La crisi climatica costa 15 milioni di euro l'ora

Secondo uno studio, la crisi climatica costa 15 milioni di euro all'ora in danni causati da condizioni meteorologiche estreme

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Secondo una recente analisi i danni causati dalla crisi climatica, nell’arco di un ventennio, hanno avuto costi mastodontici. Circa 15 milioni di euro ogni ora, per un totale che è difficile da concepire: 2.800 miliardi di euro. Ed è una stima tendenzialmente al ribasso. 

Sì ma come si calcola una cifra così? Si valuta il costo di interventi di emergenza e ricostruzioni dopo eventi meteorologici estremi, come inondazioni, ondate di calore, lunghi periodi di siccità, incendi. E si assegna un valore standard alla vita delle persone che sono decedute in occasione di questi eventi estremi. Tutti eventi che diventano sempre più frequenti via via che aumentano le temperature medie del pianeta. 

“Lo studio”, si legge su Guardian, “è il primo a calcolare una cifra globale per l'aumento dei costi direttamente attribuibili al riscaldamento globale causato dall'uomo”. 

"La cifra principale è di 140 miliardi di dollari all'anno e, prima di tutto, è già una cifra importante", ha dichiarato il professor Ilan Noy, della Victoria University of Wellington in Nuova Zelanda. "In secondo luogo, se lo si confronta con la quantificazione standard del costo del cambiamento climatico [utilizzando modelli computerizzati], sembra che tali quantificazioni stiano sottostimando l'impatto del cambiamento climatico".

Inoltre si rileva anche i costi sono in aumento, da 140 miliardi l’anno nel 2019 a 280 miliardi nel 2022. Inoltre va considerato il fatto che in molte aree del mondo è difficile, se non impossibile, raccogliere dati precisi; le cifre reali quindi potrebbero essere più alte. 

Ad esempio, i dati sui decessi causati dalle ondate di calore sono disponibili solo in Europa. "Non abbiamo idea di quante persone siano morte a causa delle ondate di calore in tutta l'Africa subsahariana".

L’analisi ha calcolato un danno pari a 7 milioni di dollari per ogni decesso, un valore che sicuramente molti troveranno inadeguato, e che rappresenta una media tra il valore usato in USA e quello del Regno Unito. "Molte persone si sentono a disagio all'idea di dare un prezzo a una vita", ha dichiarato Noy. "Ma si tratta di una pratica economica molto comune, che deriva dal fatto che, in ultima analisi, dobbiamo prendere decisioni sul valore degli investimenti in vari settori".

Secondo Noy includere il costo della vita umana è necessario per equilibrare il conteggio dei danni tra paesi poveri e paesi ricchi; considerando solo i danni materiali, infatti, sembrerebbe che siano solo i paesi più ricchi a subire danni - visto che nelle aree povere non c’è quasi nulla da danneggiare. Tuttavia i fenomeni estremi colpiscono in particolare le aree più povere, questo modo di fare i conti cerca di rispecchiare tale realtà. 

Una fallacia simile a quella della scala Mercalli per i terremoti, metodo che è stato (giustamente) accantonato da tempo in favore di una misurazione più oggettiva come la Scala Richter.

Secondo il professor Noy la sua ricerca potrebbe rappresentare il punto di partenza per stabilire l’entità dei finanziamenti per il fondo destinato a compensare i danni dovuti al cambiamento climatico. Un fondo che è stato istituito in occasione della Cop27. Il sistema permetterebbe di valutare rapidamente i danni di un evento catastrofico, ma anche per stabilire quando ogni paese deve versare. 

Il dottor Stéphane Hallegatte, della Banca Mondiale e non facente parte del team di studio, ha dichiarato: "Il messaggio chiave è che il cambiamento climatico sta aumentando visibilmente le perdite economiche globali dovute ai disastri". Questo è stato un argomento di controversia, con alcuni che sostengono che gli effetti del cambiamento climatico sono trascurabili rispetto ad altri fattori come la crescita economica e l'urbanizzazione.

"Questo studio esamina l'attribuzione dell'evento fisico: è molto più semplice, robusto e fornisce un caso convincente. È un campo emergente e le incertezze sono davvero grandi. Una lezione dello studio è che i centri di ricerca globali - per lo più situati nei Paesi ricchi - devono lavorare di più su ciò che accade nei Paesi più poveri".

Immagine di copertina: nickzudwa