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Diamanti quantistici: la nuova frontiera dei sensori

I fisici di Santa Barbara trasformano difetti controllati nei diamanti sintetici in sensori quantistici capaci di rilevare campi magnetici di proteine.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor

Pubblicato il 12/11/2025 alle 08:40

La notizia in un minuto

  • Ricercatori dell'Università della California hanno dimostrato per la prima volta la possibilità di intrecciare quantisticamente insiemi bidimensionali di difetti quantici nel diamante sintetico, trasformando imperfezioni atomiche controllate in sensori di precisione senza precedenti
  • La tecnologia sfrutta i centri azoto-vacanza e tecniche di spin squeezing per superare il limite quantistico standard, permettendo di rilevare campi magnetici minuscoli prodotti da singole proteine o materiali esotici con risoluzione nanometrica
  • I sensori allo stato solido su diamante possono operare a temperatura ambiente e avvicinarsi a pochi nanometri dall'oggetto di studio, aprendo applicazioni rivoluzionarie nella biologia molecolare e nello studio di superconduttori
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

All'Università della California a Santa Barbara, i fisici stanno riscrivendo le regole della misura quantistica utilizzando un materiale tanto prezioso quanto improbabile: il diamante sintetico. La sfida consiste nel trasformare imperfezioni atomiche controllate all'interno della struttura cristallina in sensori quantistici con una precisione senza precedenti, capaci di rilevare campi magnetici minuscoli prodotti da singole proteine o materiali esotici. Questo approccio, che unisce fisica quantistica e scienza dei materiali, promette di superare i limiti fondamentali imposti dalla meccanica quantistica alle misurazioni convenzionali, aprendo scenari applicativi che spaziano dalla biologia molecolare allo studio dei superconduttori.

Il gruppo di ricerca guidato da Ania Jayich, professoressa di fisica e co-direttrice del NSF Quantum Foundry, ha recentemente compiuto un passo decisivo in questa direzione. Lillian Hughes, ricercatrice che ha appena completato il dottorato e si appresta a iniziare un postdottorato al Caltech, ha dimostrato per la prima volta che è possibile organizzare e intrecciare quantisticamente insiemi bidimensionali di molti difetti quantici all'interno del diamante. I risultati, pubblicati in tre articoli scientifici tra marzo e ottobre scorsi su Physical Review X e Nature, rappresentano una pietra miliare verso sistemi allo stato solido che offrono un vantaggio quantistico misurabile nelle applicazioni di sensing.

La chiave dell'innovazione risiede nei cosiddetti centri azoto-vacanza, o NV center. Si tratta di difetti atomici in cui un atomo di azoto sostituisce un atomo di carbonio nella struttura del diamante, mentre una posizione adiacente rimane vuota. Questa configurazione conferisce al sistema una proprietà quantistica fondamentale chiamata spin, che può persistere per tempi estremamente lunghi prima di perdere coerenza. Come spiega Jayich, questi stati di spin longevi rendono i centri NV particolarmente adatti al sensing quantistico, poiché lo spin si accoppia ai campi magnetici esterni che si desidera misurare, funzionando come un'antenna su scala atomica.

L'innovazione metodologica del lavoro di Hughes consiste nell'aver creato configurazioni controllate di questi centri NV, manipolandone densità, orientamento e disposizione spaziale. La ricercatrice è riuscita a confinare gli spin in uno strato bidimensionale denso, con i difetti orientati in modo tale da esibire interazioni dipolari non nulle. Questa ingegnerizzazione precisa delle imperfezioni cristalline, descritta nello studio pubblicato su PRX e intitolato "A strongly interacting, two-dimensional, dipolar spin ensemble in (111)-oriented diamond", rappresenta il fondamento tecnico per sfruttare il comportamento collettivo degli spin quantistici.

