La materia oscura potrebbe non essere così invisibile come si è sempre pensato. Un gruppo di ricercatori dell'Università di York ha proposto una teoria che potrebbe rivoluzionare il modo in cui cerchiamo questa misteriosa componente dell'Universo: secondo il loro studio, la luce che attraversa regioni ricche di materia oscura potrebbe acquisire una leggerissima colorazione rossa o blu, lasciando quella che gli scienziati definiscono un'"impronta digitale" cromatica. Si tratta di una scoperta che sfida decenni di convinzioni consolidate nella fisica delle particelle.
Per comprendere la portata di questa ricerca occorre ricordare che fino ad oggi la materia oscura è stata rilevata esclusivamente attraverso i suoi effetti gravitazionali. È questa forza invisibile che mantiene coese le galassie e plasma la struttura su larga scala del cosmo, eppure non emette né riflette alcuna radiazione elettromagnetica. Proprio per questa caratteristica, la comunità scientifica ha sempre escluso la possibilità di individuarla attraverso metodi ottici tradizionali.
Il team britannico ha sviluppato un modello teorico basato su un'analogia sorprendente: la "regola delle sei strette di mano", quel principio secondo cui qualsiasi persona sul pianeta sarebbe collegata a un'altra attraverso una catena di al massimo sei conoscenze intermedie. I fisici di York suggeriscono che un meccanismo simile potrebbe operare nel mondo subatomico. Anche se la materia oscura non interagisce direttamente con la luce, potrebbe comunque influenzarla indirettamente attraverso una catena di particelle intermediarie.
Le WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), una delle principali candidate a costituire la materia oscura, potrebbero infatti connettersi ai fotoni attraverso altre particelle come il bosone di Higgs e il quark top. Questa serie di interazioni indirette potrebbe alterare impercettibilmente le proprietà della luce che viaggia attraverso regioni dominate dalla materia oscura, producendo quella sottile variazione cromatica che gli scienziati sperano di poter rilevare.
Il dottor Mikhail Bashkanov, della Scuola di Fisica, Ingegneria e Tecnologia dell'ateneo inglese, ha spiegato che porre una simile domanda nel mondo scientifico è piuttosto insolito. La maggior parte dei ricercatori concorda sul fatto che la materia oscura sia effettivamente "oscura", eppure il suo team ha dimostrato che anche la tipologia più impenetrabile potrebbe possedere una sorta di impronta cromatica. Bashkanov ha aggiunto che, in determinate condizioni, questo "colore" potrebbe essere realmente rilevabile con telescopi di nuova generazione progettati appositamente per questo scopo.
Le implicazioni pratiche di questa ricerca sono notevoli. Attualmente, gli esperimenti per la ricerca della materia oscura richiedono investimenti di miliardi di euro e si concentrano su diverse tipologie di particelle candidate: dalle WIMP agli assioni, fino ai fotoni oscuri. Secondo Bashkanov, i risultati del loro studio potrebbero aiutare a restringere il campo di ricerca, indicando con maggiore precisione dove e come osservare il cielo, ottimizzando così tempo e risorse.
La capacità di testare queste interazioni indirette attraverso i prossimi esperimenti astronomici permetterebbe di escludere alcuni modelli teorici sulla materia oscura mentre se ne raffinerebbero altri. Il team di York sottolinea l'importanza cruciale di incorporare questi risultati nella progettazione dei futuri telescopi, che potrebbero essere calibrati specificamente per catturare queste impercettibili variazioni cromatiche.
La materia oscura rappresenta uno dei più grandi enigmi della fisica contemporanea, costituendo presumibilmente la maggior parte della massa dell'Universo pur manifestandosi solo attraverso i suoi effetti gravitazionali. La conferma sperimentale di questa nuova teoria aprirebbe un canale di indagine completamente inedito per studiare questo materiale sfuggente. Non più costretti a rilevarne solo l'influenza gravitazionale, gli astronomi potrebbero finalmente ottenere informazioni dirette sulla sua natura, rivoluzionando la nostra comprensione di come l'Universo sia tenuto insieme.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Physics Letters B, offre dunque una prospettiva radicalmente nuova sulla ricerca della materia oscura. Se l'astronomia riuscisse effettivamente a dirci qualcosa di completamente nuovo sulla natura di questa sostanza misteriosa attraverso semplici osservazioni della luce, la caccia a uno dei segreti più profondi del cosmo diventerebbe improvvisamente più accessibile e mirata.