenuti ex dipendenti di OpenAI ed Encode, una non-profit co-sponsor della fallita legislazione californiana SB 1047 sulla sicurezza dell'IA. Separatamente, un gruppo di organizzazioni, tra cui non-profit e sindacati come i California Teamsters, ha chiesto all'Attorney General della California di bloccare la trasformazione di OpenAI, sostenendo che l'azienda avesse "mancato di proteggere i suoi asset benefici".

La mobilitazione ha raggiunto dimensioni internazionali, con diversi premi Nobel, professori di diritto e organizzazioni della società civile che hanno inviato lettere ai procuratori generali della California e del Delaware, sollecitando l'interruzione degli sforzi di ristrutturazione dell'azienda.

Per OpenAI, la posta in gioco era altissima. Secondo alcune fonti, l'azienda doveva completare la sua conversione a scopo di lucro entro la fine di quest'anno o il prossimo, o rischiare di perdere parte del capitale raccolto negli ultimi mesi. Non è ancora chiaro quali conseguenze potrebbe affrontare OpenAI ora che ha invertito la rotta, soprattutto in relazione agli accordi presi con gli investitori, tra cui Microsoft, partner strategico dell'azienda.

La decisione di mantenere il controllo non-profit rappresenta un equilibrio precario tra la fedeltà ai principi fondativi e la necessità di espansione in un settore altamente competitivo. Un esperimento societario che potrebbe definire nuovi modelli di governance per le aziende tecnologiche che operano in settori di cruciale importanza per il futuro dell'umanità.

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