Grazie agli insiemi densi di spin fortemente interagenti, è possibile sfruttare l'entanglement quantistico per migliorare il rapporto segnale-rumore e raggiungere sensibilità senza precedenti

Il concetto di utilizzare lo spin come sensore non è nuovo: affonda le radici nello sviluppo della risonanza magnetica per immagini negli anni '70. La differenza sostanziale risiede nel fatto che, mentre gli esperimenti precedenti di sensing quantistico in sistemi allo stato solido utilizzavano singoli spin o insiemi di spin non interagenti, il lavoro del gruppo di Santa Barbara sfrutta le interazioni collettive per ottenere un vantaggio quantistico aggiuntivo. Quando gli spin interagiscono in modo controllato, possono generare stati entangled che riducono il rumore intrinseco delle misurazioni, permettendo di superare quello che viene chiamato limite quantistico standard.

Ogni misurazione fisica è limitata dal rumore, e una forma fondamentale di questo disturbo è il rumore di proiezione quantistica, che definisce il limite oltre il quale sensori non entangled non possono migliorare. Ingegnerizzando specifiche interazioni tra i sensori quantistici, è possibile oltrepassare questa barriera attraverso una tecnica nota come spin squeezing, che correla gli stati quantistici per ridurre l'incertezza. Jayich utilizza un'analogia efficace: misurare con sensori convenzionali è come usare un metro con tacche distanti un centimetro per rilevare un'ameba, che è molto più piccola. Lo squeezing quantistico "comprime" virtualmente il metro, creando graduazioni più fini e consentendo misurazioni più precise di fenomeni su scala nanometrica.

Il secondo articolo pubblicato su Nature descrive una strategia complementare: l'amplificazione del segnale. Questa tecnica rafforza il segnale senza aumentare il rumore, rendendo l'oggetto da misurare apparentemente più grande rispetto alle tacche dello strumento. Nell'analogia del metro, è come se l'ameba diventasse abbastanza grande da essere catturata anche con graduazioni grossolane. L'integrazione di squeezing e amplificazione costituisce un toolkit completo per spingere le prestazioni dei sensori quantistici oltre i limiti classici.

Il vantaggio dei sensori basati su diamante rispetto ai sistemi atomici in fase gassosa, utilizzati ad esempio nei sensori GPS, è soprattutto pratico. I sensori atomici richiedono apparati complessi con camere a vuoto e numerosi laser per confinare e controllare gli atomi, rendendo difficile avvicinare il sensore a distanze nanometriche dall'oggetto di studio. I sensori allo stato solido su diamante, al contrario, possono essere integrati facilmente con una varietà di sistemi target, avvicinandoli a pochi nanometri dalla superficie del diamante dove risiedono i centri NV sub-superficiali. Questa caratteristica li rende ideali per applicazioni che richiedono alta risoluzione spaziale, come l'imaging di singole proteine o lo studio di materiali elettronici, superconduttori o magnetici.

L'applicazione di questi sensori quantistici alla biologia rappresenta una frontiera particolarmente promettente. La risonanza magnetica nucleare, tecnica consolidata per studiare sistemi biologici, si basa sulla rilevazione di campi magnetici estremamente deboli prodotti dagli atomi costituenti. I sensori quantistici su diamante potrebbero portare questa capacità diagnostica a scale spaziali e sensibilità completamente nuove, permettendo di osservare processi molecolari dinamici in tempo reale con risoluzione atomica. Analogamente, la caratterizzazione di nuovi materiali quantistici o superconduttori potrebbe beneficiare enormemente di strumenti capaci di mappare proprietà magnetiche ed elettroniche con precisione quantistica.

Nonostante i progressi, rimangono sfide tecniche da superare prima di dimostrare un vantaggio quantistico in esperimenti di sensing realmente utili. Jayich è però ottimista: secondo la ricercatrice, le difficoltà previste non impediranno applicazioni pratiche nel prossimo futuro. L'obiettivo principale consiste nell'aumentare l'amplificazione del segnale e la quantità di squeezing, il che richiede un controllo ancora più preciso della posizione degli spin nel piano bidimensionale. Attualmente, i centri NV si incorporano nella struttura cristallina in posizioni parzialmente casuali all'interno del piano, ma il gruppo sta lavorando per creare reticoli regolari di spin posizionati a distanze specifiche l'uno dall'altro, una configurazione geometrica che massimizzerebbe le interazioni quantistiche e l'efficienza del sensing.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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