Un bunker antiatomico per il genoma digitale

Biblioteche e archivi di tutta Europa si sono uniti per creare una capsula del tempo, che conserverà le chiavi per leggere i formati digitali estinti. Sarà conservato sotto le Alpi svizzere, in un bunker a prova di bomba.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Un gruppo di ricercatori europei ha creato una stanza del "genoma digitale", il cui scopo è conservare le chiavi di lettura per formati digitali estinti. Saranno conservate sotto le Alpi svizzere, in un bunker capace di resistere a un cataclisma o a un attacco nucleare per i prossimi 25 anni. 

Le Alpi

Tra alcuni anni la maggior parte delle informazioni importanti saranno archiviate in formato digitale: i libri se ben conservati saranno ancora leggibili, ma i vecchi file potrebbero essere inaccessibili a causa dell'evoluzione e delle modifiche nelle tecnologie. Questo archivio serve quindi a mantenere leggibili tutte le informazioni, anche se le tecnologie si evolvono.

La creazione di questo archivio è la fase finale di un progetto più ampio chiamato "Planets", al quale partecipano biblioteche, archivi e istituzioni di tutta Europa. Si calcola che per ogni abitante della Terra siano già stati creati circa 100 GB di dati, che vanno da quelli  sanitari alle foto delle vacanze. Più di mille miliardi di CD, in pratica. Informazioni che potrebbero scomparire per sempre, se si perdono le tecnologie necessarie per leggerle.

Il "genoma digitale" archivia quindi tutti i formati digitali conosciuti. In un futuro possibile qualcuno potrebbe ritrovare un CD e usare i dati conservati a Gstaad per accedere alle informazioni che contiene. Dalla versione moderna del romantico messaggio in bottiglia ai dati di una ricerca storica, questa iniziativa potrebbe mettere fine alla perdita d'informazioni.

"A differenza dei geroglifici, incisi nella roccia, o dell'inchiostro sulla carta, i dati digitali hanno un'aspettativa di vita che si misura in anni, non millenni", ha spiegato il prof. Andreas Rauber, dell'Università di Vienna, che aggiunge: "Se non riusciamo a sviluppare misure adeguate per la preservazione digitale, in futuro ci potrebbe costare miliardi".