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Interfacce molecolari per l'archiviazione dati del futuro

Alcuni scienziati hanno scoperto una soluzione che, in futuro, potrebbe consentire l'archiviazione dei dati in interfacce molecolari.

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Avatar di Alessandro Crea

a cura di Alessandro Crea

Pubblicato il 21/10/2021 alle 13:30

Le interfacce molecolari formate tra metalli e composti molecolari hanno un enorme potenziale come elementi costitutivi per i futuri dispositivi optoelettronici e spin-elettronici. I complessi di ftalocianina e porfirina dei metalli di transizione, sono componenti promettenti per tali interfacce. Gli scienziati del Forschungszentrum Jülich, insieme a un team di scienziati internazionali, hanno scoperto un meccanismo che può essere utilizzato in futuro per memorizzare informazioni nelle porfirine.

Le porfirine, una classe di molecole coloranti, sono coinvolte nella fotosintesi nelle piante e nel trasporto di ossigeno nei globuli rossi. Ispirati dalle loro funzioni biologiche, gli scienziati hanno assegnato alle porfirine una vasta gamma di usi tecnologici. Tuttavia, qualsiasi applicazione pratica di questi complessi organometallici nella sfera della tecnologia richiede un controllo su scala nanometrica delle proprietà molecolari da sfruttare.

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Il gruppo di scienziati del Forschungszentrum Jülich sta lavorando da tempo su questi sistemi con l'obiettivo di mettere a punto le loro proprietà elettroniche e magnetiche e comprendere i meccanismi che governano le interazioni all'interfaccia. "Abbiamo fatto il primo passo in questa direzione accoppiando nichel-porfirina con rame, che è una superficie altamente interattiva. Questa combinazione unica si traduce in alcune proprietà davvero interessanti: ad esempio, il rame promuove un significativo trasferimento di carica nella porfirina. Inoltre, innesca la riduzione del metallo centrale, il nichel, avvicinando le caratteristiche di questo sistema ai sistemi biologici che ci hanno ispirato. Di conseguenza, ci siamo chiesti, perché non andare ancora oltre, facendo uso dell'alta reattività del Ni(I)?" ha spiegato il Dr. Vitaliy Feyer del Peter Grünberg Institute di Jülich.

Questo metodo non è mai stato osservato prima a temperatura ambiente e ha il potenziale per essere sfruttato in futuro per memorizzare informazioni in porfirine o per costruire sensori straordinariamente sensibili per rilevare sostanze pericolose come il biossido di azoto.

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