La relazione tra l'architettura delle connessioni cerebrali e le funzioni cognitive rappresenta una delle questioni centrali delle neuroscienze contemporanee. Sebbene studi precedenti avessero identificato correlazioni tra specifici pattern di connettività e determinate capacità mentali, mancava fino ad oggi una dimostrazione sistematica su scala globale. Una nuova ricerca pubblicata su Network Neuroscience colma questa lacuna, offrendo la prima evidenza estensiva che la rete di collegamenti tra diverse aree del cervello umano predice in modo affidabile le funzioni svolte da ciascuna regione, dall'elaborazione del linguaggio al riconoscimento facciale, dalla memoria alle decisioni complesse.
Il gruppo di ricerca dell'Ohio State University, coordinato dalla dottoranda Kelly Hiersche e dai professori Zeynep Saygin e David Osher, ha utilizzato un approccio computazionale innovativo per analizzare dati provenienti da 1.018 partecipanti archiviati nell'Human Connectome Project, una delle più ampie banche dati di risonanze magnetiche cerebrali disponibili alla comunità scientifica. L'elaborazione di queste scansioni ha permesso di mappare con precisione come le diverse regioni comunicano tra loro attraverso fasci di fibre nervose.
La metodologia si è avvalsa di NeuroQuery, uno strumento di meta-analisi online che genera mappe cerebrali predittive per 33 diverse attività cognitive, includendo processi complessi come il parlato, l'ascolto musicale, il decision making e il riconoscimento di volti. Integrando questi modelli funzionali con i dati sulla connettività anatomica, i ricercatori hanno costruito framework computazionali capaci di collegare l'organizzazione strutturale del cervello alle sue prestazioni operative.
I risultati hanno rivelato una correlazione robusta e sistematica tra il pattern di connessioni di una regione e la sua attivazione durante specifici compiti mentali. Come spiega David Osher, questa ricerca supporta un'ipotesi ampiamente condivisa tra i neuroscienziati, ma mai dimostrata esplicitamente prima d'ora su una gamma così estesa di domini cognitivi. In pratica, esaminando esclusivamente come un'area è cablata con il resto del cervello, diventa possibile prevedere se si attiverà durante una conversazione, durante un processo decisionale o durante il riconoscimento visivo.
L'analisi ha evidenziato che, sebbene tutte le regioni cerebrali mostrino questa stretta relazione tra connettività e funzione, l'effetto risulta particolarmente pronunciato nelle aree deputate ai processi di ordine superiore, come la memoria di lavoro e le funzioni esecutive. Hiersche propone un'interpretazione evolutiva di questo fenomeno: queste capacità cognitive complesse richiedono molti anni per svilupparsi completamente negli esseri umani, un tempo significativamente più lungo rispetto alle abilità sensoriali o sociali di base. L'utilizzo prolungato e ripetuto di queste regioni durante la maturazione potrebbe quindi rafforzare il legame tra la loro organizzazione strutturale e le loro prestazioni funzionali.
Il concetto di "impronta digitale di connettività" introdotto dai ricercatori offre un nuovo paradigma interpretativo. Come sottolinea Zeynep Saygin, analogamente alle impronte digitali umane che sono uniche per ogni individuo, ogni regione cerebrale presenta un profilo distintivo di connessioni che la identifica in base alla funzione mentale che svolge. Questo permette di distinguere, ad esempio, un'area linguistica dalle regioni cerebrali adiacenti attraverso l'analisi del suo pattern specifico di connettività.
Le implicazioni cliniche di questa scoperta sono considerevoli. Stabilendo una mappa di riferimento del funzionamento cerebrale tipico in giovani adulti sani, lo studio fornisce uno standard comparativo fondamentale per la ricerca neurologica e psichiatrica. I neuroscienziati potranno ora confrontare sistematicamente i profili di connettività-funzione di pazienti affetti da patologie neurologiche o disturbi psichiatrici con questo modello di base, identificando con maggiore precisione le alterazioni specifiche nei pattern di cablaggio cerebrale associate a ciascuna condizione clinica.
La validazione del principio secondo cui la connettività rappresenta un principio organizzativo fondamentale dell'intero cervello apre prospettive significative per comprendere i meccanismi alla base delle disfunzioni cerebrali. Come conclude Hiersche, questa comprensione ha implicazioni dirette per decifrare cosa accade quando qualcosa non funziona correttamente nel cervello, dalla neurodegenerazione ai disturbi dello sviluppo. I prossimi passi della ricerca includeranno l'applicazione di questi modelli predittivi a popolazioni cliniche specifiche, con l'obiettivo di identificare biomarcatori di connettività che possano guidare diagnosi più precise e terapie personalizzate nelle patologie cerebrali.