L'impianto cerebrale fa una "mini-elettroshock" e cura la depressione

Un impianto cerebrale, simile a un pacemaker, ha curato con successo la depressione grave di una donna, offrendo nuova speranza a chi non risponde ai trattamenti standard.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Una donna californiana di 38 anni, dopo aver lottato per anni con una depressione grave e resistente ai trattamenti tradizionali, ha trovato sollievo grazie a un innovativo impianto cerebrale. Questo dispositivo, impiantato nel suo cranio dall'Università della California a San Francisco, rileva i sintomi imminenti della depressione e invia stimolazioni elettriche per alleviarli, agendo come un pacemaker per il cervello. Il funzionamento è vagamente simile a quello di un pacemaker cardiaco. 

“All'inizio sono ero spaventata all’idea. Si tratta di un'operazione al cervello. Hai dei fili incastrati nel cervello", ha detto la paziente. "Ma sentivo anche che a quel punto avevo provato di tutto ed ero alla disperata ricerca di una risposta".

Il metodo usato è noto come Deep Brain Stimulation ed è un sistema su cui si lavora da almeno 20 anni, in particolare per il trattamento del morbo di Parkinson. I benefici per i casi di depressione sono ancora oggetto di discussione, ma naturalmente nei casi più complicati ci sono pazienti a cui il dibattito accademico interessa ben poco. 

La tecnologia utilizzata in questo studio sperimentale mira a personalizzare il trattamento basandosi sugli specifici pattern di depressione del paziente, offrendo una terapia su misura che ha dimostrato di ridurre significativamente i sintomi della paziente e migliorare la sua qualità di vita.

Questo caso apre nuove strade nella comprensione e nel trattamento della depressione, sottolineando l'importanza della personalizzazione nella cura delle malattie mentali e indicando una direzione promettente per future ricerche e applicazioni cliniche

Il metodo sperimentato, offrendo una terapia personalizzata attraverso la stimolazione cerebrale profonda, potrebbe poi rappresentare un'alternativa significativa agli psicofarmaci tradizionali, spesso gravati da effetti collaterali e da una variabilità di risposta nel lungo termine.