Nella ricerca antivirale, uno degli ostacoli più complessi da superare riguarda la comprensione dei meccanismi molecolari che permettono ai virus di penetrare nelle cellule ospiti. Un team interdisciplinare della Washington State University ha compiuto un passo significativo in questa direzione, identificando attraverso intelligenza artificiale e simulazioni molecolari un singolo amminoacido essenziale per l'ingresso dei virus erpetici nelle cellule. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nanoscale, apre prospettive inedite per lo sviluppo di terapie antivirali mirate, concentrandosi su un bersaglio molecolare fino ad oggi nascosto nella complessità delle interazioni proteiche virali.
I virus della famiglia degli herpesvirus utilizzano un sofisticato meccanismo di fusione per penetrare nelle cellule: una proteina di fusione virale si lega alla membrana cellulare e modifica la propria conformazione per permettere l'ingresso del materiale genetico virale. Questo processo, pur essendo cruciale per l'infezione, rimane ancora poco compreso nei suoi dettagli strutturali, il che spiega in parte perché lo sviluppo di vaccini efficaci contro questi virus diffusi si sia rivelato così impegnativo. La proteina di fusione è grande e complessa, e il suo cambiamento conformazionale coinvolge migliaia di interazioni molecolari diverse.
Per affrontare questa complessità, i ricercatori hanno sviluppato un approccio computazionale innovativo. Jin Liu, professore presso la School of Mechanical and Materials Engineering e autore corrispondente dello studio, insieme al collega Prashanta Dutta, ha creato un algoritmo specifico per analizzare le interazioni tra amminoacidi all'interno della proteina di fusione. Applicando tecniche di machine learning a migliaia di simulazioni molecolari dettagliate, il team è riuscito a filtrare quelle che Liu definisce "rumori di fondo" per identificare le interazioni realmente critiche per il funzionamento della proteina.
L'approccio computazionale ha permesso di restringere il campo a un singolo amminoacido chiave, un risultato che sarebbe stato impraticabile con metodi sperimentali tradizionali. Come sottolinea Liu, testare sperimentalmente anche una sola interazione può richiedere mesi di lavoro in laboratorio. La sinergia tra modellazione teorica e verifiche sperimentali ha accelerato drasticamente il processo di scoperta, riducendo da anni potenziali a tempi molto più contenuti l'identificazione di questo bersaglio molecolare.
La validazione sperimentale della predizione computazionale è stata condotta da Anthony Nicola, del Department of Veterinary Microbiology and Pathology, insieme agli studenti di dottorato Ryan Odstrcil, Albina Makio e McKenna Hull. Introducendo una mutazione mirata nell'amminoacido identificato dalle simulazioni, i ricercatori hanno osservato che il virus dell'herpes perdeva completamente la capacità di fondersi con le membrane cellulari, bloccando di fatto l'infezione alla sua prima fase critica. Questo risultato conferma che, nonostante le migliaia di interazioni coinvolte nel processo di fusione, alcune sono effettivamente indispensabili e rappresentano potenziali punti vulnerabili del virus.
La ricerca, finanziata dai National Institutes of Health, rappresenta un esempio significativo di come l'integrazione tra ingegneria biomolecolare, microbiologia e intelligenza artificiale possa affrontare questioni biologiche fondamentali. Tuttavia, i ricercatori evidenziano che rimangono domande importanti sulla cascata di eventi strutturali innescata da questa singola interazione molecolare. Come una piccola modifica a livello atomico si propaghi attraverso l'intera struttura proteica modificandone la funzione rimane una sfida sia sperimentale che computazionale.
Le prospettive future della ricerca puntano a colmare il divario tra ciò che le simulazioni molecolari possono rivelare a scala atomica e ciò che gli esperimenti biologici osservano a livello cellulare. Comprendere come le modifiche di singoli amminoacidi influenzino i cambiamenti conformazionali dell'intera proteina di fusione potrebbe aprire la strada a una nuova generazione di farmaci antivirali razionalmente progettati, capaci di interferire con precisione chirurgica con i meccanismi di ingresso virale. Per i virus erpetici, responsabili di infezioni ricorrenti e persistenti che colpiscono miliardi di persone nel mondo, questa linea di ricerca potrebbe rappresentare un cambio di paradigma nell'approccio terapeutico.