Perché il crimine online ci sembra meno grave

Il cervello si comporta diversamente se abbiamo a che fare con qualcosa di concreto oppure con un bene intangibile o una relazione virtuale. Questo, spiegano gli scienziati, può influenzare direttamente i meccanismi che regolano il senso di colpa e la moralità.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Scaricare un film pirata è illegale in molti paesi del mondo, eppure pochi di noi si sentono in colpa come si sentirebbero se rubassero qualcosa. In entrambi i casi si viola la legge e ci si appropria di qualcosa che avremmo dovuto pagare, ma la nostra mente risponde in modo diverso. Arriva dalla scienza un tentativo di spiegare questo meccanismo.

La ricerca arriva dal Monash Institute of Cognitive and Clinical Neurosciences, e nasce con l'obiettivo di capire perché persone normalmente rispettose della legge non si fanno nessun problema quando si tratta di beni intangibili - come sono appunto la musica e i film digitali, o il software. Lo studio è stato pubblicato dal dott. Robert Eres.

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I ricercatori hanno prima somministrato un questionario, che ha svelato come le persone siano generalmente più disponibili al download di oggetti senza una parte fisica, a prescindere dal costo o dal rischio di essere scoperti.

Successivamente, delle scansioni al cervello hanno svelato che c'è una maggiore attività cerebrale quando si immaginano oggetti tangibili, "e questo suggerisce che le persone abbiano maggiori difficoltà nell'immaginare oggetti intangibili", si legge nella nota stampa che accompagna i risultati. Una seconda scansione ha mostrato che la corteccia orbitofrontale laterale (associata alla moralità) si attiva maggiormente se il soggetto si immagina intento nel rubare un oggetto fisico rispetto al download.

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Secondo Robert Eres i risultati suggeriscono che elaboriamo gli oggetti tangibili e intangibili in modo molto diverso. Gli fa eco il Dr. Pascal Molenberghs, direttore del laboratorio, secondo cui il minore senso di colpa nel caso del download è apparentemente legato alle difficoltà nel visualizzare e immaginare oggetti intangibili.

"Da un punto di vista evolutivo", incalza Molenberghs, "abbiamo interagito di più con oggetti fisici, in particolar modo per quanto riguarda la proprietà, e per questo siamo più inclini a rispettarli, in comparazione a oggetti intangibili come le idee o il software".

Non è necessariamente la scoperta dell'acqua calda, solo perché si tratta di risultati comprensibili e intuitivi. Questa ricerca andrebbe valutata cercando di non cadere nella trappola dell'Hindsight Bias - o effetto lo sapevo dall'inizio. Superando tale ostacolo, si può prendere in considerazione il suggerimento del dott. Eres, secondo cui questa ricerca ha un valore generale, che riguarda tutta la nostra vita online e non solo il download illegale.

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Il dott. Eres ritiene infatti che questa scoperta possa spiegare anche altri fenomeni, legati al bullismo online, il furto di proprietà intellettuale, lo spionaggio digitale o la sorveglianza di massa. Tutte azioni per le quali ci si sente meno colpevoli rispetto al corrispettivo nel mondo fisico, o in alcuni casi semplicemente non ne comprendiamo la portata e le implicazioni.  

Insomma, se il male è digitale ci sembra meno grave, e questo accade perché il nostro cervello non riesce a gestire l'intangibilità. In altre parole, la vita reale e quella virtuale hanno ancora un forte grado di separazione, anche se naturalmente non è la stessa cosa per tutti.

Questa difficoltà percettiva ha anche un'altra possibile implicazione, solo suggerita dalla ricerca, che riguarda il concetto di proprietà. Un discorso complesso, proprio perché in questi anni stiamo vivendo un cambiamento profondo: più la tecnologia si diffonde e si evolve, e meno siamo proprietari di ciò che compriamo.

Dal software alle automobili, è sempre più una licenza, un noleggio a lungo termine, e sempre meno proprietà nel senso tradizionale del termine. Se ci dicessero che un oggetto fisico che abbiamo pagato non ci appartiene, probabilmente non ne saremmo contenti. Con i beni intangibili invece siamo più disposti ad accettare questa novità (tranne che in casi eclatanti). Forse succede per lo stesso meccanismo illustrato dalla ricerca pubblicata dal dott. Eres.