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La gigantesca eruzione di una stella di neutroni è "Un vero mostro cosmico!"

Un team internazionale è riuscito a misurare per la prima volta le oscillazioni nella luminosità di una stella di neutroni – magnetar – durante i suoi momenti più violenti. In appena un decimo di secondo, la magnetar ha rilasciato energia equivalente a quella prodotta dal Sole in 100.000 anni.

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Avatar di Alessandro Crea

a cura di Alessandro Crea

Pubblicato il 03/01/2022 alle 14:30

Tra le stelle di neutroni, oggetti che possono contenere mezzo milione di volte la massa della Terra in un diametro di circa venti chilometri, spicca un piccolo gruppo con il campo magnetico più intenso conosciuto: le magnetar. Questi oggetti, di cui se ne conoscono solo trenta, subiscono violente eruzioni ancora poco conosciute a causa della loro natura inaspettata e della loro durata di appena decimi di secondo. Rilevarli è una sfida per la scienza e la tecnologia.

Un team scientifico internazionale ha recentemente pubblicato sulla rivista Nature lo studio dell'eruzione di una magnetar in dettaglio, riuscendo a misurare le oscillazioni – impulsi – nella luminosità della magnetar durante i suoi momenti più violenti. Questi episodi sono una componente cruciale nella comprensione delle eruzioni di magnetar giganti. È una domanda a lungo dibattuta negli ultimi 20 anni che oggi ha una risposta, se ci sono oscillazioni ad alta frequenza nelle magnetar.

Il lavoro ha il contributo di sei ricercatori dell'Università di Valencia e un'alta partecipazione spagnola – 15 scienziati su un totale di 41. "Anche in uno stato inattivo, le magnetar possono essere centomila volte più luminose del nostro Sole, ma nel caso del flash che abbiamo studiato – il GRB2001415 – l'energia che è stata rilasciata è equivalente a quella che il nostro Sole irradia in centomila anni", sottolinea il ricercatore Alberto J. Castro-Tirado, dell'IAA-CSIC.

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La comunità scientifica pensa che le eruzioni nelle magnetar possano essere dovute a instabilità nella loro magnetosfera o ad una sorta di "terremoti" prodotti nella loro crosta, uno strato rigido ed elastico di circa un chilometro di spessore. "Indipendentemente dal trigger, nella magnetosfera della stella si crea un tipo di onde – gli Alfvén – che sono ben noti nel Sole e che interagiscono tra loro, dissipando energia", ha spiegato Alberto J. Castro-Tirado.

Secondo lo studio pubblicato ora su Nature, le oscillazioni rilevate nell'eruzione sono coerenti con l'emissione prodotta dall'interazione tra le onde di Alfvén, la cui energia viene rapidamente assorbita dalla crosta. Così, in pochi millisecondi termina il processo di riconnessione magnetica e quindi anche gli impulsi rilevati in GRB2001415, che sono scomparsi 3,5 millisecondi dopo lo scoppio principale. L'analisi del fenomeno ha permesso di stimare che il volume dell'eruzione fosse simile o addirittura superiore a quello della stella di neutroni stessa.

Secondo gli autori dell'articolo ora pubblicato su Nature, questa eruzione ha fornito una componente cruciale per capire come vengono prodotte le sollecitazioni magnetiche dentro e intorno a una stella di neutroni. Il monitoraggio continuo delle magnetar nelle galassie vicine aiuterà a comprendere questo fenomeno e aprirà anche la strada a una migliore comprensione dei lampi radio veloci, attualmente uno dei fenomeni più enigmatici in astronomia.

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