L'infiammazione cronica di basso grado rappresenta uno dei principali meccanismi patologici alla base delle malattie cardiovascolari, contribuendo alla progressione dell'aterosclerosi e aumentando il rischio di eventi acuti come infarti e ictus. In questo contesto, la colchicina, un farmaco antinfiammatorio utilizzato da decenni per il trattamento della gotta, emerge ora come potenziale strumento terapeutico per la prevenzione cardiovascolare secondaria. Una nuova revisione sistematica pubblicata dalla Cochrane Library ha analizzato l'efficacia e la sicurezza di questo medicinale a basso costo nella riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori in pazienti ad alto rischio.
Il team di ricercatori, coordinato dal dottor Ramin Ebrahimi dell'Università di Medicina di Greifswald in Germania e dal professor Lars Hemkens dell'Università di Berna in Svizzera, ha esaminato 12 studi clinici randomizzati e controllati che hanno coinvolto complessivamente quasi 23.000 partecipanti con documentata storia di patologie cardiovascolari. I criteri di inclusione comprendevano pregresso infarto miocardico, ictus o diagnosi di cardiopatia ischemica. La popolazione studiata era composta per circa l'80% da uomini, con un'età media compresa tra 57 e 74 anni, seguiti per un periodo minimo di sei mesi.
Il protocollo terapeutico prevedeva la somministrazione di colchicina a basso dosaggio, tipicamente 0,5 milligrammi una o due volte al giorno, in aggiunta alla terapia cardiovascolare standard. Metà dei partecipanti ha ricevuto il farmaco attivo, mentre il gruppo di controllo ha assunto placebo o ha proseguito esclusivamente con le cure convenzionali. L'obiettivo primario era valutare l'incidenza di eventi cardiovascolari maggiori e il profilo di sicurezza del trattamento a lungo termine.
I risultati dell'analisi aggregata dimostrano una riduzione statisticamente significativa degli eventi cardiovascolari nel gruppo trattato con colchicina. In termini assoluti, l'analisi ha evidenziato che per ogni mille individui sottoposti a terapia, si prevengono nove infarti miocardici e otto ictus cerebrali. Come spiega il dottor Ebrahimi: "In una popolazione di 200 persone con malattia cardiovascolare, dove normalmente ci aspetteremmo circa sette infarti e quattro ictus, l'utilizzo di colchicina a basso dosaggio potrebbe prevenire circa due eventi per ciascuna categoria". Una riduzione di questa portata assume particolare rilevanza clinica considerando il carico di mortalità e morbilità associato alle patologie cardiovascolari.
Dal punto di vista della sicurezza, la revisione non ha identificato un aumento degli eventi avversi gravi associati all'assunzione di colchicina. Gli effetti collaterali più frequentemente segnalati riguardano disturbi gastrointestinali di natura lieve e transitoria, principalmente manifestati come disagio addominale o alterazioni della funzionalità digestiva. Questo profilo di tollerabilità favorevole è particolarmente significativo per un farmaco destinato a un utilizzo cronico in popolazioni già politrattate.
Il meccanismo d'azione della colchicina nel contesto cardiovascolare si fonda sulla sua capacità di modulare la risposta infiammatoria attraverso l'inibizione dell'assemblaggio dei microtubuli e la conseguente riduzione dell'attivazione dell'inflammasoma NLRP3. Questo complesso proteico multicomponente gioca un ruolo centrale nella produzione di citochine proinfiammatorie come l'interleuchina-1β, coinvolta nei processi di destabilizzazione della placca aterosclerotica. La capacità di interferire con questa cascata infiammatoria rende la colchicina un candidato ideale per strategie di prevenzione cardiovascolare mirate ai meccanismi fisiopatologici sottostanti.
Come sottolinea il professor Hemkens, questa ricerca rappresenta un esempio virtuoso di drug repurposing, ovvero la riproposizione di farmaci già esistenti per nuove indicazioni terapeutiche. "Questi risultati provengono da trial finanziati con fondi pubblici che hanno rivalutato un farmaco molto antico e a basso costo per un uso completamente nuovo", afferma il ricercatore. "Dimostra la potenza della ricerca accademica nell'identificare opportunità terapeutiche che lo sviluppo farmaceutico tradizionale spesso trascura". Considerando che le malattie cardiovascolari rimangono la principale causa di morte a livello globale, la colchicina offre una strategia potenzialmente accessibile ed economicamente sostenibile per i sistemi sanitari di tutto il mondo.
Nonostante i risultati promettenti, gli autori della revisione evidenziano alcune lacune conoscitive che richiedono ulteriori approfondimenti. Resta da chiarire se la colchicina influenzi la mortalità complessiva, un endpoint clinico fondamentale per valutare il beneficio netto del trattamento. Analogamente, non sono disponibili dati definitivi sull'impatto del farmaco sulla necessità di procedure invasive come la rivascolarizzazione coronarica, né sulla qualità della vita dei pazienti o sulla durata delle ospedalizzazioni. Gli studi futuri dovranno affrontare questi aspetti per definire con maggiore precisione il profilo rischio-beneficio della terapia cronica con colchicina nelle diverse popolazioni di pazienti cardiovascolari, includendo eventualmente sottogruppi specifici come donne e anziani, attualmente sottorappresentati nelle ricerche analizzate.